Il tema della pace
La pace è una qualità messianica (Lc 1,79; 2,14). Gesù è il principe della pace (Mt 10,34). Gesù è la nostra pace (Ef 2,14). Nella comunione con Cristo raggiungiamo la pace (IPt 5,14; Fil 4,7). “Amate i vostri nemici” (Mt 5,43; Le 6,27), è l’esortazione di Gesù, perché siamo tutti figli dell’unico Padre, che fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni. “Porgete l’altra guancia” (Mt 5,38), andando oltre la giustizia distributiva (occhio per occhio, dente per dente), che, quando venne istituita, era già una chiara limitazione della violenza. Per l’apostolo Paolo Gesù “sbriciola il muro tra giudei e gentili” (Efesini 2,15), cioè tra noi e gli altri, qualunque cosa significhi quel “noi”. Mediante la croce di Cristo “vicini e lontani accedono all’unico Padre” (Ef 2,18). Eppure, alcuni secoli più tardi, Agostino e Ambrogio dibattono di “guerra giusta” contro le ingiustizie del nemico. E nell’etica secondo Tommaso il difendersi implica vita mea (voluta) e mors tua (non voluta).
Il dialogo interreligioso e i fondamentalismi nascono entrambi alla fine dell’800 come reazione alla cultura moderna. L’essenza della modernità sta nella ragione e nel soggettivismo etico, secondo il quale non esiste il male assoluto, dato che ciò che è male per me può non esserlo per te.
Da questo punto di vista i fondamentalisti mostrano di avere le idee assolutamente chiare: i peccatori sono gli altri e noi dobbiamo infliggere loro la giusta punizione in nome di dio. Se per il soggettivismo moderno il male è relativo, per le religioni il male esiste, eccome, e va preso sul serio.
Il Padre nostro, la preghiera di Gesù e per eccellenza quella del cristiano, termina con la parola “male”. Dobbiamo vivere ciascuno la propria religione con criticità, senza mai dimenticare che, come ci insegna l’antropologia del tremendum et fascinosum, ogni religione è affascinante, ma può anche essere tremenda.
Oggi le religioni dialogano tra loro per giungere a un’etica comune. Ma le religioni sono più che un’etica e quel “di più” è la parte meno facile da gestire. L’incontro interreligioso di Assisi 1986 si è svolto all’insegna dello slogan “insieme per pregare” e non pregare insieme”. Pur pregando tutti nello stesso luogo e, al limite, nello stesso momento, ciascuno l’ha fatto nella propria lingua, sacra o meno, e con le proprie formule.
Sacks indica nella “dignità della differenza” una possibile via d’uscita. Propone sei “c”: controllo come assunzione di responsabilità personale, contributo alla dimensione morale dell’economia, compassione come impegno dei paesi ricchi in favore dei poveri, creatività nell’investimento sull’educazione delle nuove generazioni, cooperazione della società civile all’instaurazione di relazioni pattuali da affiancare alle logiche di competitività, conservazione come dovere nei confronti della natura e delle generazioni future. La strada tracciata da questi sei atteggiamenti conduce a una settima “c”: la conciliazione nel mondo.
Oggi gli stati nazionali sono impegnati nella creazione di una forma di governo mondiale. Si pensi al dibattito sulla riforma dell’Onu. Il contratto da redigere comporta il sacrificio di una parte delle sovranità nazionali. Sacks suggerisce un compito alternativo nella stipulazione di un patto globale: I patti sono più fondanti dei contratti... L’antico Israele diede inizio al proprio contratto sociale quando, su richiesta del popolo, Samuele consacrò re Saul... Esso aveva ricevuto il suo patto sociale parecchi secoli prima, con la rivelazione del monte Sinai... I patti sono un inizio, un atto di impegno morale... Ciò di cui oggi abbiamo bisogno non è un contratto che porti in essere una struttura politica globale, ma piuttosto un patto che inquadri la nostra visione condivisa del futuro dell’umanità”.
Appendice
Per ebrei, cristiani e musulmani l’ascolto della Parola riveste un ruolo di primo piano nella preghiera. Il silenzio che immette nella relazione con Dio è uno spazio interiore di accoglienza della sua volontà. La tradizione ebraica legge cosi l’apertura del Salmo 65: “per te il silenzio è lode o Dio, in Sion” (v 2).
L’ascolto e la meditazione conducono alla lode. Momento topico di lode è l’azione di cibarsi: per ebrei e musulmani è usuale pregare al momento dei pasti. Anche il cristianesimo pone il ringraziamento (eucharistìa) al centro della vita comunitaria.
Nella preghiera di invocazione l’orante può far entrare anche gli altri. Il movimento dell’intercessione porta il credente a fare un passo tra l’uomo e Dio. “Vedi come ardisco parlare al mio Signore?” (Genesi 18,27) è l’atteggiamento di Abramo che i suoi figli possono far proprio intercedendo gli uni per gli altri.
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