giovedì 13 maggio 2021

Edith Stein tra ebraismo e cristianesimo (2/4)


L’aspirazione al Carmelo viene frenata dalle guide spirituali, il vicario generale di Spira e il gesuita Erich Przywara, che chiedono a Edith di mettere la sua scienza al servizio di Dio. Dal 1923 al 1929 insegna tedesco e storia al liceo e all’istituto magistrale domenicano della Maddalena di Spira. L’arciabate Raphael Walzer dei domenicani di Beuron alle sorgenti del Danubio, dove Edith trascorre la Pasqua e le altre feste liturgiche, la convince a viaggiare per tenere conferenze sul genio femminile (cf La donna. Il suo compito secondo la natura e la grazia, Città nuova, Roma 1968). Edith diviene sostenitrice della parità uomo/donna anche nella chiesa e ribadisce che non esiste alcun vincolo dogmatico al sacerdozio femminile. Quando Przywara la incoraggia a proseguire la ricerca scientifica, traduce le lettere e i diari del periodo precattolico di Newman, oltre alle Questiones disputatae de ventate di Tommaso d’Aquino. In questi anni Edith legge gli scritti di Giovanni della Croce e decide di fare privatamente voto di povertà, castità e obbedienza. Scrive: “Dio è più intimo del mio intimo e incontenibile in un nome” (cit. in Teresia...). Riecheggia qui l’impronunciabilità ebraica del nome di Dio (JHWH).

Nel 1930, per la prima volta dopo la sua scelta, Edith incontra Husserl e discute con lui senza convincerlo. In una lettera a una suora scrive: “Dopo ogni incontro, in cui avverto sempre più l’impotenza dell’azione diretta, si acuisce in me un desiderio urgente di essere holocaustum” (La scelta di Dio. Lettere dal 1917 al 1942, Mondadori, Milano 1997). Parole da accostare a quelle dell’apostolo Paolo: “Ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema (maledizione), separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen” (Romani 9,2-5).

A quarant’anni Edith termina l’insegnamento a Spira e getta le basi di un saggio fenomenologico sui concetti tomisti di atto e potenza. Lo terminerà nel Carmelo di Colonia e verrà pubblicato solo dopo la sua morte (cf Essere finito e essere eterno. Per una elevazione al senso dell’essere, Città nuova, Roma 1988). L’anno successivo ottiene una cattedra presso l’Istituto cattolico di Pedagogia scientifica di Munster e può sviluppare la propria antropologia (cf La vita come totalità. Scritti sull’educazione religiosa, Città nuova, Roma 1994; Natura persona mistica. Per una ricerca cristiana della verità, Città nuova, Roma 1997; Psicologia e scienze dello spirito, contributi per una fondazione filosofica, Città nuova, Roma 1996). Hans Lipps resta vedovo con due figli piccoli e le chiede invano di unirsi a lui.

Nel 1933 la salita al potere di Hitler fa scendere la notte sulla Germania. Con la legge sulla stirpe ariana il partito nazionalsocialista tedesco vieta l’insegnamento agli ebrei. Edith scrive: “Avevo già sentito dire di severe misure prese contro gli ebrei... ebbi l’intuizione che Dio aggravava di nuovo la mano sul suo popolo e che il destino di questo popolo era anche il mio” (Come giunsi al Carmelo di Colonia, Morcelliana, Brescia 1952). Dopo essersi rifiutata di emigrare come docente in Sudamerica, la quarantaduenne scrive al papa chiedendo un’udienza e un’enciclica. L’arciabate Walzer le concede di entrare in convento nel Carmelo di Colonia. L’ultimo giorno Edith lo trascorre a Breslavia in compagnia della madre. Accompagnandola in sinagoga per Succot (festa dei tabernacoli o capanne) le racconta tutto e la madre, ottantaquattrenne, replica: “Non voglio dire niente contro di lui (Gesù). Sarà anche stato un uomo buono. Ma perché si fatto Dio?” (Come...). Quando sale sul treno per Colonia la assale la tristezza: “Ma l’anima si trovava in una pace perfetta: nel porto della volontà di Dio” (Come...).

Dalla vestizione, avvenuta nel 1934, il nome di Edith è Teresia Benedicta a Cruce (Teresa Benedetta della Croce) con riferimento a Teresa d’Avila e a san Benedetto. La solitudine e i sacrifici del Carmelo non sono paragonabili a quelli sofferti nel mondo e qui Edith può trovare letizia e pace per rinfrancarsi. A quarantaquattro anni Edith pronuncia ufficialmente i voti semplici di obbedienza, castità, povertà secondo la regola dei carmelitani scalzi. Il 1936 è segnato dal rinnovo dei voti, dalla morte della madre Augusta e dal battesimo della sorella Rosa. In una lettera a una suora scrive: “Mia madre è rimasta fino all’ultimo fedele alla sua fede... sono convinta che abbia trovato un giudice molto generoso e che ora aiuterà anche me ad arrivare alla meta” (La scelta...). L’arciabate Walzer, dopo aver affermato che “il nazismo è nemico di Cristo e di Dio”, è costretto alla fuga dalla Germania.

Edith pronuncia i voti perpetui nel 1938 e il velo nero sostituisce il bianco. Husserl muore affermando che “Dio è buono ma incomprensibile” e la sua allieva quarantassettenne, in una lettera a una giovane suora, scrive che anche al di fuori della chiesa visibile “chi cerca la verità cerca Dio” (La scelta...). Alle elezioni le viene proibito di votare perché non ariana e la notte fugge al Carmelo di Echt in Olanda. L’anno successivo scoppia la seconda guerra mondiale ed Edith scrive il suo testamento spirituale e apre così la sua autobiografia: “(I giovani) oggi vengono educati nell’odio razziale fin dalla prima infanzia. Nei loro confronti, noi, che siamo cresciuti nell’ebraismo, abbiamo il dovere di rendere testimonianza” (Storia...).

Nel 1940 Hitler occupa la neutrale Olanda e la sorella Rosa la raggiunge. Edith è di un’umiltà esemplare e per molto tempo le consorelle non si rendono conto della sua cultura. In un saggio di teologia della croce scrive: “bisogna fare tutto il possibile per evitare la sofferenza: ciò che rimane è la croce” (“Scientia Crucis". Studio su S. Giovanni della Croce, OCD, Roma 1996). Nel 1942 Edith e Rosa vengono convocate a Maastricht e marchiate con la stella gialla. Cercano rifugio presso il Carmelo di Friburgo ma i documenti per l’espatrio non giungono in tempo. I vescovi cattolici dei Paesi Bassi scrivono una lettera pastorale di denuncia delle deportazioni naziste degli ebrei. Le SS fanno irruzione nel Carmelo di Echt e concedono alle sorelle cinque minuti per raccogliere le loro cose. Sembra che Edith abbia detto a Rosa: “vieni, andiamo per il nostro popolo” (cit. in Teresia...). Nel campo di raccolta di Westerbork, in Olanda, Edith si occupa dei bambini delle madri disperate. Il 7 agosto un carico di un migliaio di ebrei parte alla volta di Auschwitz. Due giorni dopo la cinquantunenne Edith e la sorella Rosa muoiono in una camera a gas.

Nel 1962 l’arcivescovo di Colonia introduce la causa di beatificazione di Edith. Nel 1987 è beatificata a Colonia e nel 1998 canonizzata a Roma. Nel 1999 il papa Giovanni Paolo II la proclama patrona d’Europa con Caterina da Siena e Brigida di Svezia.

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