Per il filosofo greco Platone il corpo è una prigione, una tomba dell’anima. Scrive Thomas Spidlik (La spiritualità dell’Oriente cristiano, San Paolo): "I filosofi, a qualunque scuola appartengano, giungono in definitiva tutti alle stesse conclusioni: il corpo viene disprezzato come nemico dell’anima oppure diventa utile come schiavo; in ogni caso se ne fa l’uso che si crede, oppure lo si mette da parte". Per i platonici l’unione dell’anima a un corpo è una forma di caduta.
La dualità greca corpo/anima passa così dalla filosofia al cristianesimo, da Platone a Gregorio di Nazianzo.
Ma nella Bibbia il corpo non è semplicemente un insieme di carne e d’ossa.
Il greco del Nuovo Testamento utilizza due parole distinte: sàrx (carne) e sòma (corpo); distinzione che acquista il suo pieno valore soltanto in un’interpretazione di fede. A differenza della carne peritura (cf Fil 3,19) che non può ereditare il regno di Dio (1 Cor 15,50), il corpo deve risuscitare come il Signore (6,14), è membro di Cristo (6,15), tempio dello Spirito Santo (6,19); l’uomo dunque deve glorificare Dio nel proprio corpo (6,20).
Nell’Antico Testamento carne e corpo vengono addirittura designati
con un unico termine (basar).
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