lunedì 17 gennaio 2005

Giornata dell'ebraismo. 17 gennaio 2005. Gruppo Teshuvà. Diocesi di Milano

A partire dal 1990 la Conferenza episcopale italiana (CEI) indice ogni anno la Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, da celebrarsi il 17 gennaio come fondamentale prologo alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18 – 25 gennaio): non può infatti esserci riconciliazione tra le Chiese senza una comune coscienza ecclesiale che si sia riconciliata con la “radice santa”, che è all’origine di ogni tradizione cristiana e che continua a vivere nella tradizione ebraica.
La consapevolezza della portata ecumenica della giornata del 17 gennaio ha condotto le comunità ecclesiali, che aderiscono al Consiglio delle Chiese cristiane di Milano (CCCM), a condividere l’iniziativa promossa dalla CEI.
Pertanto dal 17 gennaio 2003 la Chiesa ambrosiana, che tramite l’ufficio perl’ecumenismo e il dialogo promuove in diocesi la Giornata dell’ebraismo, limitatamente alla Zona pastorale prima (Milano città) la promuove all’interno del CCCM, a cui essa aderisce insieme ad altre 16 Chiese di altra confessione.
“Scrutando il mistero della Chiesa questo Sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo”: così inizia il paragrafo n. 4 della dichiarazione conciliare Nostra Aetate sulle relazioni della Chiesa cattolica con le religioni non cristiane (1965). Il Concilio riconosce che non è possibile parlare della Chiesa, nella sua essenza di mistero di relazione con Dio, prescindendo da Israele, anch’esso mistero di relazione profonda con Dio e destinatario della sua Parola. Infatti Israele è nato come popolo proprio per scelta di Dio che, come dice la Bibbia, lo ha chiamato a essere suo popolo, sua proprietà particolare.
La celebrazione della Giornata è l’occasione per mettere a fuoco l’esigenza di vigilare sui nostri atteggiamenti e di purificare il linguaggio dagli stereotipi antiebraici che, spesso inconsapevolmente, continuano a caratterizzare la nostra lettura della Bibbia, la nostra predicazione e
catechesi, persino alcuni testi della liturgia. A questo riguardo segnaliamo un volume che raccoglie il lavoro di riflessione e aggiornamento fatto a Milano con il gruppo interconfessionale teshuvà e intitolato Secondo le Scritture.
Chiese cristiane e popolo di Dio, a cura di Gianfranco Bottoni e Luigi Nason,
EDB, Bologna 2002.

 Ogni anno il tema della Giornata varia: di seguito riportiamo i temi degli ultimi dieci anni.
1996 - A trent’anni dalla dichiarazione conciliare Nostra Aetate
1997 - L’esperienza del ritorno a Dio nel messaggio d’Israele
1998 - La Torà come tenerezza di Dio per l’umanità
1999 - L’anno giubilare nella Sacra Scrittura
2000 - Il Dio delle benedizioni nella Tradizione d’Israele
2001 - Abramo ebbe fede in Dio (Gen 15,5-6)
2002 - Noè camminava con Dio (Gen 6,9): l’universalismo ebraico
2003 - Mosè parlava con Dio e tutto il popolo fu testimone (cf Es 20,18)
2004 - Serviranno il Signore appoggiandosi spalla a spalla (cf Sof
3,9): ebrei e cristiani chiamati a testimoniare l’unico Dio
2005 – Amerai il prossimo tuo come te stesso... Amerai dunque il Signore
Dio tuo con tutto il cuore


IN CONCRETO COSA FARE?
Con i profeti e con lo stesso apostolo la Chiesa attende il giorno che solo Dio conosce in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e ‘lo serviranno appoggiandosi spalla a spalla’ (Concilio Vaticano II, Dichiarazione nostra Aetate n 4).
Confessiamo la nostra fede in Gesù Cristo l’ebreo, che in quanto messia di Israele è il salvatore del mondo e congiunge i popoli della terra con il popolo di Dio (Sinodo evangelico di Renania, 1980).
Con gli ebrei condividiamo “un ministero sacerdotale, una missione che può unirci senza confonderci, fino a quando verrà il Messia che invochiamo: Maranà tha” (Card. C.M. Martini).
Perché una giornata particolare dedicata ai rapporti con gli ebrei? Per conoscere il popolo ebraico e la sua tradizione vivente. Per riscoprire il legame che unisce tradizione ebraica e tradizione cristiana. Perché l’alleanza di Dio con il popolo di Israele non è mai stata revocata. Per far sì che l’atteggiamento dei cristiani nei riguardi degli ebrei sia improntato a rispetto e ad amore, come vuole il Vangelo, e non a invidia, rancore e addirittura disprezzo, come si è purtroppo verificato nel corso dei secoli.
La Giornata dell’ebraismo non è una giornata di preghiera “per” gli ebrei o “con” gli ebrei. Il documento vaticano Orientamenti e suggerimenti per l’applicazione di Nostra aetate n. 4 del 1974 dice al riguardo: “Praticamente è necessario che i cristiani cerchino di capire meglio le componenti fondamentali della tradizione religiosa ebraica e apprendano le caratteristiche essenziali con le quali gli ebrei si definiscono alla luce della loro attuale
realtà religiosa”. E’ dunque opportuno che le comunità parrocchiali promuovano occasioni concrete di riflessione sul vincolo particolare, anzi
unico, che lega la Chiesa e Israele e di incontro con la realtà viva e attuale del popolo ebraico. Ecco alcune iniziative opportune:
• studio dei documenti più importanti pubblicati dalla Santa Sede sull’ebraismo: Nostra aetate (n. 4), Orientamenti (sopra citato), Sussidi per una corretta presentazione di ebrei ed ebraismo nella catechesi e
nella predicazione della chiesa cattolica (1985), Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoà (1998);
• approfondimenti sulla storia del popolo d’Israele, la vita degli ebrei e l’ebraismo oggi, la spiritualità ebraica, la relazione tra Chiesa e Israele, la storia dell’antisemitismo e la Shoà, ecc.
• visite ai luoghi ebraici tradizionali e incontri con ebrei, con possibilità di lettura di qualche testo biblico, in ascolto di una lettura ebraica della Scrittura;
• conoscenza degli organismi che promuovono in Diocesi la conoscenza cristiana dell’ebraismo e il dialogo cristiano-ebraico.
Il senso e il tema della Giornata dell’ebraismo siano comunque illustrati nelle omelie delle Messe della domenica precedente, 16 gennaio, come richiesto dal nostro 47° Sinodo diocesano (cfr cost. 308, § 4), e nelle liturgie del giorno 17 gennaio o di qualche altra opportunità pastorale. Il sussidio e il materiale che segue sono utili a tale scopo.

 “AMERAI DUNQUE IL SIGNORE DIO TUO CON TUTTO IL TUO CUORE... AMERAI IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO”
Introduzione al tema della Giornata del 2005
a cura della Conferenza Episcopale Italiana

In questo momento storico segnato dall’odio, striato di sangue e lacerato dalle divisioni, Ebrei e Cristiani trovano nella Parola di Dio una comune
fonte di ispirazione. Scrive il Deuteronomio:  “Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore. Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua forza” (6, 4-5). E il Levitico aggiunge: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (19,18). Gesù, allo scriba che lo interroga sul “primo di tutti i comandamenti” risponde intrecciando questi due passi e conclude ricordando che “non c’è altro comandamento più importante” (Mc 12,29-31). La voce di Mosè e quella di Cristo parlano all’unisono riconoscendo che l’amore è l’anima profonda della Legge.
Il Signore nostro Dio si presenta come il Dio del hesed, ossia della fedeltà amorosa, espressa attraverso le sue azioni cosmiche e storiche, cantate dal “grande Hallel ”, il Salmo 136 (135), scandito appunto dall’antifona: “Eterno è il suo hesed ”, il suo amore misericordioso. Egli è un Dio che “ama tutte le realtà che esistono e nulla disprezza di quanto ha creato… Egli risparmia tutte le realtà perché tutte le cose sono sue, egli che è il Signore amante della vita” (Sap 11,24-26). Non per nulla nelle pagine sacre il suo volto rivela tutti i lineamenti dell’amore, da quello nuziale a quello paterno e materno fino al profilo amicale.
La sua è un’epifania d’amore. Egli si china su Israele suo popolo dicendogli: “Ti ho amato di amore eterno, per questo ti conservo il mio hesed ”, il mio amore fedele (Ger 31,3). Egli, però, si rivolge anche al singolo fedele per offrirgli la sua bontà, il suo sostegno e il suo perdono: “Tu sei buono, Signore, e perdoni, sei pieno di amore (hesed) per chi ti invoca” (Sal 86/85,5). La sua attenzione speciale è rivolta agli ultimi della terra dei quali egli è per eccellenza il difensore e il tutore amoroso: “Padre degli orfani e difensore delle vedove è Dio” (Sal 68/67,6). Il manto luminoso del suo amore si stende su tutta l’umanità: “Ti benedirà il Signore delle schiere celesti: Benedetto sia l’Egiziano mio popolo, l’Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità” (Is 19,25). E tutte le generazioni, che pure conoscono la sua giustizia, sono avvolte dal suo generoso e infinito amore: “Egli conserva il suo favore per mille generazioni, perdonando la colpa, la trasgressione e il peccato” (Es 34,7).
Il cristianesimo raccoglie questo messaggio della Prima Alleanza e ne fa quasi il suo vessillo coniando quella straordinaria definizione: “Dio è amore” (1Gv 4,8-16) e chiamandolo il “Dio dell’amore” (2Cor 13,11). La stessa figura di Gesù, che “Passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo” (At 10,38) e che è “l’amato” per eccellenza (Mc 1,11; 5,7), ha come sua missione primaria quella di rivelare l’amore del Padre: “Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo figlio unigenito” (Gv 3,16). Sant’Ambrogio in modo folgorante dichiarerà che “caritas Dei Verbum est”, il Verbo è l’amore di Dio (Expositio in Psalmum CXVIII, 15,39).
A questo amore divino celebrato dalla Bibbia, amore che non ignora la giustizia come segno della verità dell’amore, deve corrispondere la risposta umana, lapidariamente espressa in quel “primo e più importante comandamento”. “Se Dio ci ha amati, anche noi dobbiamo amarci… Se ci amiamo, Dio dimora in noi e il suo amore è perfetto in noi” (1Gv 4,11-12).
Ecco, allora, le due dimensioni del comandamento principe che Gesù ha desunto dalla Torah. C’è innanzitutto l’impegno di amare Dio “con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Dt 6,5), espressione di un’adesione non meramente devozionale ma esistenziale, scegliendo le vie del Signore, “i sentieri della giustizia, le strade degli amici del Signore” (Pr 2,8). “Ti amo, Signore, mia forza” (Sal 18/17,2) è, quindi, la comune professione d’amore dell’ebreo e del cristiano ed è nella rilettura mistica del Cantico dei Cantici che essi trovano la parabola ideale della loro relazione di intimità col Signore.
L’amore poi si deve orientare verso i fratelli: “Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio ama anche il suo fratello” (1Gv 4,21). Le celebri “antitesi” del Discorso della Montagna (Mt 5,21-48), pur indicando l’originalità del messaggio cristiano, non vogliono mettere in opposizione la Torah e il Vangelo; anzi, vogliono riscoprire l’anima radicale e profonda della Torah, la potenzialità che essa contiene, l’assolutezza dell’amore che ad essa è sottesa. Si ha, così, per Ebrei e Cristiani l’esercizio dell’amore fraterno in tutte le sue sfumature di giustizia, misericordia, benevolenza, generosità, amicizia, solidarietà, rispetto della dignità umana. Significativi sono gli
esempi di Giuseppe generoso con i suoi fratelli, di David verso il figlio ribelle Assalonne (2Sam 19,1.7), delle premure per l’asino del nemico (Es
23,4-5), del rispetto dei diritti dello straniero: “Il forestiero dimorante tra di voi lo tratterete come colui che è nato fra di voi; tu l’amerai come te stesso” (Lv 19,34).
Una generosità che privilegia i diversi e i miseri, come ammonisce la Legge: “Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri nel paese d’Egitto. Non maltratterai la vedova e l’orfano. Se tu li maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io ascolterò il suo grido” (Es 22,20-22). Una generosità che Gesù tratteggerà in modo intenso nella sua rappresentazione del giudizio divino che verterà appunto sull’amore per gli affamati, gli assetati, i forestieri, i nudi, i malati, i carcerati” (Mt 25,31-46). Nella tradizione giudaica c’è questo mirabile detto dei Padri di Israele: “Simone il Giusto era solito dire: Il mondo si fonda su tre cose: la Torah, il culto e gli atti di misericordia” (Abôt 1,2).
Sulla scia della dichiarazione congiunta del Comitato Internazionale di Collegamento Cattolico-Ebraico, emessa al termine della sua XVIII sessione plenaria a Buenos Aires l’8 luglio 2004 e intitolata Tzedeq e Tzedaqah – Giustizia e Carità, anche la Chiesa Italiana nella Giornata di riflessione sui
rapporti tra ebraismo e cristianesimo riafferma che “Gli Ebrei e i Cristiani hanno lo stesso dovere di lavorare per la giustizia con carità, arrivando così
alla pace (Shalom) per tutta l’umanità. Fedeli alle nostre rispettive tradizioni religiose, vediamo questo impegno comune nei confronti della giustizia e della carità come la cooperazione dell’uomo con il piano divino per costruire un mondo migliore”.


GIUSEPPE LARAS
Rabbino Capo di Milano

 

VINCENZO PAGLIA
Vescovo di Terni-Narni-Amelia e
Presidente della Commissione Episcopale
per l’ecumenismo e il dialogo della CEI

Nessun commento:

Posta un commento

Il discorso della montagna (Matteo 5) di Gesù di Nazaret

  LE BEATITUDINI (PREMESSA ALLE SUPERTESI) Il rotolo di Qumran 4Q525 2 II, 1-6 ha 9 beatitudini, di cui solo le ultime 5 sono conserva...