martedì 14 gennaio 2020

Un Paese per giovani?



Nel 2009 usciva un libro intitolato sull’Italia intitolato “Non è un Paese per giovani”. Gli autori scrivevano che ogni generazione è giovane in modo diverso dalle precedenti e invitavano gli adulti a fare spazio ai giovani. L’Italia infatti è uno dei Paesi avanzati con il più alto debito pubblico e con la popolazione più vecchia. Se i giovani non trovano lavoro, non formano una famiglia, non hanno figli e tutta la società si impoverisce. Purtroppo la politica italiana non ha investito sulla formazione, sul lavoro e sull’housing sociale (casa). Durante una crisi economica il welfare (investimento sociale) andrebbe aumentato e l’Italia l’ha diminuito. La politica non ha investito in ricerca e innovazione, contando sul fatto che i giovani trovano lavoro nelle piccole e medie imprese, con dei contratti dagli stipendi sempre più bassi. Sul mercato del lavoro ci sono molti Boomers (i nati durante il boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta) e così molti Neet (al di sotto dei 35 anni) non studiano più e non lavorano ancora. Ora solo pochi dei Boomers che vanno in pensione vengono rimpiazzati dai Millennials (giovani-adulti). Molti giovani con un alto titolo di studio devono accontentarsi di un lavoro di livello basso (overeducation) oppure vanno all’estero. Occorre una politica che torni a investire sulle persone, partendo dai giovani (la Generazione Zeta) che scendono in piazza per la salute del pianeta, perché un maggiore dinamismo economico (dei giovani) significa anche un welfare più sostenibile (per i vecchi).

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