domenica 13 giugno 2021

Il pensiero che ascolta di Maurice Bellet

 

Maurice Bellet (1923-2018) è stato un sacerdote francese. Teologo, laureato in filosofia con una tesi sulla “funzione critica nella certezza religiosa” discussa con Paul Ricoeur, psicanalista, acuto osservatore della sfera economica, è stato autore di una quarantina di titoli in francese, di cui circa la metà tradotti in italiano. Il filo rosso dei suoi scritti è il futuro dell’umanità a fronte del declino della cristianità. Bellet prova ad aprire al cristianesimo un orizzonte nuovo, lontano dai meccanismi arcaici di paura e colpa, oltre gli ostacoli del dogmatismo. La sua opera è quasi totalmente saggistica, ma non mancano un romanzo, un’autobiografia e dei libri-intervista. Il pensiero che ascolta. Come uscire dalla crisi (Paoline, Milano 2006) è uno di questi.

Per non sprofondare nel caos il mondo ha bisogno di ciò che Bellet definisce “la funzione maggiore”. Nel passato gli dei, Dio e la Ragione hanno assolto questo compito. Nel secolo scorso è toccato alle ideologie totalitarie, che hanno in realtà moltiplicato il caos. Oggi è il turno di ciò che chiamiamo “economia”, ovvero un cortocircuito tra mercato, desiderio del compratore, pubblicità, illusione di libertà. Biglietto d’ingresso: il denaro. Prezzo da pagare: la perdita di significato del lavoro in sé. Paradossalmente i modelli da imitare diventano quei “giovani quadri dinamici” che lavorano settanta ore a settimana ma non hanno tempo per occuparsi dei propri figli. Per gli eredi di tradizioni religiose, filosofiche e politiche aperte al futuro, l’unico futuro che resta è l’espansione economica. A nulla valgono il pessimismo elegante di chi accetta il mondo così com’è, la fuga dal mondo alla ricerca della saggezza, il metodo umanitario del “poco alla volta”. Bellet suggerisce di rifiutare il fatalismo economico, guardare a come in altre epoche si è usciti dalle situazioni di crisi, andare oltre la semplicistica antitesi tra conservatorismo/tradizione e progresso/rivoluzione.

Se il Vangelo è una parola detta alle persone così come sono, una certa cultura cristiana è diventata lingua morta. Se la fede cristiana sparisse, le persone crederebbero in qualcos’altro, perché credere è irresistibile. La credenza non va difesa dalla critica, perché la vera critica è ricerca della verità. Al centro del Vangelo c’è la crisi del Logos, della parola chiarificatrice. Il Vangelo è critica perché spinge a interrogarsi su ciò che è originario. Per chi non sa più a che punto è, si sente minacciato e ha paura, il Vangelo è una parola semplicissima: è bene per te essere vivo, puoi essere salvato. Il Vangelo mette al bando il moralismo, i sensi di colpa, l’eccellenza. Aiuta a trovare l’essere di luce nascosto, anche nella persona più antipatica e sgradevole. Il centro del Vangelo, tuttavia, non è di ordine etico; è una persona: Gesù Cristo. Quello che Bellet definisce il “ritmo cristico”, la manifestazione del Cristo all’umanità, può sfuggire ai cristiani. Del resto è proprio questo che è accaduto agli apostoli finché erano in vita. Vale per la Chiesa ciò che vale per la società: la fissazione sulla “societas perfecta” può generare la società più insopportabile.

Vale anche per la Chiesa ciò che vale per il corpo umano: una certa malattia può essere l’espressione di qualcosa che non è stato verbalizzato. Bellet ritiene che le questioni più dolorose per il cristianesimo oggi siano: il “Dio perverso” e l’universalità di Cristo. Pochissime persone pensano veramente che Dio ci ami. Chi lo credesse, ne sarebbe trasfigurato, cambierebbe il mondo. Quindi quasi nessuno lo crede. L’aggressività psichica è energia vitale, è desiderio di godere la vita, che può trasformarsi in violenza di fronte a degli ostacoli. Un’enorme resistenza alla vitalità viene dall’angoscia e dalla paura. Dio, tuttavia, ama come una madre, felice che suo figlio sia venuto al mondo, pronta ad accettarlo così com’è. Abbiamo ancora molto da scoprire su ciò che il Vangelo può significare per l’umanità. La verità universale di Cristo sfugge anche alla Chiesa, non sta nell’universalità di un discorso, ma nella particolarità della la relazione affettiva, nel luogo di rottura del muro di inimicizia.

La psicanalisi comincia da un malessere. Qualcuno ascolta ciò che il paziente soffocherebbe trasformandolo in disturbi. Anche la filosofia è un’interrogazione di sé. Condotta con metodo cartesiano è un condurre ordinatamente i pensieri, mentre la psicanalisi è lasciarsi condurre dai propri pensieri. Nel farlo è possibile che qualcosa cambi posto, anche se il paziente non se ne accorge. Durante l’analisi può emergere quel “luogo perduto” che corrisponde a ciò che offrivano le antiche vie di saggezza e di spiritualità. L’economia mondializzata è un grande dispositivo di rimozione. L’analisi consente un riadattamento all’esistenza, un “lasciar andare” che si ottiene toccando qualcosa che ha fatto di una persona ciò che è, riattraversando positivamente le crisi dell’infanzia.

Ciò che vale per una persona, vale per una società. Giudaismo, ellenismo e cristianesimo formano il “nucleo” dell’Occiente. Il cristianesimo è una prima rottura, la scienza moderna una seconda. Ogni rottura libera forze di grande fecondità, a cui può tuttavia far seguito una rimozione. Così avviene oggi con la perdita del significato simbolico del corpo, ridotto a puro oggetto, e con le scissioni tra fede e ragione, conscio e inconscio. L’anamnesi si può fare con l’eucaristia, con la storia, con l’arte, ma ciascuno di questi modi può divenire strumento di rimozione. Il punto fondamentale non è il Gesù storico, né le teorie teologiche, ma la nascita dell’umanità. Solo l’inaugurale per eccellenza può far passare dal “Dio perverso” al “Dio che ama”.

Le affermazioni dogmatiche sono incompatibili con il procedimento filosofico. Chi ha compiuto un lavoro con i pensatori ha attraversato uno spessore non comune. Tuttavia le questioni radicali di oggi si possono affrontare esclusivamente con il linguaggio filosofico tradizionale dell’Occidente? Inoltre l’economia globalizzata e Internet sono in grado di farsi carico di quelle grandi domande di senso che ogni persona si pone? La terribile scoperta odierna è che questo vuoto non è colmabile con “parole giuste”, che rendono sicuri di ciò che si dice. Quello che è possibile trovare oggi è un piccolo sentiero, senza deliri di fughe in avanti, né di chiusure o ritorni all’indietro. La psicanalisi ha avuto il merito di chiarire che la “follia” non è un fenomeno marginale, da cui i “normali” sono esclusi.

Bellet suggerisce perciò di ritornare ad abitare la presenza umana per l’umano, quella dello sguardo della madre sul figlio, del semplice disegno di un bambino, senza ridurre niente, vivendo tutto al massimo”. La tecno-scienza, un pensiero governato dalla vista e dal tatto, è un’occasione preziosa per ricordare che gli organi di senso sono in un certo modo organi spirituali. Esprimere il Vangelo nel linguaggio odierno, come fece Tommaso d’Aquino con Aristotele, significa allora esprimersi in modo “atetico”, esprimendo una verità che non si possiede, rinunciando ad avere ragione, “atematico”, senza oggetto, perché la posta in gioco è globale e radicale, “amodale”, che rinuncia alla discussione, proponendosi come un dono, così come hanno sempre saputo fare le grandi narrazioni dell’umanità.

Nessun commento:

Posta un commento

Giornata dell'ebraismo a Milano (16 gennaio 2025)

  Giornata per l'approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cristiani ed ebrei   Il giubileo biblico (Levitico/Va’iqrà 25)   ...