“Ora si è fatto tardi. Dopotutto è così bello l’inverno! Questa luce mi si addice e credo anche che quando arriverà la bella stagione la mia morte sarà sembrata una menzogna. Come sono impaziente di sapere dove si riuniscono le ombre”. Ramzan è un ventenne ceceno che chiude così il suo diario scritto in un campo di rifugiati. Dopo aver assistito alla decimazione della sua famiglia, alla distrazione del suo paese, alla scomparsa di molte persone che conosceva, dopo aver a sua volta subito violenze inenarrabili, Ramzan assicura la foga e la sopravvivenza di alcuni cari e mette in atto il suo proposito da kamikaze. Il linguaggio di Ramzan è rarefatto, a tratti ermetico, perché la violenza dei soldati russi non si può racchiudere nelle parole, spinge a desiderare l’inverno, la morte, le ombre: morire per riunirsi alle ombre dei propri cari e affinché la stagione che segue sia la prima vera età degna di essere vissuta.
In realtà Ramzan è un personaggio letterario, seppur ispirato da giovani realmente viventi o vissuti, che consente al lettore di cogliere la complessità dell’occupazione russa della Cecenia e della guerra civile tra resistenti e collaborazionisti. Gli autori lo fanno chiaramente intendere nei racconti del loro arrivo al “campo di filtrazione” dei rifugiati ceceni in Inguscezia, piccola regione ricca di gas e petrolio come l’intero Caucaso, e della loro successiva partenza.
Philipp Bohelay e Olivier Daubard sono entrambi francesi poco più che quarantenni. Il primo è scenografo, il secondo fotografo, e hanno in comune la passione per le realtà sociali. Il libro offre anche una quindicina di fotografie in bianco e nero, alcune di formato ragguardevole (27 x 22 cm), che accompagnano la narrazione.
“Cosa diventeranno questi giovani soldati russi quando, smobilitati, torneranno a casa dopo aver familiarizzato con il crimine?”. Alla stazione di Mosca il primo incontro dei due autori è con un pope in trasferta per ragioni ecclesiastiche. Gli mostrano un catechismo ortodosso e lui offre loro un calendario della famiglia imperiale di recente canonizzata. Parlano della Cecenia. “Il diavolo, secondo lui, agiva nel mondo tanto sicuramente quanto Dio, e la Russia non era altro che il povero teatro della loro lotta infinita. Il male non esiste realmente, ci dirà tuttavia, non è altro che un movimento, un’energia che conduce verso il nulla, una certa malattia dell’esistenza”. Tutto qui quello che ha dire un presbitero russo sulla questione? Tutto qui.
D’altro canto Ramzan è innamorato di Rosa che ha conosciuto nel campo. Sono entrambi musulmani e le loro conversazioni riguardano ogni giorno di più il nuovo imam del campo islamico vicino. A Rosa non piace e non vuole che Ramzan vada a trovarlo. Rosa ritiene che gli wahhabiti, una corrente sunnita molto rigorosa nell’osservanza e diffusa in Arabia Saudita e nel Qatar, siano manipolati da Mosca. “Propone dei pellegrinaggi alla Mecca! Ma chi li paga? Lui? Questa gente gode di privilegi che noi non abbiamo!”.
“Lettera alla Cecenia” è il primo libro pubblicato dalla casa editrice LibriBianchi di Milano. Il secondo, “Le lezioni di Selma”, narra la storia di una donna ebrea, sposata a un musulmano, che durante l’occupazione di Sarajevo si ritrova suo malgrado a vivere un rapporto intenso e allucinato con un capitano dell’esercito serbo, quindi, con il nemico. La casa editrice dà parola “a chi ha vissuto esperienze di esilio, di solitudine, di guerra, e che finora non aveva avuto occasione di farsi ascoltare... Desideriamo libri aperti sull'altro e sul lontano”.
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