martedì 11 maggio 2004

Libertà religiosa (2/3)

 

Nonostante la recente visita in Russia di monsignor Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, la relazione tra la chiesa ortodossa russa e quella cattolica rimane difficile. Alle accuse di proselitismo di Aleksij II, il patriarca di Mosca, replicano alcune voci cattoliche che lamentano la mancanza di libertà religiosa in Russia. Per comprendere meglio il clima in cui sono maturate queste difficoltà occorre ripercorrere la storia dall’evangelizzazione della Russia al presente. Il tentativo è di favorire reazioni non legate all’umore del momento o allo scandalo di notizie urlate e frammentarie, ma leggere quanto sta accadendo con sguardo più ampio e disteso.

Nell’anno 864 d.C. l’imperatore d’Oriente inviò Cirillo e Metodio a evangelizzare la Moravia. La Bibbia e l’officiatura di rito bizantino vennero tradotte in paleoslavo. Nel 988 il principe di Kiev scelse il cristianesimo come religione della Rus’ per la bellezza della liturgia e l’accessibilità della lingua. Nel 1589 la Chiesa russa ottenne l’indipendenza (autocefalia) da Costantinopoli. Nel 1593 il metropolita Giobbe venne eletto primo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Il patriarcato venne abolito nel 1721 da Pietro il Grande per essere sostituito dal Santo Sinodo guidato da un funzionario di Stato. Venne ristabilito solo nel 1917, dopo la Rivoluzione d’Ottobre, allorché un concilio di vescovi, monaci e laici, si riunì a Mosca ed elesse Tikhon come Patriarca. Il “Vaticano II russo” decretò l’elezione dei vescovi da patte di clero e laici, consentì l’utilizzo del russo nelle liturgie, affrontò questioni quali la riconciliazione con le altre chiese e il rinnovamento del monachesimo.

L’anno successivo, a concilio ancora in corso, Lenin decretò la separazione della Chiesa dallo Stato. Prima della rivoluzione la Chiesa ortodossa era il più grande proprietario di terreni e di immobili dopo lo Zar. I bolscevichi sequestrarono tutto: monasteri, chiese, scuole, palazzi, latifondi. I vertici della Chiesa russa si spaccarono sulle relazioni con il potere. La maggioranza dei vescovi e dei preti rimase in patria subendo una tremenda persecuzione. Un gruppo di vescovi accusò il patriarca di collusione con il potere e riparò a Costantinopoli. Nacque così la Chiesa ortodossa russa all’estero con sede a New York. Nel 1925, alla morte di Thikon, il metropolita Sergio si autoproclamò Patriarca e due anni dopo dichiarò lealtà al potere sovietico. La politica russa non mutò e dalla prima alla seconda guerra mondiale molte chiese furono chiuse e molti preti deportati e uccisi. L’alternativa per i teologi era tra il campo di concentramento (Florenskij) o la fuga (Berdjaev e Bulgàkov). Quando Hitler invase l’Urss il patriarca Sergio richiamò i russi alla difesa della patria. Nel 1946 la Chiesa greco-cattolica, definita spregiativamente uniate perché composta da ortodossi che nel frattempo si sono uniti a Roma mantenendo il rito orientale, fu messa fuori legge da Stalin.

Nel 1990, in un periodo di ricostruzione (perestrojka) e di trasparenza (glasnost) il presidente russo Gorbaciov fece approvare una legge per la libertà religiosa sul modello occidentale. Nello stesso anno il metropolita di Leningrado Aleksij II divenne l’attuale Patriarca di Mosca. In questo clima disteso cattolici e ortodossi firmarono in Libano una dichiarazione comune nota come Documento di Balamand che ripropose la terminologia di Chiese sorelle. Oltre a condannare l’uniatismo come metodo ecumenico, il documento del 1993 affermava che “la libertà religiosa sarebbe violata se, con il pretesto dell’aiuto finanziario, si attirassero a sé i fedeli dell’altra chiesa, ad esempio promettendo loro l’educazione e i vantaggi materiali che mancassero nella loro chiesa di appartenenza”. Nello stesso anno la Legge sulla libertà di coscienza e sulle associazioni religiose venne bloccata dal veto di Eltsin. Venne approvata dall’Assemblea federale solo nel 1997.

Il testo si basa sul fatto che la Federazione russa è uno stato laico, ma riconosce lo speciale ruolo dell’ortodossia nella storia della Russia, pur nel rispetto del cristianesimo, dell’islam, del buddhismo, dell’ebraismo e delle altre religioni, che costituiscono una parte ineliminabile del patrimonio storico dei popoli della Russia, L’ortodossia è qualificata come una parte imprescindibile dell’eredità storica, spirituale e culturale di tutta la Russia. Il cattolicesimo non è menzionato perché sottinteso. Il termine cristianesimo presuppone anche i cattolici e, nello stesso tempo, non offre alla Chiesa di Roma la menzione e uno status privilegiato. La definizione di confessione tradizionale ha una rilevanza pratica, non solo simbolica, perché soltanto le religioni che possono vantarla godono di completa libertà, autonomia e totali diritti nell’esercizio del loro culto. L’appellativo di russo può essere accordato solo a quelle associazioni religiose che esistevano sul piano legale nel 1947 sotto Stalin. L’alternativa è il riconoscimento come associazione locale attraverso un documento che confermi la loro esistenza sul territorio dai tempi di Brezhnev (circa vent’anni fa). In tal caso il gruppo dei fedeli formatosi in una certa regione del paese non può tuttavia svolgere la propria missione altrove.

Del resto le Comunità parrocchiali ortodosse in Italia sono associazioni che non godono né di un concordato né di un’intesa. Manca loro un unico punto di riferimento perché dipendono da giurisdizioni canoniche diverse. D’altro canto in Italia tali comunità svolgono la loro attività pastorale, liturgica ed ecumenica in piena libertà religiosa. Ma non è questo il punto. Nel 1997, qualche giorno prima dell’Assemblea ecumenica europea di Graz, era previsto un incontro tra papa Giovanni Paolo II e il patriarca Aleksij II, il primo nella storia delle due chiese. Una decina di giorni prima il Santo Sinodo annullò rincontro accusando la Segreteria di stato vaticana di aver apportato delle correzioni al comunicato finale precedentemente concordato. A Graz il patriarca russo Aleksij accusò il mondo cattolico di proselitismo. Perché? Spesso persone ed enti cristiani non ortodossi portano aiuti materiali in Russia in accordo con gli uniati e senza coinvolgere la Chiesa ortodossa locale. Questa non si è mai posta il problema di costruire scuole, ospedali o centri di assistenza, poiché in Russia questo compito è sempre stato svolto dallo stato. Esemplare è la storia di Sasha, un ragazzo di strada fuggito di casa da piccolo dopo aver lasciato la scuola a dodici anni, perché il padre era spesso ubriaco e lo prendeva a cinghiate. Sasha viveva, con altri sette fratelli e i genitori, in una povera casetta di legno (dacia) nei dintorni di San Pietroburgo. All’età di ventun anni trovò finalmente uno scopo di vita collaborando alle attività di un centro dell’Esercito della Salvezza, un’organizzazione cristiana britannica di stampo vittoriano. Quello di Sasha è un tipico caso di conversione nella Russia del dopo ’89: la fede tradizionale ortodossa viene “scambiata” per l’assistenza sociale e sanitaria.

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