mercoledì 9 giugno 2021

Teresa d'Avila (2/5)


 

La vita

In questo scenario “barocco” Teresa Sanchez de Ahumada y de Cepeda nasce ad Avila, nella Vecchia Castiglia spagnola, da una famiglia di cristianos nuevos (cristiani nuovi) di origine ebraica. Don Alonso Sanchez de Cepeda, il padre di Teresa, è figlio di un ricco drappiere ebreo di Toledo. Come tutti i conversos ebrei al cristianesimo anche Juan Sanchez è sospettato di appartenere alla schiera dei marranos che continuano a osservare in segreto i precetti del giudaismo. Nonostante il suo matrimonio con donna Ines de Cepeda, di antica discendenza cristiana, il nonno di Teresa è costretto a fuggire ad Avila con l’intera famiglia. Così facendo evita l’umiliazione di una processione penitenziale per la città fatta indossando il sambenito (una tunica gialla), reggendo un cero spento e pregando davanti a ogni chiesa accompagnato da frati che lo esortano alla riconciliazione. Anche dopo la morte di Juan gli eredi, tra cui il figlio Alonso e la nipote Teresa ancora bambina, dovranno subire una causa fiscale intentata contro la loro famiglia per la limpieza de sangre.

Teresa nasce il 28 marzo 1515 da Alonso e Beatrice in una famiglia con dieci figli, nobile e benestante, ma in declino. Da bambina fugge verso le terre dei mori a dare la vita per Cristo. All’età di tredici anni Teresa perde la madre e le Epistole di San Gerolamo la orientano verso la vita religiosa. A vent’anni fugge da casa per ritirarsi nel convento dell’Incarnazione delle carmelitane di Avila dove trascorrerà circa vent’anni di vita conventuale con una regola molto mitigata. La sua natura gioviale ed elegante la spinge a intrattenere molteplici contatti mondani. All’età di ventitré anni, una malattia grave e misteriosa porta Teresa molto vicina alla morte. In questo periodo legge l’Abecedario spirituale del francescano spagnolo Francisco de Osuna. Dopo tre anni torna al monastero e passa dalle preghiere vocali alla meditazione interiore.

Nel 1554, a trentanove anni e dopo un periodo di profonda crisi, Teresa si “converte” di fronte all’immagine di un crocifisso piagato (Vita IX, 1) e cominciano in lei visioni, estasi e rivelazioni. Al proposito scrive: “Mi accadde allora che, entrando un giorno in oratorio, vidi una statua che era stata messa lì in attesa di una certa festa. Raffigurava un Cristo tutto coperto di piaghe ed era così commovente che, quando la vidi, mi turbai tutta quanta, perché rappresentava al vivo quant’egli patì per noi. Fui talmente addolorata per aver così mal corrisposto a quelle piaghe, che mi parve mi si spezzasse il cuore, sicché mi gettai ai suoi piedi versando un mare di lacrime. Gli dissi allora, se ben ricordo, che non mi sarei rialzata di lì finché non mi avesse accordato ciò che gli chiedevo. E senza dubbio fui esaudita, perché da quel giorno in poi feci grandi progressi nella preghiera. Il mio metodo d’orazione era d’immaginare Gesù Cristo dentro di me. Grazie ad esso a cominciai a fare orazione mentale prima ancora di sapere che cosa fosse” (Teresa d’Avila, Vita, Rizzoli, Milano 1998).

Mediante una lectio divina molto semplice Teresa si immedesima in personaggi biblici come Maria, la Maddalena, la Samaritana, Paolo e Giobbe. Tale preghiera le dona il senso della presenza di Dio al punto che scrive: “mi sentivo invadere d’improvviso da un senso vivo della divina presenza” (Vita X). San Pietro d’Alcantara conferma l’origine divina di tali mercedes (grazie mistiche). Quando l’Inquisizione proibisce i libri spirituali l’orazione mentale di Teresa si concentra sull’umanità di Cristo: ne sente la presenza e lo vede con l’intelletto (anche se non riesce a scorgerne il colore degli occhi). Per questo viene sospettata di tendenze eterodosse come gli alumbrados (illuminati) e i Fratelli del Libero Spirito.

Nel 1560, all’età di quarantacinque anni, Teresa comincia l’opera di riforma del Carmelo per cui si avvarrà della collaborazione di san Giovanni della Croce. Le carmelitane Scalze (diversamente dalle Calzate) intendono ritornare al primitivo e genuino spirito di solitudine, povertà, penitenza e vita contemplativa del Carmelo. Tali progetti incontrano forti ostacoli sia negli ambienti ecclesiastici che in quelli laici. Teresa sarà costretta a tornare come priora nel monastero non riformato dell’Incarnazione, contro il volere delle monache, e Giovanni della Croce conoscerà persino il carcere a Toledo. Dopo questi episodi Teresa girerà l’intera Spagna fondando monasteri riformati giungendo a fondarne ben trentadue.

Nel 1575 il capitolo generale dell’ordine carmelitano, svoltosi a Piacenza, impone a una Teresa ormai sessantenne di chiudersi nel monastero di Toledo e di rinunciare a nuove fondazioni.

L’intervento del re Filippo II indurrà il capitolo a costituire una provincia separata per gli Scalzi e a riconoscere la riforma. Gli ultimi anni di vita di Teresa sono caratterizzati da fitte relazioni epistolari, dalla direzione dei nuovi monasteri e dalla preoccupazione per le sorti dei suoi scritti finiti nelle mani dell’Inquisizione. Nel 1582, a sessantasette anni, Teresa muore durante un viaggio. E’ la fine di un’epoca: proprio in quell’anno il calendario gregoriano sostituisce quello giuliano. Paolo V la beatifica nel 1614, Gregorio XV la canonizza nel 1622 e Urbano VII la proclama patrona di Spagna nel 1627. Infine sarà Paolo VI a dichiararla, prima donna in assoluto. Dottore della chiesa nel 1970.

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