La spiritualità cristiana di Edith Stein ha radici profonde nella fede ebraica. Questa donna ebrea ha saputo abitare con coraggio gli spazi di mezzo tra filosofia (la fenomenologia) e fede, ebraismo e cristianesimo (nell'accezione cattolica), mondo e monastero (il Carmelo), essere finito ed essere eterno (la mistica).
Carla Bettinelli (cf Il pensiero di Edith Stein, Vita e Pensiero, Milano 1976) scandisce la vita di Edith Stein in tre parti: la fenomenologa indaga in campo psicologico, socio-comunitario, etico-giuridico-filosofico (1917-1922); la fenomenologa entra nella “cattedrale della Scolastica” (1923- 1933); la fenomenologa incontra Dio (1934-1942). Cristiana Dobner (cf Il libro dai sette sigilli, Monti, Saronno 2001) la diluisce in sette “stanze” come per Il castello interiore di Teresa d’Avila: l’infanzia a Breslavia, l'università a Gottinga e Friburgo, la conversione a Bergzabern, l'insegnamento a Spira, il Carmelo a Colonia, la fuga a Echt e la morte ad Auschwitz (cf anche Edith Stein, Il castello dell’anima. Riflessioni sul Castello interiore di S. Teresa d’Avila, OCD, Firenze 1981).
Note biografiche
Nel 1891 la città di Breslavia, oggi Wroclaw Polonia, appartiene all’impero germanico. In quell’anno Edith vi nasce come ultima di undici figli presto ridotti a sette dalla mortalità infantile. Il 12 ottobre 1891 cade anche la festa ebraica di Kippur. Per gli ebrei il giorno dell’espiazione equivale, per importanza, al Natale cristiani. A Kippur si celebrano la riconciliazione con Dio e il perdono dei peccati. L’espiazione prevede molti divieti e il più lungo digiuno, venticinque ore, di tutta la liturgia ebraica. Scrive Edith in un’autobiografia dell’infanzia e degli anni giovanili con riferimento alla madre: “credo che ciò abbia contribuito più di qualsiasi altra cosa a renderle particolarmente cara la sua figlia minore” (Storia di una famiglia ebrea, Città nuova, Roma 1992).
Nel 1893, quando Edith ha soli due anni, il padre Siegfrid Stein, commerciante di legname, muore improvvisamente e la madre Augusta Courant, donna energica, deve farsi carico da sola di famiglia e azienda per assicurarsi un dignitoso tenore di vita. Augusta è religiosa, osserva il sabato, si reca in sinagoga in occasione delle festività e pronuncia le benedizioni dei pasti. La sua religiosità ebraica è liberale, la sua pratica dei precetti è parziale, ma Augusta riconosce negli avvenimenti legati alla sua famiglia “qualcosa che va oltre le mie forze” (Storia...). Di quegli anni la sorella Erna ricorda il primogenito Paul che tiene in braccio Edith e cita versi di Schiller e Goethe.
Per una quindicenne, la Breslavia del 1906 è un ambiente ristretto e provinciale. Edith vive in semplicità e con parsimonia, la madre è per lei uno specchio di virtù, ma tutto ciò non le basta. Radicale come sanno esserlo gli adolescenti, improvvisamente interrompe gli studi, rinunciando anche alla fede ebraica: “in piena coscienza e per libera scelta smisi di pregare” (Storia...). La giovane è sensibile, decisa e dotata di capacità intellettive non comuni. A proposito del suo futuro scrive: “Le decisioni scaturivano in me da profondità a me stessa sconosciute. Quando una cosa simile era entrata alla chiara luce della coscienza e aveva assunto una salda forma mentale, allora nessuno poteva più trattenermi” (Storia...).
Due anni dopo Edith riprende gli studi e nel 1911 consegue brillantemente la maturità. A 21 anni si iscrive all’università dove studia germanistica, storia e psicologia, anche se la sua passione è la filosofia. La società patriarcale dell’epoca non accorda alle donne risorse economiche e possibilità di carriera. Così l’università è un privilegio riservato a poche. Per questo Edith si appassiona alla questione femminile e aderisce all’associazione prussiana per il diritto femminile al voto che raggiungerà l’obiettivo solo nel 1919.
Nel 1913 Edith si reca a Gottinga per proseguire gli studi di filosofia (cf II mio primo semestre a Gottinga, Morcelliana, Brescia 1982). Qui ordinario è l’ebreo Edmund Husserl di cui la ventiduenne diviene presto discepola. Il filosofo affascina i suoi studenti con un concetto di verità legata alla percezione soggettiva (Kant) ma soprattutto a quella oggettiva. La svolta verso la concretezza della fenomenologia condurrà molti studenti ebrei alla fede cristiana sia cattolica che protestante. I preconcetti razionalisti di Edith crollano anche grazie alle profonde amicizie con i fenomenologi della Società filosofica: Edwig Conrad Martius (allieva prediletta di Husserl diventa protestante), i coniugi ebrei Anna e Adolf Reinach (assistente di Husserl), Max Scheler (ebreo fattosi cattolico) e Hans Lipps. Di quegli anni Edith scrive: “la mia unica preghiera era la ricerca della verità” (cit. in Teresia Renata de Spirita Sancto, Edith Stein, Morcelliana, Brescia 1952).
Nel 1915, a ventiquattro anni, Edith supera con lode l’esame di Stato in filosofia, germanistica e storia (la passione per il germanesimo è molto diffusa tra gli ebrei assimilati dell’epoca) (cf Una ricerca sullo Stato, Città nuova, Roma 1993). Allo scoppio della prima guerra mondiale Edith rinuncia al tirocinio professionale come insegnante a Breslavia e frequenta un corso della Croce rossa. Quindi parte per l’Austria come infermiera volontaria in un ospedale dell’esercito tedesco per malattie infettive. L’anno successivo, mentre i coniugi Reinach aderiscono al protestantesimo, Edith segue Husserl nel suo trasferimento a Friburgo in Brisgovia.
Nel 1917 Edith si laurea summa cum laude con una tesi su Il problema dell’empatia (Studium, Roma 1985). Divenuta assistente di Husserl, ovvero segretaria senza possibilità di elaborazione in proprio, ben presto si annoia sui manoscritti da pubblicare. Quando Adolf Reinach muore in guerra nelle Fiandre, la ventiseienne si reca a Gottinga per riordinare le sue carte, e trova Anna Reinach vibrante di fede e di speranza. Scrive: “Fu il mio primo incontro con la croce” (cit. in Teresia...).
L’anno successivo il desiderio di una maggiore indipendenza la spinge al distacco da Husserl, al ritorno a Breslavia, alla prosecuzione del lavoro di ricerca e alla scrittura di articoli per riviste scientifiche. In questo periodo Edith legge il Nuovo Testamento, gli scritti di Kierkegaard e gli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola. In quanto donna, nonostante l’interessamento di Husserl, non viene ammessa alla libera docenza presso le università tedesche (cf Introduzione alla filosofia, Città nuova, Roma 1998).
Il matrimonio di Hans Lipps è una delusione amorosa per la ventinovenne Edith: “Durante tutto quell’anno rimasi a Breslavia. Per la verità il terreno mi bruciava sotto i piedi... Il periodo che precedette le nozze (della sorella Erna) fu un lungo tormento prolungato... Il mattino del matrimonio... ero sdraiata sulla chaise-longue in una delle stanze da letto in preda a violenti dolori e trasalivo ad ogni rumore... (Erna) mi diede un po’ di morfina. La sera ero di nuovo vivace” (Storia...).
Durante l’estate del 1921 trascorre una vacanza nella casa di campagna dell’amica Edwig a Bergzabern nel Palatinato. La leggenda narra che in una notte Edith legge per intero l’autobiografia di Teresa d’Avila e scrive: “Quando richiusi il libro mi dissi: questa è la verità” (cit. in Teresia...). La formula usata da Edith è tipica del mondo accademico e in particolare dell’ambito filosofico. In quegli anni gli intellettuali tedeschi di origine ebraica si convertono più facilmente al protestantesimo e anche Heidegger, bavarese e cattolico, è tentato di farlo. Al contrario l’autobiografia è una categoria lontana dal pensiero universale filosofico.
Il 1 gennaio 1922, a 31 anni, Edith riceve il battesimo nella chiesa di San Martino a Bergzabern. Sua madrina è la protestante Edwig. Il giorno scelto è l’ottava di Natale, ricorrenza della circoncisione di Gesù, intesa come accoglienza nella stirpe di Abramo. Scrive: “Avevo cessato di praticare la mia religione ebraica e mi sentivo nuovamente ebrea solo dopo il mio ritorno a Dio” (cit. in Teresia...). Edith riceve la cresima dal vescovo di Spira durante la festa della Candelora che ricorda la purificazione di Maria dopo quaranta giorni dal parto. La festa trae ispirazione dalle prescrizioni della Bibbia ebraica ed è caratterizzata dalla benedizione dei ceri. Per Edith il cristianesimo, lungi dall’essere un rinnegamento, è solo una diversa espressione della fede ebraica. Continua ad accompagnare la madre in sinagoga per le feste ebraiche e a Edwig, che le chiede ragione della sua conversione, risponde: “Secretum meum mihi” (è il mio segreto) (cit. in Teresia...).
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