martedì 20 luglio 2021

La lavanda dei piedi e la cena interrotta (Giovanni 13,1-30)

 

Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. (v. 1)

Questi trenta versetti concludono quello che alcuni esegeti chiamano il “libro dei segni” (1-12) e aprono il cosiddetto “libro della gloria” o “dell’ora” di Gesù (13-21).

Gesù è in Giudea per la festa di Succot / Capanne (7,2.10), poi per Chanukkà / Dedicazione (10,22) e infine per Pesach / Pasqua (12,1). E’ giovedì sera, vigilia della festa. Pesach inizia la sera di venerdì / Shabbat, quando Gesù giace nel sepolcro (19,38-42). Il suo passaggio / Pesach al Padre è già avvenuto.

Per Marco (14,12), Matteo (26,17) e Luca (22,8), Gesù è to pascha / la Pasqua: l’ultima cena si svolge il giorno 15 del mese primaverile di Nisan. Ma le norme della Mishnah proibivano le sentenze capitali notturne e pasquali. Per Giovanni Gesù è il Pascha / sacrificio cioè l’agnello di Dio: la cena si svolge nel giorno della preparazione (il 14 di Nisan) quando nel tempio di Gerusalemme venivano macellati gli agnelli per il sacrificio.

Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». (vv. 2-7)

La lavanda dei piedi è esclusiva di Giovanni. Un gesto umile, un’attività riservata agli schiavi, che non pratichiamo più. Quando il padrone o un ospite entrava in casa, doveva lavare mani e piedi, provati dal viaggio su strade sterrate. Ecco la divinità di Gesù: continuare nel suo affettuoso servizio anche quando non può più cambiare niente.

Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». (vv. 8-9)

Un carattere impetuoso, da “tutto o niente”, e una testa “dura” come pietra. Nel suo scatto di ribellione, Pietro rappresenta tutti noi (Non c’è più religione!), che non capiamo l’atteggiamento di Gesù. Ricordate l’agnello e il servo? Un riferimento al battesimo?

Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». (vv. 10-11)

Per tre anni i discepoli hanno condiviso con Gesù ogni genere di esperienza. Hanno vissuto in stretto rapporto con la parola di Dio (il Verbo). Per questo sono in parte già purificati. Con la lavanda Gesù anticipa ai discepoli la sua Pasqua. Il passato non è veramente passato perché lo Spirito (l’acqua) lo “attualizza”. Il futuro non è veramente futuro perché la fede lo “anticipa”. Il cristiano è un uomo dell’oggi.

Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. (vv. 12-15)

Nel racconto la lavanda sostituisce il “pane vivo disceso dal cielo” (6,51). Dalla fine del primo secolo una mistica eucaristica è arrivata fino a noi. La comunione con Gesù starebbe tutta nella partecipazione al sacramento dell’eucaristia. Il sacramentum era il “giuramento di fedeltà” dei soldati all’imperatore romano. Ai tempi di Giovanni questa parola non esisteva neppure. Le chiese di lingua greca scelsero infatti di usare il termine mysterion / segreto. L’ultima cena di Gesù contiene un segreto che Giovanni ci svela quando sostituisce il pasto sacro con la lavanda. Non una comunione sacramentale ma diaconale. L’eucaristia non è un fine ma un segno.

In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica. (vv. 16-17)

Per consumare la Pasqua gli ebrei avevano adottato il modo di stare a tavola dei greci. Gesù torna dunque a sdraiarsi sul lettino. L’atto di spogliarsi e di rivestirsi è un simbolo della sua morte e risurrezione. Annuncia la prima delle due beatitudini dell’evangelo di Giovanni. La seconda è il “credere senza aver visto” di Tommaso (20,29). Il Signore si fa servo, stare in alto significa scendere in basso, la via di Dio non sale ma scende. Dio si cala nei bassifondi. Un annuncio che comprendiamo meglio a Natale. Anche noi siamo dobbiamo ricostruire il mondo partendo dal fondo. Uno scandalo. La lavanda dei piedi non ha quasi trovato spazio nelle liturgie delle chiese. Per fortuna ha trovato spazio nella vita di molti credenti che sono davvero specchio di Dio. Beati loro.

Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto, ma deve compiersi la Scrittura: Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcano. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato». (vv. 18-20)

“Anche l’amico in cui confidavo, / che con me divideva il pane, / contro di me alza il suo piede” (Salmo 41,10). “Voi siete i miei testimoni - oracolo del Signore - / e il mio servo, che io mi sono scelto, / perché mi conosciate e crediate in me / e comprendiate che sono io. / Prima di me non fu formato alcun dio / né dopo ce ne sarà. / Io, io sono il Signore, / fuori di me non c’è salvatore” (Isaia 43,10-11). Le parole più difficili di Gesù (“Io sono”). Il paradosso tragico di una rivelazione compresa più chiaramente dai nemici. Il bisogno di qualcuno che sempre raccolga questa Parola, ne faccia memoria, la mostri di nuovo. Gesù non vuole esaurire la realtà di Dio. Il Padre “è più grande di me” (14,28). L’incarnazione comporta che la realtà di Dio, pur essendo più grande della realtà di Gesù, è totalmente presente e percepibile in essa.

Dette queste cose, Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariota. (vv. 21-26)

Gesù è turbato come per la morte di Lazzaro (11,33). Introduce il tradimento con il doppio amen: la fiducia nella Roccia d’Israele. Giovanni è più vicino a Gesù di Pietro. Ugualmente resta “di pietra” di fronte al tradimento. Giuda riteneva che Gesù non si sarebbe lasciato catturare e uccidere, ma avrebbe manifestato tutta la sua potenza innescando una rivoluzione sociale e politica senza precedenti. Nei sinottici il traditore intinge la mano nel piatto con Gesù, mentre qui è Gesù che intinge e porge il boccone a Giuda.

Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte. (vv. 27-30)

Gesù porge il boccone in gesto di amicizia. Giuda lo riceve ma resta determinato. Gesù allora accetta il piano diabolico e, umanamente, desidera che si compia quanto prima. Il satàn /divisore separa Giuda dagli altri convitati. La luce del giorno lascia posto alle tenebre della notte. Qui si compie la salvezza del mondo, un evento cosmico, ma noi siamo attratti dal dramma del microcosmo di un cuore, quello di Giuda, capace di tradire chi lo ama. Il Santo è sfidato dal principe del mondo, Gesù si avvicina all’ora della glorificazione, ma il nostro rancore è tutto per Giuda. Abile questo divisore, no?

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