Quanto a me, io do a te, più che ai tuoi fratelli, un dorso di monte, che io ho conquistato (Genesi 48,22)
lunedì 23 gennaio 2023
venerdì 20 gennaio 2023
Attendere la salvezza è da somari?
Dall'alto
dalla punta estrema dell'universo
passando per il cranio
e giù fino ai talloni
alla velocità della luce
e oltre
attraverso ogni atomo di materia.
Tutto mi chiede salvezza.
Per i vivi e per i morti
salvezza.
Ecco la parola che cercavo
salvezza.
Questa poesia tratta da un libro di Daniele Mencarelli, divenuto poi l'omonima serie TV Netflix "Tutto chiede salvezza" in sette episodi, viene scritta in un reparto psichiatrico, dove il protagonista, a seguito di un trattamento sanitario obbligatorio, conosce persone che gli cambieranno la vita.
Il verbo: salvare, in ebraico: jasha', risuona 354 volte nella bibbia ebraica, di cui ben 136 volte nei 150 salmi come invocazione alla divinità che salva. Salvare significa: mettere al largo, spezzare una catena, far uscire dal confino, liberare dall'oppressione. Dio evita la sconfitta in battaglia (Esodo 15,2), protegge dalle disgrazie (Salmo 34,6), difende dai nemici (2 Samuele 3,10), scampa dall'esilio (Salmo 106,47), salva dalla morte (Salmo 6,4). Il verbo non ha connotazione teologica o spirituale.
Attendere la salvezza è da somari? Il graffito del Palatino, ritrovato nel 1587 a Roma, risale al terzo secolo o forse persino al primo. Sono tre i segni che lo compongono: un uomo innalzato su una croce con una testa d'asino, un altro uomo ai suoi piedi, forse in adorazione, e la scritta in greco: Alessàmeno venera [il suo] Dio.
La maggioranza pagana dell'epoca vedeva con sospetto il nascente culto cristiano. I cristiani allora erano vittime di pregiudizi che, una volta divenuto il cristianesimo religione dell'impero, avrebbero trasferito sugli ebrei: omicidio rituale, ateismo, resurrezione dei morti e persino onolatria (adorazione di un asino). Una setta pericolosa, che aveva in odio l'umanità. Un asino era Gesù, morto come un criminale. E somaro era chi attendeva la salvezza.
Nel vangelo di Luca (2,29-31), alla presentazione di Gesù bambino al tempio, il vecchio Simeone esclama: Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli. E nei Salmi (33,16-17) si prega così: il re non si salva (radice: jasha') per un grande esercito, né un prode scampa per il suo grande vigore; un'illusione è il cavallo per la salvezza (radice: jasha').
Illlusione è il cavallo, non l'asino, e Gesù entra in Gerusalemme cavalcando un asino, non un cavallo. Dunque è lecito attendere da Dio la salvezza che, come per Gesù, non può essere meno che la guarigione o persino la resurrezione.
mercoledì 18 gennaio 2023
La categoria biblica di salvezza
Nel Salmo 65 c'è l'espressione: Dio nostra salvezza, in ebraico: Elohe (j)ish'enu. Elohe è una contrazione del nome comune e plurale di divinità Elohim. Quel: nu, è il suffisso di prima persona plurale: noi. Quel che resta è la radice ebraica del verbo: salvare. Sono tre consonanti: j(od) - sh(in) - '(ain). In mezzo c'è una consonante rumorosa, sibilante, come nell'italiano: sci o sciare. Agli estremi due consonanti quasi silenziose, l'ultima difficile da pronunciare per chi non parla ebraico. La prima la si avverte solo perché si pronuncia come una vocale: i. Il verbo è: jasha', e rimanda all'idea di: largo, spazioso.
Attingono a questa radice molti nomi biblici. Anzitutto: Yehoshua, in italiano: Giosuè, successore di Mosè. Nella Settanta, la versione in greco della bibbia, Yehoshua viene tradotto con: Iesous, come nelle parole di Stefano nelle scritture cristiane (Atti 7,45). Yehoshua è un nome comune in Israele. Basti pensare ad Abraham ben Yehoshua, forse lo scrittore israeliano contemporaneo più noto, soprattutto in Italia, autore di noti romanzi come: Il signor Mani, L'amante, Un divorzio tardivo.
Altri nomi biblici derivati dalla radice jasha' sono Yoshiyahu, il re riformatore Giosia, i profeti Yeshayahu e Hoshea, Isaia e Osea. Nelle scritture cristiane campeggia Gesù che, coma abbiamo visto, in greco è Yesous. Perché allora non: Giosuè? Perché il greco Iesous, dietro cui con ogni probabilità si nasconde l'aramaico Yeshua, abbreviazione di Yehoshua, è passato attraverso il latino Jesus, fino a diventare, appunto, l'italiano: Gesù.
Diversamente da Yehoshua in Israele, il nome Gesù non viene quasi mai utilizzato come nome proprio di persona, tranne che nei paesi di lingua ispanica. Nel passato in Italia si poteva trovare al massimo qualche Gesuino o Gesualdo, reso celebre quest'ultimo da una novella di Giovanni Verga. Ma in questi nomi scompare il riferimento alla salvezza.
Matteo, nella scena dell'annunciazione, all'inizio del suo vangelo (1,21), mette in bocca all'angelo le parole: Maria darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù. Ma, consapevole che ad un orecchio ebraico qualcosa manca, si sente in dovere di aggiungere: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati. Così facendo esplicita l'idea sottesa di salvezza. Il nazareno infatti verrà in seguito definito: soter. Un termine greco che diventa nome proprio: il salvatore, il liberatore.
Missione compiuta? Non del tutto, come per ogni traduzione, che è un po' un tradimento. Quella salvezza aggiunta da Matteo è perdono dei peccati, una spiritualizzazione dell'idea ebraica di salvezza, che rimanda a una dimensione più materiale e politica persino. Per comprenderlo basta rileggere attentamente il salmo 65.
lunedì 16 gennaio 2023
lunedì 9 gennaio 2023
Sinagoghe in Italia
All’interno di una sinagoga trovano posto l’arca santa (aron ha-qodesh) e il podio (tevah o bimah). L’arca è rivolta a est, in direzione di Gerusalemme, e contiene il rotolo della Scrittura (sefer Torah). Il podio, sulla parete opposta, ospita l’officiante per la lettura. Tuttavia l’architettura della sinagoga non segue un modello fisso: le cinque sinagoghe di Venezia (XVI sec.), seguono questo schema, mentre nel tempio centrale di Milano arca e podio stanno sulla stessa parete. Anticamente chiamata scola, la sinagoga non è solo un luogo di preghiera, ma anche di studio e riunione. I resti della sinagoga di Ostia antica (IV sec.) fanno pensare a una casa di riunione (bet ha-keneset) della comunità. Comprendono infatti un forno per le azzime, una vasca per il bagno rituale (miqveh), una casa di studio della Torah (bet ha-midrash) e un tribunale rabbinico (bet din).
La visita a una sinagoga è possibile in modalità reale o virtuale. Per una mappa delle Comunità ebraiche in Italia: https://moked.it/comunita/
In alcune di queste – non in tutte – è possibile visitare una o più sinagoghe. Ecco un elenco delle principali con le relative indicazioni pratiche:
Casale Monferrato http://www.italia-ebraica.it/a.cfm?id=2921
Firenze https://www.firenzebraica.it/sinagoga/
Modena https://comebraica-sinagoga-synagogue.business.site/
Napoli https://jewishnaplesitaly.org/it/informazioni/visite-guidate
Padova https://www.museopadovaebraica.it/
Pisa https://www.coopculture.it/it/poi/sinagoga-e-cimitero-ebraico-di-pisa/
Torino https://torinoebraica.it/turismo/#siti
Venezia https://www.museoebraico.it/biglietteria/
Vercelli https://www.comunitaebraicavercelli.it/orari-di-apertura/
Verona https://www.comebraicavr.it/it/contatti/
Altre località: https://www.visitjewishitaly.it/
Anche dove non esiste una Comunità a volte è possibile visitare una sinagoga:
Pesaro: https://www.pesaromusei.it/sinagoga/
Pitigliano: https://pitigliano.org/la-piccola-gerusalemme/sinagoga/
Siena: https://www.jewishsiena.it/
Soragna http://www.museoebraicosoragna.net/visite-e-prenotazioni/visite-e-prenotazioni.html
L'Unione delle Comunità ebraiche italiane (UCEI) ha reso disponibili degli itinerari virtuali di alcune sinagoghe con panoramiche a 360° ad altissima risoluzione, contenuti multimediali e spiegazioni sintetiche: https://ucei.it/virtual-tour/. Sono visitabili le sinagoghe di Bologna, Casale, Venezia, Ancona, Pesaro, Firenze, Siena, Livorno, Padova.
lunedì 2 gennaio 2023
Il klezmer è un genere musicale molto popolare nella cultura ebraica. Ha origini nel sud dell’Europa, in particolare in Moldavia, Bessarabia, Romania, Grecia, Turchia e Ucraina. Appartiene alla tradizione degli ebrei dell’Est Europa (aschenaziti) e della loro lingua (yiddish): “Se è vero che oggi il klezmer risuona ai quattro angoli della terra, è innegabile che il suo cuore sia in Ashkenaz, la terra in cui a partire dal X secolo cominciano a fiorire insediamenti ebraici stabili che daranno vita a comunità via via più grandi e attive, legate alla leshon haqodesh, ai testi sacri e alla tradizione, ma al contempo in perenne trasformazione, grazie alla formazione di modelli culturali, frutto di un rapporto osmotico con la cultura dei gentili… La sua lingua privilegiata è lo yiddish, che si sviluppa nel X secolo tra gli ebrei in Renania, e poi nell’Europa centrale e orientale. È un miscuglio di ebraico, tedesco, elementi slavi e romanzi e lungo i secoli diviene la koiné degli ebrei in Est Europa, prima negli scambi commerciali e nella quotidianità, poi poco alla volta anche nella letteratura, nel teatro e nella musica” (Maria Teresa Milano, Musica klezmer, cultura yiddish tradotta in musica, in SeFeR n. 175, luglio-settembre 2021).
Si tratta principalmente di musiche che accompagnavano balli e rappresentazioni per matrimoni e altre celebrazioni, con strumenti tipici quali violino, clarinetto, ottoni, percussioni (il cimbalon), violoncello, ma anche banjo, mandolino, fisarmonica, sassofono, flauto e contrabbasso. Tali composizioni, note come musica yiddish o freilech (felice), solo nel XX secolo divennero un genere musicale caratterizzato da antiche melodie sinagogali, scale modali simili a quelle arabe e sonorità del folklore europeo. Il klezmer contribuì alla formazione del jazz, quando molti ebrei perseguitati si trasferirono nelle Americhe, portando con sé strutture melodiche, ritmiche ed espressive di differenti aree geografiche e culturali (Balcani, Polonia e Russia): “Nel 1937 quella lingua giunta in America con gli immigrati e circolata con i giornali, i racconti, le canzoni e il teatro, raggiunge il pubblico di massa grazie a una canzone, Bei mir bistu shein, scritta nel 1932 da Jacob Jacobs e Shlomo Secunda per un’operetta in yiddish di Abraham Bloom. Sono le Andrew Sisters, tre luterane figlie di un greco e una norvegese a cantarla in inglese per portarla al pubblico non ebraico e il successo è immediato, tanto che l’anno successivo il grande jazzista Benny Goodman ne realizza una versione swing. Benny Goodman, figlio di due poveri ebrei emigrati dalla Russia, racconta la storia che ha ricevuto in eredità usando i linguaggi della nuova terra, proprio come fanno le Barry Sisters, figlie del signor Bagelman, ebreo lituano… (che) divengono le voci ufficiali della Yiddish swing mania, sono ospiti del Jack Paar Show e dell’Ed Sullivan Show e quando in una delle tante tournée in giro per il mondo si esibiscono al Gorki Park di Mosca, sono in 20.000 ad applaudirle” (M.T. Milano, art. cit.).
Un musicista klezmer ha generalmente una buona conoscenza dei testi sacri, la capacità di comporre in rima e di improvvisare, lo spirito arguto per far divertire gli ascoltatori. Famosi sono il musicista argentino Gioira Feidman, il gruppo newyorkese The Klezmatics, la Barcelona Gipsy Klezmer Orchestra e la Amsterdam Klezmer Band. In Italia sono noti Gabriele Coen (clarinetto), Miriam Meghnagi (voce), Enrico Fink (flauto) e i gruppi Klezroym, Klezmerata Fiorentina e Baklava Klezmer Soul. Festival di musica klezmer si tengono ad Ancona e a Pinerolo (To).
Il discorso della montagna (Matteo 5) di Gesù di Nazaret
LE BEATITUDINI (PREMESSA ALLE SUPERTESI) Il rotolo di Qumran 4Q525 2 II, 1-6 ha 9 beatitudini, di cui solo le ultime 5 sono conserva...
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Come lavoratori dell’Ente Arcidiocesi riteniamo che la realtà in cui prestiamo servizio sia una parte, seppur piccola e assai peculiare, d...
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