martedì 2 marzo 2021

Antropologia biblica (5/7)

 

Il dualismo cristiano anima/corpo dei padri e degli asceti deriva dalla filosofia greca. Basilio riprende l’affermazione di Marco Aurelio: “il corpo non è me stesso, è il mio primo bene”. Da qui deriva l’offerta dei corpi nel martirio (Ignazio d’Antiochia) e nella verginità (Origene). Scrive Thomas Spidlik (La spiritualità dell’Oriente cristiano, San Paolo): “Gli antichi praticamente imponevano una stessa regola ai monasteri di monaci e di monache. L’ideale degli asceti fu di superare il sesso per divenire come gli angeli (Mt 22,30)”. Per Gregorio di Nissa il sesso è conseguenza della caduta originale. Per giustificare il disprezzo del corpo, Basilio cita i filosofi, ma la severa ascesi di certi monaci va oltre Pitagora, Platone o Plotino.

Scrive ancora Spidlik: “Nel Medioevo Tommaso d’Aquino ha elaborato la sua dottrina sull’anima basandosi sulla psicologia di Aristotele. Benché forma del corpo, l’anima è spirituale, semplice, e svolge un’attività indipendente dal corpo”. Ma i primi Padri vedono nell’anima il principio della vita terrena, la considerano legata al corpo e parlano di un corpo sottile. Per Ireneo e Clemente di Alessandria le anime sono corporee. Con questo vogliono salvare l’idea del Dio della Bibbia – il cui nome non si può neppure pronunciare – che non fa parte della concezione platonica.

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