La “zona grigia”
Levi ne I sommersi e i salvati tratta della collaborazione nel lager: “L’area del potere, quanto più è ristretta, tanto più ha bisogno di ausiliari esterni... forza d’ordine... Entro quest’area vanno catalogati... Quisling di Norvegia, il governo di Vichy in Francia, il Judenrat di Varsavia, la Repubblica di Salò, fino ai mercenari ucraini e baltici... e ai Sonderkommandos (ebrei)”. Costoro sono considerati dai nazisti “infidi per essenza: hanno tradito una volta e possono tradire ancora... il modo migliore di legarli è caricarli di colpe, insanguinarli, comprometterli quanto più è possibile”, il vincolo della correità renderà loro impossibile tornare indietro. Levi spiega così mafia e terrorismo italiano degli anni ’70. Diventavano Kapo’ “coloro in cui il comandante del Lager o si suoi delegati (spesso buoni psicologi) intravedevano la potenzialità del collaboratore” Erano detenuti, politici moralmente debilitati, ebrei in fuga dalla soluzione finale, ma anche sadici ossequiosi all’autorità gerarchica, frustrati in cerca di una promozione sociale, oppressi contagiati dagli oppressori. Levi ricorda un incontro di calcio tra SS e SK: la possibilità di giocare con i primi sanciva la discesa agli inferi dei secondi. Levi parla di attenuanti e invita a non emettere giudizi: “un ordine infero esercita uno spaventoso potere di corruzione, da cui è difficile guardarsi. Degrada le sue vittime e la fa simili a se... Per resistergli, ci vuole una ben solida ossatura morale”.
Così si sviluppa quel triste fenomeno che Primo Levi ha efficacemente descritto mediante l'espressione "la zona grigia": “La realtà dei campi di concentramento è sempre stata complessa e, per tanti aspetti, contraddittoria; eppure, mentre le tinte nei Lager dei primi anni del nazionalsocialismo sono relativamente decise, nette, sicché il mondo degli aguzzini e quello di chi subisce le loro angherie sono distinguibili in tutta la loro evidenza, nei campi degli ultimi anni della guerra tale chiara distinzione è andata perduta. Tra i detenuti non vi è più solidarietà, ma solo concorrenza; pertanto, i due mondi dei carnefici e delle vittime si mescolano e si confondono, nel senso che - come si è detto - vari prigionieri accettarono di rivestire il duplice e ambiguo ruolo di vittime (in quanto detenuti) e di aguzzini (in quanto collaboratori dei nazisti)”.
Le “cento piccole cose”
Nel 1986, un anno prima di togliersi la vita. Primo Levi ha scritto nella poesia Il superstite:
“Dopo di allora, ad ora incerta
quella pena ritorna,
e se non trova chi lo ascolti
gli brucia in petto il cuore”.
La lirica termina così:
“Non è mia colpa se vivo e respiro e mangio e bevo e dormo e vesto panni”.
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