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lunedì 20 marzo 2023

Leggi razziali in Italia

 

Dal 1926 l’Italia è a “partito unico” e gli antifascisti sono in esilio in Francia o in Svizzera

La matrice marxista domina l’antifascismo italiano

·         gli ebrei proletari sono proletari come gli altri

·         gli ebrei borghesi sono nemici come gli altri

Nonostante un forte antigiudaismo cattolico

·         gli ebrei sono integrati

·         “liberi e uguali” agli altri italiani

·         la maggioranza di loro aderisce al fascismo

Giustizia e Libertà di Carlo Rosselli

·         folta presenza di ebrei

·         del fascismo non si “vede” il progetto

Con la “tassa sul celibato” del marzo 1927 Mussolini intraprende la lotta alla denatalità

Con il “discorso dell’ascensione” del maggio 1927 intende creare “una nuova razza di dominatori del mondo”

Il “manifesto degli scienziati razzisti” del 14 luglio 1938 definisce la razza ariana:

·         gli italiani appartengono alla “razza ariana pura”

·         gli ebrei non ne fanno parte

Comincia nell’agosto del 1938 la pubblicazione della rivista quindicinale “La difesa della razza”

L’ufficio “Demo Razza” il 22 agosto del 1938 effettua un censimento nazionale della popolazione ebraica

Il 3 settembre 1938 avviene l’espulsione di studenti e docenti da tutte le scuole del regno

A seguire le espulsioni dall’amministrazione pubblica, dall’esercito e dalle professioni

Le “leggi razziali” vengono promulgate il 18 settembre 1938

·         47mila ebrei vengono discriminati

·         8 mila muoiono nei campi di concentramento

Nell’autunno del 1938 l’Osservatore Romano interviene solo sulla questione dei “matrimoni misti”

In definitiva le “leggi razziali” vengono accolte nel silenzio e nell’indifferenza

martedì 29 marzo 2022

Agnostici


Un apporto al dialogo interreligioso può venire da coloro che, autodefinendosi come agnostici ed evitando quindi di prendere posizione in materia di religione, hanno comunque un valore di fondamentale importanza da trasmettere ai credenti: l’impossibilità per la mente umana di conoscere fino in fondo l'assoluto.

Limitare il dialogo interreligioso alle religioni in quanto tali, vale a dire alle espressioni di una fede in una legge divina, significa, in altre parole, non riconoscere a sufficienza la dignità di una scelta che in realtà, se consapevole e frutto di un cammino intenso e profondo, dimostra verso Dio un rispetto maggiore di quello di molte religiosità moderne e antiche.

Liana Millu, deportata nel campo di Auschwitz-Birkenau in cui fece, come dice lei stessa, “esperienza della convivenza con la morte”, parla “dell'armatura morale di una fede” che può essere sia religiosa, sia laica, sia politica: “Nel lager c'era la compresenza di questa fede. Della ‘fede religiosa’ si conoscono epifanie commoventi e io stessa potrei testimoniare di quelle viste proprio con i miei occhi, vicine a me. Della ‘fede politica’, leggendo i documenti, sappiamo che operò una resistenza in mezzo a pericoli atroci perfino nei lager, e ciò testimonia quanto adamantina potesse essere. Infine, la ‘fede laica’, che fu anche di Primo Levi. La fede laica faceva nella mente, nell'anima, un baluardo, un bunker inviolabile alle brutalità e alle abiezioni che circondavano, un rifugio dove conservare l'idea, il concetto di tutte quelle cose che illuminano la vita civile, che rendono la vita ‘civile’”.

L'agnosticismo di Liana Millu è ben espresso da queste sue scarne parole: “È stato detto che nessuno uscì dai lager come vi era entrato, ed è vero: io entrai atea e ne sono uscita agnostica. Un'agnostica seria. La domanda ultima: ‘che cosa sarà di me quando il mio corpo giacerà sotto la terra?’, l'ho ben presente. Ma, se il mistero c’è, io lo conoscerò. Questo dà al mio ultimo tratto di strada una serenità appena velata di malinconia. Cosa rimane delle tante cose che formano il tessuto di una lunga esistenza? forse che tale tessuto ha seguito una trama che ci rimane misteriosamente celata? Non so e non cerco di saperlo. So soltanto che, dalla decantazione di tanta vita, emergono due elementi: amore per ‘sora nostra madre terra’ e compassione, una grande, profonda compassione per la condizione umana” (Chi è come te fra i muti? L'uomo di fronte al silenzio di Dio - VI sessione della Cattedra dei non credenti - Università statale degli studi di Milano).

Davvero è possibile escludere da un dialogo di più ampio respiro delle voci come questa?

martedì 15 marzo 2022

Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah


Guardando al futuro delle relazioni tra ebrei e cristiani, in primo luogo chiediamo ai nostri fratelli e sorelle cattolici di rinnovare la consapevolezza delle radici ebraiche della loro fede. Chiediamo loro di ricordare che Gesù era un discendente di Davide; che dal popolo ebraico nacquero la Vergine Maria e gli Apostoli; che la Chiesa trae sostentamento dalle radici di quel buon ulivo a cui sono stati innestati i rami dell'ulivo selvatico dei gentili (cfr Rm 11,17-24); che gli ebrei sono nostri cari ed amati fratelli, e che, in un certo senso, sono veramente i « nostri fratelli maggiori ».

Al termine di questo Millennio la Chiesa cattolica desidera esprimere il suo profondo rammarico per le mancanze dei suoi figli e delle sue figlie in ogni epoca. Si tratta di un atto di pentimento (teshuva): come membri della Chiesa, condividiamo infatti sia i peccati che i meriti di tutti i suoi figli. La Chiesa si accosta con profondo rispetto e grande compassione all'esperienza dello sterminio, la Shoah, sofferta dal popolo ebraico durante la seconda Guerra Mondiale. Non si tratta di semplici parole, bensì di un impegno vincolante. « Rischieremmo di far morire nuovamente le vittime delle più atroci morti, se non avessimo la passione della giustizia e se non ci impegnassimo, ciascuno secondo le proprie capacità, a far sì che il male non prevalga sul bene, come è accaduto nei confronti di milioni di figli del popolo ebraico... L'umanità non può permettere che ciò accada di nuovo ».

Preghiamo che il nostro dolore per le tragedie che il popolo ebraico ha sofferto nel nostro secolo conduca a nuove relazioni con il popolo ebraico. Desideriamo trasformare la consapevolezza dei peccati del passato in fermo impegno per un nuovo futuro nel quale non ci sia più sentimento antigiudaico tra i cristiani e sentimento anticristiano tra gli ebrei, ma piuttosto un rispetto reciproco condiviso, come conviene a coloro che adorano l'unico Creatore e Signore ed hanno un comune padre nella fede, Abramo.

Infine, invitiamo gli uomini e le donne di buona volontà a riflettere profondamente sul significato della Shoah. Le vittime dalle loro tombe, e i sopravvissuti attraverso la vivida testimonianza di quanto hanno sofferto, sono diventati un forte grido che richiama l'attenzione di tutta l'umanità. Ricordare questo terribile dramma significa prendere piena coscienza del salutare monito che esso comporta: ai semi infetti dell'antigiudaismo e dell'antisemitismo non si deve mai più consentire di mettere radice nel cuore dell'uomo.

 

L'intero documento è disponibile qui.

Avvenire