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martedì 23 luglio 2024

Tavolo di studio sull'ebraismo dell'Unedi

In accordo con l’ARI (Assemblea dei Rabbini d’Italia) i temi da trattare in occasione della Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei (17 gennaio) erano i profeti (Geremia, Isaia, Ezechiele) dal 2022 al 2024 e Nostra Aetate (60° anniversario) nel 2025. A sorpresa il tema proposto da ARI è stato il giubileo nell’occasione del Giubileo cattolico del 2025 che ha per tema Pellegrini di speranza (Peregrinantes in spem). Per l’ARI sarà l’occasione di trattare questioni quali la terra e la giustizia sociale. La CEI privilegerà la tematica della speranza. Un paragrafo comune sugli argomenti di Nostra Aetate concluderà entrambi i messaggi.

Il rabbino capo di Milano, rav Alfonso Arbib, in un incontro precedente ha messo in evidenza come il tema del giubileo biblico (Levitico/Va’iqrà 25) abbia a che fare con la Terra in generale, intesa come ambiente/ecosistema, e con la terra di Israele in particolare. Spesso la condizione di esilio del popolo ebraico è stata letta anche come conseguenza della mancata osservanza degli anni sabbatici e dei giubilei. Il messaggio dell’ARI potrebbe dunque trattare il rapporto tra esilio e giubileo in chiave di teshuvà (ritorno a Dio, pentimento, inversione ad U).

Trattando da parte cattolica il tema della speranza è bene non dimenticare Hans Urs von Balthasar e il suo “sperare per tutti”. Allo stesso modo l’equivalente neotestamentario di teshuvà è metànoia (modifica del modo di pensare e cambiamento del punto di vista). Il tema della giustizia sociale può rimandare alle beatitudini evangeliche (Matteo 5,3-12; Luca 6,20-38).

Nel messaggio della CEI occorrerà anche riflettere sui motivi della rottura del dialogo tra ebrei e cattolici a cui si è andati molto vicini a seguito del massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre 2023. D’altro canto bisognerà anche accennare alla parziale ricezione della dichiarazione Nostra Aetate nelle comunità cattoliche italiane. Qui si vive un momento di forte frizione tra chi è sensibile al dato biblico e al dialogo cristiano-ebraico e chi parteggia per i palestinesi. Tuttavia schierarsi da una parte o dall’altra non fa che esacerbare i conflitti. L’intercessione sembra l’unico atteggiamento opportuno da tenere in questo contesto. È dunque necessario un dialogo della chiesa con se stessa (ad intra) al cospetto dell’ebraismo.

Sembra urgente anche un ritorno alle fonti del dialogo e all’idea di Israele come radice santa della fede cristiana. Il sussidio per il 17 gennaio potrebbe spiegare che, seppure nell’ebraismo la dimensione religiosa non sia totalmente separabile da quella etico-politica, l’ebreo che vive in Italia e più genericamente in diaspora non può essere ritenuto corresponsabile delle politiche del governo israeliano. Anche all’interno dello Stato d’Israele, in un contesto estremamente più drammatico, c’è l’esigenza di un dialogo (ad intra) tra sionismo laico ed ebraismo religioso che sembrano sull’orlo di una guerra civile. Il sionismo come riscatto etico-politico viene oggi strumentalizzato in funzione etnico-religiosa.

Emozioni quali paura, disgusto e risentimento che sono seguiti al 7 ottobre non sono dissimili da quelle che seguirono gli attentati di Al Qaeda dell’11 settembre 2001. Il populismo le ha cavalcate allo stesso modo, al punto che ad ogni attentato che avviene in Italia o in Europa, siamo noi che chiediamo ai musulmani di discolparsi. Solo in Europa, grazie all’Illuminismo, si distingue ancora tra politica e religione. Non così avviene altrove nel mondo: spesso in Oriente non c’è differenza tra l’atteggiamento delle religioni dharmiche e le posizioni del patriarca Kirill sul Russkij Mir (mondo russo). Anche in Europa tuttavia la fragilità della democrazia è sotto gli occhi di tutti. 

venerdì 19 aprile 2024

Speranza e rinascita

 

Se il brano di Ezechiele 37,1-14 per i cristiani è un simbolo della resurrezione, per gli ebrei è un’esortazione alla speranza che vince sulla disperazione, un simbolo della rinascita dell’intero popolo ebraico, non solo all’epoca di Ezechiele ma anche in seguito e fino a oggi.

Per questo un primo riferimento “liturgico” potrebbe essere Yom Kippur, il giorno più solenne del calendario ebraico, in cui fare un bilancio delle proprie azioni, esprimere il pentimento e la volontà di miglioramento per l’anno appena cominciato: https://meis.museum/kippur-5784/

Il Giorno dell’Espiazione invita all’esperienza di una “morte e resurrezione collettiva” (rav Greenberg), capace di trasformare una persona, di cambiarne l’io più profondo, attraverso la condizione mortifera del non mangiare, non bere, non vivere la sessualità, come ben spiegato da Massimo Giuliani: https://www.joimag.it/yom-kippur-morte-e-resurrezione-per-celebrare-la-vita/

Un secondo riferimento potrebbe essere Yom ‘Atzmaut, festa nazionale israeliana religiosa e civile insieme, vissuta paradossalmente dagli ebrei anche in Italia, festa che trasforma la diaspora (golà) in redenzione (gheullà), le ossa secche della Shoah (‘atzamot) nella rinascita d’Israele di cui si fa memoria nel giorno dell’indipendenza (‘atzmaut), come ben spiegato da Scialom Bahbout: https://moked.it/blog/2020/05/03/quando-il-tempo-delle-lacrime-incontra-quello-della-gioia/

L’inno Hatikvà (la speranza), scritto da uno spagnolo nel 1877, musicato da un romeno nel 1888, divenuto inno sionista nel 1933 e israeliano nel 1948, narra di una tenace speranza “due volte millenaria” di essere un popolo libero nella terra di Sion e di Gerusalemme, quella di cui parla la Bibbia ebraica: https://www.youtube.com/watch?v=Vrk3wyddgDg

Un terzo riferimento “civile” potrebbe essere la Giornata della Memoria, dal 2005 proclamata dalle Nazioni Unite evento universale, stabilita in quel 27 gennaio (che segue di una manciata di giorni il 17 gennaio) come memoria della liberazione del campo di Auschwitz-Birkenau, simbolo quest’ultimo dell’annientamento totale auspicato dalla follia nazista e fondato sul pregiudizio antisemita, come ben spiegato da don Marco Gnavi: https://www.santegidio.org/pageID/30284/langID/it/itemID/46305/Preghiera-per-la-Giornata-della-Memoria-meditazione-di-Don-Marco-Gnavi-su-Ezechiele-37114.html

A titolo esemplificativo si propongono solo tre strumenti dei molti che ormai possono essere citati al proposito:

·         il messaggio del Segretario generale delle Nazioni unite: https://unric.org/it/messaggio-sg-per-giornata-della-memoria/

·         l’impegno della Fondazione Museo della Shoah: https://www.youtube.com/watch?v=C39KfBMZqM0

·         il webdoc di RaiCultura: https://www.raicultura.it/webdoc/shoah-il-giorno-della-memoria/index.html#testimonianza

 

domenica 11 dicembre 2016

PdB

 

Caro Fabio,

in tutto il Ginzberg, le notizie su Gerico sono poche e irrilevanti. Poi, in Numeri Rabbà, Bemidbar 3,1, si dice che a Chamethan (=Emmaus?) c'era una palma che non dava frutti, non ostante la concimassero. Allora un coltivatore disse che questa palma vedeva una palma di Gerico e la bramava nel suo cuore. Allora portarono alcune palme di Gerico, che la fecondarono, e subito fece frutti.

A Gerico (sempre secondo la haggadà) stava il vicerè del re di Babilonia, vi abitavano i discendenti di Jetro, e nella sua pianura saranno distrutti Gog e Magog.

Di mia esperienza personale posso aggiungere che a Gerico c'è un immenso ristorante arabo dove per il caldo e la folla rischiavo di finire come Gog e Magog.

Affettuosamente,

Paolo

 


Ciao e grazie di tutto, indimenticabile "maestro"

 

lunedì 17 gennaio 2005

Giornata dell'ebraismo. 17 gennaio 2005. Gruppo Teshuvà. Diocesi di Milano

A partire dal 1990 la Conferenza episcopale italiana (CEI) indice ogni anno la Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, da celebrarsi il 17 gennaio come fondamentale prologo alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18 – 25 gennaio): non può infatti esserci riconciliazione tra le Chiese senza una comune coscienza ecclesiale che si sia riconciliata con la “radice santa”, che è all’origine di ogni tradizione cristiana e che continua a vivere nella tradizione ebraica.
La consapevolezza della portata ecumenica della giornata del 17 gennaio ha condotto le comunità ecclesiali, che aderiscono al Consiglio delle Chiese cristiane di Milano (CCCM), a condividere l’iniziativa promossa dalla CEI.
Pertanto dal 17 gennaio 2003 la Chiesa ambrosiana, che tramite l’ufficio perl’ecumenismo e il dialogo promuove in diocesi la Giornata dell’ebraismo, limitatamente alla Zona pastorale prima (Milano città) la promuove all’interno del CCCM, a cui essa aderisce insieme ad altre 16 Chiese di altra confessione.
“Scrutando il mistero della Chiesa questo Sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo”: così inizia il paragrafo n. 4 della dichiarazione conciliare Nostra Aetate sulle relazioni della Chiesa cattolica con le religioni non cristiane (1965). Il Concilio riconosce che non è possibile parlare della Chiesa, nella sua essenza di mistero di relazione con Dio, prescindendo da Israele, anch’esso mistero di relazione profonda con Dio e destinatario della sua Parola. Infatti Israele è nato come popolo proprio per scelta di Dio che, come dice la Bibbia, lo ha chiamato a essere suo popolo, sua proprietà particolare.
La celebrazione della Giornata è l’occasione per mettere a fuoco l’esigenza di vigilare sui nostri atteggiamenti e di purificare il linguaggio dagli stereotipi antiebraici che, spesso inconsapevolmente, continuano a caratterizzare la nostra lettura della Bibbia, la nostra predicazione e
catechesi, persino alcuni testi della liturgia. A questo riguardo segnaliamo un volume che raccoglie il lavoro di riflessione e aggiornamento fatto a Milano con il gruppo interconfessionale teshuvà e intitolato Secondo le Scritture.
Chiese cristiane e popolo di Dio, a cura di Gianfranco Bottoni e Luigi Nason,
EDB, Bologna 2002.

 Ogni anno il tema della Giornata varia: di seguito riportiamo i temi degli ultimi dieci anni.
1996 - A trent’anni dalla dichiarazione conciliare Nostra Aetate
1997 - L’esperienza del ritorno a Dio nel messaggio d’Israele
1998 - La Torà come tenerezza di Dio per l’umanità
1999 - L’anno giubilare nella Sacra Scrittura
2000 - Il Dio delle benedizioni nella Tradizione d’Israele
2001 - Abramo ebbe fede in Dio (Gen 15,5-6)
2002 - Noè camminava con Dio (Gen 6,9): l’universalismo ebraico
2003 - Mosè parlava con Dio e tutto il popolo fu testimone (cf Es 20,18)
2004 - Serviranno il Signore appoggiandosi spalla a spalla (cf Sof
3,9): ebrei e cristiani chiamati a testimoniare l’unico Dio
2005 – Amerai il prossimo tuo come te stesso... Amerai dunque il Signore
Dio tuo con tutto il cuore


IN CONCRETO COSA FARE?
Con i profeti e con lo stesso apostolo la Chiesa attende il giorno che solo Dio conosce in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e ‘lo serviranno appoggiandosi spalla a spalla’ (Concilio Vaticano II, Dichiarazione nostra Aetate n 4).
Confessiamo la nostra fede in Gesù Cristo l’ebreo, che in quanto messia di Israele è il salvatore del mondo e congiunge i popoli della terra con il popolo di Dio (Sinodo evangelico di Renania, 1980).
Con gli ebrei condividiamo “un ministero sacerdotale, una missione che può unirci senza confonderci, fino a quando verrà il Messia che invochiamo: Maranà tha” (Card. C.M. Martini).
Perché una giornata particolare dedicata ai rapporti con gli ebrei? Per conoscere il popolo ebraico e la sua tradizione vivente. Per riscoprire il legame che unisce tradizione ebraica e tradizione cristiana. Perché l’alleanza di Dio con il popolo di Israele non è mai stata revocata. Per far sì che l’atteggiamento dei cristiani nei riguardi degli ebrei sia improntato a rispetto e ad amore, come vuole il Vangelo, e non a invidia, rancore e addirittura disprezzo, come si è purtroppo verificato nel corso dei secoli.
La Giornata dell’ebraismo non è una giornata di preghiera “per” gli ebrei o “con” gli ebrei. Il documento vaticano Orientamenti e suggerimenti per l’applicazione di Nostra aetate n. 4 del 1974 dice al riguardo: “Praticamente è necessario che i cristiani cerchino di capire meglio le componenti fondamentali della tradizione religiosa ebraica e apprendano le caratteristiche essenziali con le quali gli ebrei si definiscono alla luce della loro attuale
realtà religiosa”. E’ dunque opportuno che le comunità parrocchiali promuovano occasioni concrete di riflessione sul vincolo particolare, anzi
unico, che lega la Chiesa e Israele e di incontro con la realtà viva e attuale del popolo ebraico. Ecco alcune iniziative opportune:
• studio dei documenti più importanti pubblicati dalla Santa Sede sull’ebraismo: Nostra aetate (n. 4), Orientamenti (sopra citato), Sussidi per una corretta presentazione di ebrei ed ebraismo nella catechesi e
nella predicazione della chiesa cattolica (1985), Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoà (1998);
• approfondimenti sulla storia del popolo d’Israele, la vita degli ebrei e l’ebraismo oggi, la spiritualità ebraica, la relazione tra Chiesa e Israele, la storia dell’antisemitismo e la Shoà, ecc.
• visite ai luoghi ebraici tradizionali e incontri con ebrei, con possibilità di lettura di qualche testo biblico, in ascolto di una lettura ebraica della Scrittura;
• conoscenza degli organismi che promuovono in Diocesi la conoscenza cristiana dell’ebraismo e il dialogo cristiano-ebraico.
Il senso e il tema della Giornata dell’ebraismo siano comunque illustrati nelle omelie delle Messe della domenica precedente, 16 gennaio, come richiesto dal nostro 47° Sinodo diocesano (cfr cost. 308, § 4), e nelle liturgie del giorno 17 gennaio o di qualche altra opportunità pastorale. Il sussidio e il materiale che segue sono utili a tale scopo.

 “AMERAI DUNQUE IL SIGNORE DIO TUO CON TUTTO IL TUO CUORE... AMERAI IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO”
Introduzione al tema della Giornata del 2005
a cura della Conferenza Episcopale Italiana

In questo momento storico segnato dall’odio, striato di sangue e lacerato dalle divisioni, Ebrei e Cristiani trovano nella Parola di Dio una comune
fonte di ispirazione. Scrive il Deuteronomio:  “Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore. Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua forza” (6, 4-5). E il Levitico aggiunge: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (19,18). Gesù, allo scriba che lo interroga sul “primo di tutti i comandamenti” risponde intrecciando questi due passi e conclude ricordando che “non c’è altro comandamento più importante” (Mc 12,29-31). La voce di Mosè e quella di Cristo parlano all’unisono riconoscendo che l’amore è l’anima profonda della Legge.
Il Signore nostro Dio si presenta come il Dio del hesed, ossia della fedeltà amorosa, espressa attraverso le sue azioni cosmiche e storiche, cantate dal “grande Hallel ”, il Salmo 136 (135), scandito appunto dall’antifona: “Eterno è il suo hesed ”, il suo amore misericordioso. Egli è un Dio che “ama tutte le realtà che esistono e nulla disprezza di quanto ha creato… Egli risparmia tutte le realtà perché tutte le cose sono sue, egli che è il Signore amante della vita” (Sap 11,24-26). Non per nulla nelle pagine sacre il suo volto rivela tutti i lineamenti dell’amore, da quello nuziale a quello paterno e materno fino al profilo amicale.
La sua è un’epifania d’amore. Egli si china su Israele suo popolo dicendogli: “Ti ho amato di amore eterno, per questo ti conservo il mio hesed ”, il mio amore fedele (Ger 31,3). Egli, però, si rivolge anche al singolo fedele per offrirgli la sua bontà, il suo sostegno e il suo perdono: “Tu sei buono, Signore, e perdoni, sei pieno di amore (hesed) per chi ti invoca” (Sal 86/85,5). La sua attenzione speciale è rivolta agli ultimi della terra dei quali egli è per eccellenza il difensore e il tutore amoroso: “Padre degli orfani e difensore delle vedove è Dio” (Sal 68/67,6). Il manto luminoso del suo amore si stende su tutta l’umanità: “Ti benedirà il Signore delle schiere celesti: Benedetto sia l’Egiziano mio popolo, l’Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità” (Is 19,25). E tutte le generazioni, che pure conoscono la sua giustizia, sono avvolte dal suo generoso e infinito amore: “Egli conserva il suo favore per mille generazioni, perdonando la colpa, la trasgressione e il peccato” (Es 34,7).
Il cristianesimo raccoglie questo messaggio della Prima Alleanza e ne fa quasi il suo vessillo coniando quella straordinaria definizione: “Dio è amore” (1Gv 4,8-16) e chiamandolo il “Dio dell’amore” (2Cor 13,11). La stessa figura di Gesù, che “Passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo” (At 10,38) e che è “l’amato” per eccellenza (Mc 1,11; 5,7), ha come sua missione primaria quella di rivelare l’amore del Padre: “Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo figlio unigenito” (Gv 3,16). Sant’Ambrogio in modo folgorante dichiarerà che “caritas Dei Verbum est”, il Verbo è l’amore di Dio (Expositio in Psalmum CXVIII, 15,39).
A questo amore divino celebrato dalla Bibbia, amore che non ignora la giustizia come segno della verità dell’amore, deve corrispondere la risposta umana, lapidariamente espressa in quel “primo e più importante comandamento”. “Se Dio ci ha amati, anche noi dobbiamo amarci… Se ci amiamo, Dio dimora in noi e il suo amore è perfetto in noi” (1Gv 4,11-12).
Ecco, allora, le due dimensioni del comandamento principe che Gesù ha desunto dalla Torah. C’è innanzitutto l’impegno di amare Dio “con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Dt 6,5), espressione di un’adesione non meramente devozionale ma esistenziale, scegliendo le vie del Signore, “i sentieri della giustizia, le strade degli amici del Signore” (Pr 2,8). “Ti amo, Signore, mia forza” (Sal 18/17,2) è, quindi, la comune professione d’amore dell’ebreo e del cristiano ed è nella rilettura mistica del Cantico dei Cantici che essi trovano la parabola ideale della loro relazione di intimità col Signore.
L’amore poi si deve orientare verso i fratelli: “Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio ama anche il suo fratello” (1Gv 4,21). Le celebri “antitesi” del Discorso della Montagna (Mt 5,21-48), pur indicando l’originalità del messaggio cristiano, non vogliono mettere in opposizione la Torah e il Vangelo; anzi, vogliono riscoprire l’anima radicale e profonda della Torah, la potenzialità che essa contiene, l’assolutezza dell’amore che ad essa è sottesa. Si ha, così, per Ebrei e Cristiani l’esercizio dell’amore fraterno in tutte le sue sfumature di giustizia, misericordia, benevolenza, generosità, amicizia, solidarietà, rispetto della dignità umana. Significativi sono gli
esempi di Giuseppe generoso con i suoi fratelli, di David verso il figlio ribelle Assalonne (2Sam 19,1.7), delle premure per l’asino del nemico (Es
23,4-5), del rispetto dei diritti dello straniero: “Il forestiero dimorante tra di voi lo tratterete come colui che è nato fra di voi; tu l’amerai come te stesso” (Lv 19,34).
Una generosità che privilegia i diversi e i miseri, come ammonisce la Legge: “Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri nel paese d’Egitto. Non maltratterai la vedova e l’orfano. Se tu li maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io ascolterò il suo grido” (Es 22,20-22). Una generosità che Gesù tratteggerà in modo intenso nella sua rappresentazione del giudizio divino che verterà appunto sull’amore per gli affamati, gli assetati, i forestieri, i nudi, i malati, i carcerati” (Mt 25,31-46). Nella tradizione giudaica c’è questo mirabile detto dei Padri di Israele: “Simone il Giusto era solito dire: Il mondo si fonda su tre cose: la Torah, il culto e gli atti di misericordia” (Abôt 1,2).
Sulla scia della dichiarazione congiunta del Comitato Internazionale di Collegamento Cattolico-Ebraico, emessa al termine della sua XVIII sessione plenaria a Buenos Aires l’8 luglio 2004 e intitolata Tzedeq e Tzedaqah – Giustizia e Carità, anche la Chiesa Italiana nella Giornata di riflessione sui
rapporti tra ebraismo e cristianesimo riafferma che “Gli Ebrei e i Cristiani hanno lo stesso dovere di lavorare per la giustizia con carità, arrivando così
alla pace (Shalom) per tutta l’umanità. Fedeli alle nostre rispettive tradizioni religiose, vediamo questo impegno comune nei confronti della giustizia e della carità come la cooperazione dell’uomo con il piano divino per costruire un mondo migliore”.


GIUSEPPE LARAS
Rabbino Capo di Milano

 

VINCENZO PAGLIA
Vescovo di Terni-Narni-Amelia e
Presidente della Commissione Episcopale
per l’ecumenismo e il dialogo della CEI

martedì 26 ottobre 2004

Giornata dell’ebraismo 2005: in concreto cosa fare?

A partire dal 1990 la Conferenza episcopale italiana (CEI) ha indetto la celebrazione di una giornata, da celebrarsi il 17 gennaio di ogni anno, dedicata a conoscere il popolo ebraico e ad approfondire le relazioni con esso. Perché una giornata particolare dedicata ai rapporti con gli ebrei? Per far sì che l'atteggiamento dei cristiani nei riguardi degli ebrei sia improntato a rispetto e ad amore, come vuole il Vangelo, e non a invidia, rancore e addirittura disprezzo, come si è purtroppo verificato nel corso dei secoli.

"Scrutando il mistero della Chiesa questo Sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo": così inizia il paragrafo n. 4 della dichiarazione conciliare Nostra Aetate sulle relazioni della chiesa cattolica con le religioni non cristiane (1965). Il concilio riconosce che non è possibile parlare della Chiesa, nella sua essenza di mistero di relazione con Dio, prescindendo da Israele, anch'esso mistero di relazione profonda con Dio e destinatario della sua Parola. Infatti Israele è nato come popolo proprio per scelta di Dio che, come dice la Bibbia, lo ha chiamato a essere suo popolo, sua proprietà particolare.

La celebrazione del 17 gennaio è l'occasione per ricordare l'impegno in un lavoro di studio e di purificazione dei nostri vecchi atteggiamenti nei riguardi degli ebrei: impegno che deve durare tutto l'anno quando leggiamo la Bibbia, celebriamo le liturgie, pronunciamo le omelie, insegniamo o studiamo il catechismo.

Di seguito i temi degli ultimi dieci anni:

1996 - A trent'anni dalla dichiarazione conciliare Nostra Aetate

1997 - L'esperienza del ritorno a Dio nel messaggio d'Israele

1998 - La Torà come tenerezza di Dio per l'umanità

1999 - L'anno giubilare nella Sacra Scrittura

2000 - Il Dio delle benedizioni nella Tradizione d'Israele

2001 - Abramo ebbe fede in Dio (Genesi 15,5-6)

2002 - Noè camminava con Dio (Genesi 6,9): l'universalismo ebraico

2003 - Mosè parlava con Dio e tutto il popolo fu testimone (cf Esodo 20,18)

2004 - Serviranno il Signore appoggiandosi spalla a spalla (cf Sofonia 3,9): ebrei e cristiani chiamati a testimoniare l'unico Dio

2005 – Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il cuore… Amerai il prossimo tuo come te stesso

Con i profeti e con lo stesso apostolo la Chiesa attende il giorno che solo Dio conosce in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e 'lo serviranno appoggiandosi spalla a spalla' (Concilio Vaticano II, Dichiarazione nostra Aetate n 4).

Confessiamo la nostra fede in Gesù Cristo l’ebreo, che in quanto messia di Israele è il salvatore del mondo e congiunge i popoli della terra con il popolo di Dio (Sinodo evangelico di Renania, 1980).

Con gli ebrei condividiamo “un ministero sacerdotale, una missione che può unirci senza confonderci, fino a quando verrà il Messia che invochiamo: Maranàtha” (Card. C.M. Martini).

 Perché una Giornata dell’ebraismo? Per conoscere il popolo ebraico e la sua tradizione vivente. Per riscoprire il legame che unisce tradizione ebraica e tradizione cristiana. Perché l’alleanza di Dio con il popolo di Israele non è mai stata revocata.

La Giornata dell'ebraismo non è una giornata di preghiera “per” gli ebrei o “con” gli ebrei. Gli Orientamenti del 1974 sono chiari: "Praticamente è dunque necessario in particolare, che i cristiani cerchino di capire meglio le componenti fondamentali della tradizione religiosa ebraica e apprendano le caratteristiche essenziali con le quali gli ebrei si definiscono alla luce della loro attuale realtà religiosa". E' dunque opportuno che le comunità parrocchiali promuovano occasioni concrete lungo i due complementari filoni prima menzionati: la riflessione sul vincolo particolare, anzi unico, che lega la chiesa e Israele, e l'esistenza viva e attuale del popolo ebraico. Ecco alcune iniziative opportune:

  • studio dei documenti più importanti sull’ebraismo: Nostra aetate (n. 4), Orientamenti e suggerimenti per l'applicazione di Nostra aetate n. 4 (1974), Sussidi per una corretta presentazione di ebrei ed ebraismo nella catechesi e nella predicazione della chiesa cattolica (1985), Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoà (1998);
  • approfondimenti sulla storia del popolo d’Israele, la vita degli ebrei e l’ebraismo oggi, la spiritualità ebraica, la relazione tra Chiesa e Israele, la storia dell'antisemitismo e la Shoà, ecc.
  • visite ai luoghi ebraici tradizionali e incontri con ebrei, con possibilità di lettura di qualche testo biblico, in ascolto di una lettura ebraica della Scrittura;
  • conoscenza degli organismi che promuovono in Diocesi la conoscenza cristiana dell’ebraismo e il dialogo cristiano-ebraico.

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