venerdì 26 febbraio 2021

Antropologia biblica (4/7)


Per il filosofo greco Platone il corpo è una prigione, una tomba dell’anima. Scrive Thomas Spidlik (La spiritualità dell’Oriente cristiano, San Paolo): "I filosofi, a qualunque scuola appartengano, giungono in definitiva tutti alle stesse conclusioni: il corpo viene disprezzato come nemico dell’anima oppure diventa utile come schiavo; in ogni caso se ne fa l’uso che si crede, oppure lo si mette da parte". Per i platonici l’unione dell’anima a un corpo è una forma di caduta.

La dualità greca corpo/anima passa così dalla filosofia al cristianesimo, da Platone a Gregorio di Nazianzo. 

Ma nella Bibbia il corpo non è semplicemente un insieme di carne e d’ossa.

Il greco del Nuovo Testamento utilizza due parole distinte: sàrx (carne) e sòma (corpo); distinzione che acquista il suo pieno valore soltanto in un’interpretazione di fede. A differenza della carne peritura (cf Fil 3,19) che non può ereditare il regno di Dio (1 Cor 15,50), il corpo deve risuscitare come il Signore (6,14), è membro di Cristo (6,15), tempio dello Spirito Santo (6,19); l’uomo dunque deve glorificare Dio nel proprio corpo (6,20).

Nell’Antico Testamento carne e corpo vengono addirittura designati con un unico termine (basar).


martedì 23 febbraio 2021

Antropologia biblica (3/7)

Che ne è dell’uomo/donna? Qual è il suo destino dopo la morte? Immortalità dell’anima o resurrezione dei morti (Oscar Cullmann, Paideia)? Bibbia e filosofia greca non concordano. Scrive Thomas Spidlik (La spiritualità dell’Oriente cristiano, San Paolo): "La filosofia greca rappresenta l’uomo come un microcosmo, punto d’incontro dei due mondi, spirituale e materiale, e si propone di analizzarlo. La concezione sintetica della Bibbia è diversa: l’uomo si esprime tutto intero nei suoi diversi aspetti, è anima in quanto è animato dallo spirito di vita, la sua carne mostra che è una creatura peritura, lo spirito sta a indicare la sua apertura a Dio, il corpo infine lo rivela all’esterno. Nel corso della storia l’uomo si comporta poi ora da peccatore, ora da uomo nuovo, da uomo terrestre e da uomo celeste".

Sul destino dell’uomo ebraismo e cristianesimo non concordano. Scrive Gershom Scholem (Concetti fondamentali dell’ebraismo, Marietti): "In tutte le sue forme e costruzioni, l’ebraismo si è sempre attenuto a un concetto di redenzione come evento pubblico che si compie sulla scena della storia e nel cuore della comunità. Insomma, come evento che si produce essenzialmente nel mondo visibile. Al contrario, il cristianesimo concepisce la redenzione come evento che accade nell’ambito dello spirituale e dell’invisibile: come un accadimento che si produce nell’anima, nell’universo del singolo, inducendo una misteriosa trasformazione interiore".

giovedì 18 febbraio 2021

Antropologia biblica (2/7)

 

Per le Scritture ebraiche e cristiane l’umanità è un insieme di creature finite nel duplice senso di una limitazione spaziale e temporale: “perché sei polvere e polvere ritornerai” (Genesi 3,16-19). Da questa consapevolezza deriva l’umiltà cristiana. Thomas Spidlik (La spiritualità dell’Oriente cristiano. Manuale sistematico, San Paolo) fonda sui padri della chiesa (Giovanni Crisostomo, Evagrio, Giovanni Climaco) le sue affermazioni sull’umiltà come conoscenza di sé e dei limiti della propria natura umana. Una natura peccatrice cosciente della propria miseria: per ogni uomo la salvezza ha inizio con la condanna di se stesso. In rapporto al prossimo l’umiltà conduce a non rimproverare nessuno, non giudicare nessuno, non dominare su nessuno.

L’essere umano è tuttavia un soggetto sempre a rischio di divenire un oggetto. Platone lo definì un animale a due gambe senza piume. Diogene rispose spennando un gallo e portandolo all’accademia. La Mettrie lo definì una macchina in cui introduciamo quello che chiamiamo cibo e produciamo quello che chiamiamo pensiero. Scrive Abraham Joshua Heschel (Chi è l’uomo?, Rusconi): “Nella Germania prenazista veniva spesso citata la seguente enunciazione dell’uomo: il corpo umano contiene una quantità di grasso sufficiente per produrre sette pezzi di sapone, abbastanza ferro per produrre un chiodo di mezza grandezza, una quantità di fosforo sufficiente per allestire duemila capocchie di fiammiferi, abbastanza zolfo per liberarsi dalle proprie pulci”.

martedì 16 febbraio 2021

Antropologia biblica (1/7)

 

La Bibbia racconta che l’umanità è stata creata a immagine di Dio (Genesi 1,26-30). Dio non creò un singolo essere umano, ma una coppia, una coppia che può parlare con Dio. Paolo De Benedetti (Quale Dio? Una risposta dalla storia, Morcelliana) scrive che è l’uomo ad essere immagine di Dio e non viceversa: dobbiamo perciò parlare, anche a proposito dei miti linguistici, di teomorfismo (a immagine di Dio) e non di antropomorfismo (in forma umana). Oggi molti teologi cristiani affermano che non conosciamo Dio in se stesso, ma solo nel suo rapporto con noi, così che la teologia si occupa ugualmente dell’umano e del divino. Karl Barth ha affermato che la teologia sarebbe meglio definita come teoantropologia.

In effetti l’antropologia biblica (Salmo 8) è coincidenza di opposti (piccolo/grande, uomo/donna). Il nome di Dio (quanto è magnifico! vv. 2 e 10) include la bipolarità uomo/donna tra una domanda (che cosa è l’individuo o la collettività umana perché te ne curi? V. 5) e un’affermazione (eppure l’hai fatto poco meno di Dio! v. 6). Martin Buber (I racconti dei chassidim, Garzanti) narra che rabbi Bunam insegnava ai suoi scolari ad avere due tasche per poter mettere la mano nell’una o nell’altra secondo il bisogno: nella destra stanno le parole; per amor mio è stata creata la terra (Talmùd Sanhèdrin 37); nella sinistra: io sono terra (polvere) e cenere (Genesi 18,27).

"Zia" Silvia

  "Ti ricordi, Fabio, quando andavamo alle lezioni di Paolo De Benedetti alla facoltà teologica di Milano? Eravamo io, te, il salumiere...