Una donna sposata può avere rapporti esclusivamente con il marito
L’adulterio, se dimostrato con testimonianze, comporta una condanna capitale per la donna e l’adultero
Se c’è ammissione di colpa, senza testimonianze, la donna perde i diritti della ketubbà (contratto)
Se c’è un sospetto e la donna nega si attiva una procedura particolare
La donna viene condotta al Santuario e sottoposta alla prova delle “acque amare”
Bere acqua in cui è stato sciolto l’inchiostro di una pergamena con quel capitolo della Torà
Se la donna è colpevole, morirà; se è innocente, avrà dei figli
Se arriva la punizione, questa colpisce automaticamente anche l’adultero, ovunque si trovi
Il trattato talmudico Sotà significa “deviante”, “infedele”, nell’ottocento verdiano “traviata”
In una società basata sul dominio maschile la procedura espone pesantemente la donna
Scopo è l’accertamento della verità e il “mettere pace tra marito e moglie”
Nell’ebraismo non è cambiata la difesa della fedeltà coniugale e il divieto di adulterio
Ai tempi della Mishnà la procedura era inapplicabile: non c’era il Santuario e l’infedeltà maschile dilagava
La procedura non poteva funzionare se il marito fosse stato infedele alla moglie
Non più quindi un rapporto di dominanza ma di reciprocità
L’uomo sposato poteva avere rapporti con un’altra donna sposata da lui
Verso l’anno mille la poligamia venne proibita
La discussione rabbinica avviene anche per molte norme non più applicabili
Compito dei rabbini fu limitare gli attacchi di gelosia
Se la donna ha dei meriti, questi possono attutire o rinviare l’impatto della punizione?
E se i meriti sono tali da bloccare la sanzione?
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