I fatti (estasi)
La parola mistica è aggettivo di mistero (dal greco muein) e indica la capacità di percepire il carattere nascosto di ima realtà o di un’intenzione. Il termine estasi (dal greco ékstasis) significa star fuori di sé e descrive uno stato della coscienza accompagnato da sensazioni intense di benessere emotivo, di illuminazione o di pace. La mistica spesso alimenta le energie vitali di una persona al superamento del principio d’interesse. Mistico è un atteggiamento di incanto e dì umiltà nei riguardi del mondo e degli altri nella loro situazione concreta. Quella cristiana, segnata dall’incarnazione, e più in generale quella biblica è una mistica dagli occhi aperti e dalle mani operose (cf Leonardo Boff - Frei Betto, Mistica e spiritualità. Cittadella, Assisi 1995). Teresa de Jesus, animata da grande zelo, è incapace di stare ferma. Ciò la condurrà a riformare l’ordine carmelitano, a fondare monasteri e a scrivere opere spirituali. Uno zelo persino pericoloso per ima mujercilla (donnicciola) che, secondo l’altera noto teologo Bartolomè de Medina, avrebbe fatto meglio a stare in convento a pregare e a tessere. In un’epoca in cui l’apostolato e la predicazione sono mansioni esclusivamente maschili, Teresa esorta le sue sorelle a unire “l’umiltà alla santa presunzione secondo il volere di Dio” e a “cercare di predicare con le opere, perché l’Apostolo (Paolo) e la nostra incapacità ci proibiscono di predicare con le parole”.
Paolo VI indica nella preghiera la motivazione principale per la sua proclamazione a Dottore della Chiesa. Nella preghiera Teresa si pone alla sequela di Gesù che all’alba sale sulle cime dei monti per tendere l’orecchio (Mc 1,3; Le 4,42; 6,12; 9,28) e lo fa da solo e in silenzio. Gesù consegna ai discepoli le parole del Padre nostro e narra la parabola dell’amico importuno (Lc 11,1-13; cf 18,1- 8), insegna a pregare nel segreto della propria camera (Mt 6,5-8; cf Le 18,9-14) e fa seccare il fico senza frutti (Mc 11,12-14; 20-25), si propone come intercessore presso il Padre (Gv 14,12-14) e vive la dimensione contemplativa della vita senza fuggire la realtà (Lc 10,36-42). Solitudine, silenzio, riservatezza e perseveranza caratterizzano la preghiera di Teresa sul modello di Gesù. L’esatto contrario del rumore e delle parole che, “liberando” l’essere moderno dall’incubo del vuoto, gli fanno apparire apocalittico un silenzio “di circa mezz’ora” (Ap 8,1) (cf Carlo Maria Martini, La dimensione contemplativa della vita. Centro Ambrosiano, Milano 1980).
Si possono distinguere tre fasi della preghiera in Teresa. Anzitutto la preghiera spontanea come risposta istintiva a Dio che si rivela. Scrive Teresa: “cominciavo a fare orazione senza neppure sapere cosa fosse” (Vita IX). Quindi la preghiera difficile come ricerca di metodo e regolarità. Qui Teresa affronta difficoltà psicologiche di incapacità discorsiva per il turbinio di pensieri: “badavo più a desiderare che l’ora dell’orazione finisse” (Vita VIII-IX). Inoltre affronta difficoltà esistenziali di incoerenza della vita e scrive: “mi vergognavo di tornare ad avvicinarmi a Dio in quella stretta amicizia che è l’orazione” (Vita VIII). La preghiera infine dona il senso della presenza di Dio: “mentre nel far orazione cercavo di mettermi ai piedi di Gesù Cristo e talvolta nello stesso atto di leggere mi sentivo invadere d’improvviso da un senso così vivo della divina presenza” (Vita X). Forse la forma mistica non è per pochi e molti non la raggiungono solo perché non insistono (cf Carlo Maria Martini, “Solo Dios basta". La preghiera nella vita del pastore, Ancora, Milano 1995).
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