Gioco
Barth: “Comincio le mie giornate con l’ascolto di Mozart e la lettura dei giornali. La dogmatica viene dopo... Se dovessi mai giungere in paradiso, domanderei anzitutto di Mozart, e soltanto dopo cercherei Agostino e Tommaso, Lutero, Calvino e Schleiermacher... Sento in Mozart un’arte del gioco. Il bel gioco presuppone che si abbia una conoscenza infantile del centro - perché la si ha del principio e della fine - di tutte le cose. Sento che la musica di Mozart scaturisce da questo centro. Sento la limitazione che egli s’imponeva. Essa allieta, rianima, consola anche me”.
Von Balthasar: “Di fronte a tutta la musica di Beethoven noi sentiamo anche tutte le gocce di sudore che essa è costata ai suo inventore. Di fronte a quella di Bach noi percepiamo sempre l’imponenza ciclopica dei volumi e delle architetture. L’enorme opera di Mozart ci appare invece come già nata senza alcuno sforzo, messa al mondo come un figlio già perfetto, giunta alla sua maturità senza turbamenti. Ci domandiamo se non sia una sorta di intatto arcobaleno che viene dalla memoria del paradiso terrestre - prima che l’uomo soggiacesse alla maledizione di mangiare il proprio pane col sudore della fronte, dissodare con fatica il terreno e partorire nel dolore”.
Kung: “Mozart ha una rimarchevole, ma forse anche comprensibile predilezione, proprio nei tempi di più alta creatività, per gli scherzi infantili, per le sciocchezze di ogni genere, per le allitterazioni comiche e altre poesiole... In quasi nessuna delle sue opere la specificità musicale si può dedurre con sicurezza da un evento di vita contemporaneo. Le causalità autobiografiche qui non trovano riscontro... Il mistero di questa musica sta proprio in questo, che fa sentire sempre entrambe le cose contemporaneamente: la luce e le tenebre, la gioia e il dolore, la vita e la morte. Entrambe non però semplicemente accostate in modo neutro, o confuse ed equivalenti, ma la tenebra sempre di nuovo superata nella luce!”.
Von Balthasar: “Primo fra tutti Colui che si sapeva Figlio del Padre, ne aveva sempre presente il volto e ne portò a compimento il volere. Mozart vuole, creando e vivendo, essere suo discepolo. E servire rendendo percepibile il canto trionfale della creazione innocente e risorta: dove - così intendono il cielo i cristiani - dolore e colpa ci stanno di fronte non già come lontano ricordo, bensì come presente oltrepassato, perdonato, trasfigurato. Nessuno può dunque - e ciò sia detto a dispetto di Kierkegaard - misconoscere in Mozart il fluido di un eros dolce, infinitamente giovane, diffuso come un forte profumo inebriante: l’aspetto di Cherubino e, in veste più matura, l’elastica andatura del bianco eroe - Don Giovanni; così come (peso eccessivo del piacere) il suono di cuori infranti del Così fan tutte e le lunghe ombre fresche de II Flauto Magico. Non si trova tutto questo, ed esattamente così, nella stessa radice creativa del grande Regina Coeli (KV 276), nei due Vespri, nelle Litanie e nelle Messe, nelle quali Mozart non trovò affatto necessario nascondere la voce per assumere uno stile spirituale? E invero, che cosa deve essere trasfigurato se non la creazione stessa; e che cosa deve essere redento e venire a preghiera se non la natura, figlia di Dio?”.
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