Nella Russia degli zar, in cui Elisaveta Pilenko nasce, tutto è maestoso: il paese si estende su due continenti (Europa e Asia), la Siberia è una pianura immensa (dai monti Urali all’estremo Oriente), il fiume Volga è il più lungo d’Europa, il lago Bajkal è il più profondo del mondo. Un impero grandioso come questo può essere retto solo da uno Zar (dal latino Caesar) che sappia tenere a bada i contadini con la minaccia dell’esilio in Siberia. Storicamente solo due eventi hanno rotto un tale l’equilibrio: l’antica invasione dei mongoli e la recente rivoluzione russa. Nel 1917, allo scoppio dell’insurrezione, Elisaveta vive tra Mosca, dove risiede, e una proprietà di famiglia affacciata sul mar Nero. La Grande guerra (1915-1918) ha condotto il paese alla fame. Lo zar Nicola II abdica e il partito bolscevico, guidato da Lenin, prende il potere e firma la pace con la Germania. Subito scoppia una guerra civile tra l’esercito dei Bianchi e l’Armata rossa. Una terribile carestia mette in ginocchio il paese e le chiese vengono saccheggiate.
La Chiesa russa aveva ottenuto l’indipendenza (autocefalia) da Costantinopoli nel 1589 e, qualche anno dopo, aveva eletto il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Il patriarcato era stato abolito nel 1721 da quel Pietro il Grande che aveva spostato la capitale a Pietroburgo e occidentalizzato la sua corte. Il Patriarca era stato sostituito da un Santo Sinodo controllato da un funzionario di Stato. Nel 1917 si riunisce a Mosca un concilio di vescovi, monaci e laici, che elegge il patriarca Tikhon ristabilendo così l’antico patriarcato. Il “Vaticano II russo”, inoltre, decreta l’elezione dei vescovi da parte di clero e laici, consente l’utilizzo del russo nelle liturgie, discute della riconciliazione con le altre chiese e del rinnovamento del monachesimo (cf Enrico Merini, Gli ortodossi L'oriente dell’occidente, il Mulino, Bologna 2002). L’anno successivo, a concilio ancora in corso, Lenin decreta la separazione della Chiesa dallo Stato. La maggioranza dei vescovi e dei preti rimane al proprio posto e subisce una tremenda persecuzione. Per i teologi l’alternativa è tra il gulag (Florènskij) e la fuga (Berdjàev e Bulgàkov).
Note biografiche
Elisaveta (detta Lisa) nasce a Riga (oggi capitale della Lettonia) l’8 dicembre del 1891 sotto lo zar Nicola II. È la prima figlia del giurista Jurij Dmitrievic Pilenko e dell’aristocratica Elena Bofisovna. Meno di due armi dopo nascerà il fratello Dmitrij (detto Mitja). Il nonno paterno è un generale cosacco ritiratosi dal servizio per coltivare i suoi vigneti ad Anapa, una proprietà affacciata sul mar Nero. Quando Lisa ha sei anni, il nonno muore, e tutta la famiglia si trasferisce ad Anapa. A quattordici anni muore improvvisamente anche il padre Jurij. La madre vende parte della proprietà e Lisa può così iscriversi al ginnasio e, in seguito, ai corsi femminili della facoltà di storia e filosofia.
A diciannove anni Lisa sposa inaspettatamente il giurista Dmitrij Kuz’min-Karavaev. Con lui comincia a frequentare l’ambiente letterario e attraverso il Cech poetov (la cooperativa dei poeti) pubblica la raccolta di poesie Schegge scite. Dimitrij e Lisa trascorrono la vita tra Mosca e Anapa. A ventidue anni Lisa diviene madre di Gajana. Quindi segue, come uditrice, alami corsi all’accademia teologica di Pietroburgo. Fa amicizia con il poeta simbolista Alexander Blok e pubblica la raccolta di poesie Rut. Nel frattempo il suo matrimonio si avvia al termine.
Nel 1917, allo scoppio della rivoluzione, Lisa è ad Anapa. Decide di regalare parte delle sue terre ai contadini e crea una scuola per i loro figli. A ventisei armi diventa Commissario per l'educazione e l'assistenza sanitaria. Il fratello Mitja muore combattendo per i Bianchi. Lisa diviene consigliere e poi sindaco di Anapa. Per la collaborazione con i bolscevici viene condannata a morte. Il suo giudice è un tale Skobcov, capo dei cosacchi del Kuban, che si innamora di lei. I due decidono di fuggire, si sposano e a Tiblisi (oggi in Georgia) nasce Jurij.
A trentadue anni Lisa diviene madre per la terza volta. Anastasia (detta Nastja) nasce a Belgrado, sulla via per Parigi. Giunti in Francia, Lisa aderisce al Movimento dei giovani studenti cristiani ortodossi all’estero e svolge l’attività pubblicistica, mentre Skobcov lavora come tassista. Negli anni in cui sorge l’Istituto San Sergio di teologia ortodossa, Lisa pubblica alcuni romanzi (tra cui La pianura russa), I ricordi di un sindaco e un saggio critico letterario. A soli tre anni Nastja muore di meningite e il matrimonio con Skobcov naufraga. Lisa diviene segretaria del Movimento e fonda, con il filosofo Nikolaj Berdjàev e il teologo Sergeij Bulgàkov, il gruppo Azione ortodossa che soccorre gli emigranti russi soli e alcolizzati in tutta la Francia. L’attività pubblicistica di Lisa continua con saggi su Dostoevskij, Chomjàkov, Sòlov’ev e sugli Jurodìvije (i folli in Cristo).
A quarantuno anni Lisa ottiene il divorzio da Skobcov e veste l’abito monacale. Prende il nome di Mat’ Marija da Maria l’Egiziana, che si ritirò nel deserto dopo una vita burrascosa. Da monaca, Lisa fonda a Parigi un pensionato per donne in difficoltà e una casa di riposo, inaugura una mensa che fornisce centoventi pasti caldi al giorno a prezzo economico, pubblica articoli sulla Geografia russa della Francia e ricordi dei suoi incontri con Blok. Quando Gajana, da poco trasferitasi a Mosca, muore in modo fulmineo, Marija scrive: “Sento che la morte di mia figlia mi obbliga a divenire una madre per tutti”. Le sue pubblicazioni proseguono con articoli sul monachesimo russo e contro le dottrine totalitarie. Marija comincia anche a dedicarsi con passione all'antico ricamo russo su tela, fatto senza disegno preliminare).
Quando i tedeschi occupano Parigi, i russi diventano nemici e vengono internati nei campi. Marija s'impegna nella resistenza, organizza l'assistenza agli ebrei e li nasconde nella sua casa. Mentre sono radunati nel Velodromo d’inverno, in attesa di essere caricati sui treni per l’est, Marija e i suoi compagni riescono a far fuggire alcuni bambini ebrei dentro i bidoni della spazzatura. Nel 1943, tradita da un collaborazionista baltico, Marija viene arrestata e rinchiusa nel campo di Fort Romainville. Incontra per l’ultima volta il figlio Jurij e il sacerdote Dmitrij Klèpinin a Compiègne. Infine viene deportata a Ravensbruck dove muore in una camera a gas il venerdì santo del 1945. Marija ha cinquantaquattro armi e una settimana dopo gli Alleati libereranno il campo (cf Laurence Varaut, Mat' Marija. Monaca russa fondatrice di Azione ortodossa e “giusta delle nazioni’’, San Paolo, Milano 2002).
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