lunedì 27 gennaio 2020

Raccogliere frutta



Per la prima volta due braccianti immigrati denunciano caporali e imprenditori. Succede in Calabria, nella piana di Gioia Tauro, dieci anni dopo la rivolta dei braccianti di Rosarno. Arrestati 13 caporali africani e 7 imprenditori calabresi. Sequestrate 3 aziende agricole. Le indagini erano partite dopo la morte dei braccianti bruciati nelle baracche e di un malato di tubercolosi morto di freddo mentre lavorava. Pedinamenti, videoriprese e GPS (sistema di posizionamento satellitare) montati sui mezzi dei caporali dai carabinieri di Gioia Tauro e dagli ispettori del lavoro di Reggio Calabria. Partenze dalle baraccopoli alle 5 del mattino. 15 persone per ogni furgone e altre nel bagagliaio delle auto che alla vista dei militari scappavano per non farsi identificare. Costretti a lavorare 7 giorni su 7, festivi compresi, per 10-12 ore anche sotto la pioggia battente. Al posto dei 50 euro giornalieri ne guadagnavano 25-30 (2-3 euro l’ora), poi dovevano consegnarne 6 al caporale e altri 7 per falsi contributi. A denunciare sono stati un senegalese ferito con un forcone e un nigeriano sfuggito a un pestaggio. Gli arrestati e gli indagati, 35 in tutto, sono accusati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di alcune ragazze nigeriane. Le 3 aziende sequestrate alla ‘ndrangheta saranno affidate ad amministratori che le gestiranno mettendo in regola i lavoratori.

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