La cinciallegra è la più spavalda, guardinga, sempre pronta a spiccare il volo. Le cince in inverno sono palle da tennis, tonde, affamatissime. Le cinciallegre sono in coppia, si inseguono svolazzando da un ramo all’altro, in tondo, fino a quando mi intuiscono da dietro il vetro che le osservo con curiosità, come a voler turbare la loro intimità e rubare loro la libertà. Così si tuffano dietro la siepe, si slanciano vero i rami rinsecchiti di un albero spoglio, lontano dalla mia vista.
Il merlo e la sua compagna sono sempre vigili, pronti a scacciare gli altri dal melograno. Non entrano nella mangiatoia a tetto e così attendono che qualcuno faccia cadere qualcosa per variare la loro dieta di vermi umidi di terriccio profondo. Il merlo mi sfida, mi fissa, non si allontana. Rimane fermo e impassibile, incurante del vento gelido e della pioggia. È forse a guardia del nido che ha costruito nel folto dell’edera che ha ricoperto tutta la recinzione?
Il passero è il più timido, attende di essere solo per avvicinarsi alla mangiatoia. Tre giovani passeri arrivano insieme, per farsi forza. Si nascondono nella folta siepe ed escono solo per mangiare o volare via.
Il pettirosso è ingenuo, tranquillo e osserva tutto l’andirivieni da terra o da un ramo appartato.
La cinciarella è un’alpinista, si arrampica sulle borse a rete delle palle di grasso e sbocconcella qualcosa tenendosi in verticale. La scorsa primavera una coppia di cinciarelle ha messo su famiglia nella cassetta appesa all’olivastro. Non ho osato alzare il coperchio, mi accontentavo del richiamo della fame dei piccoli che taceva solo all’imbrunire o dell’andirivieni frenetico dei grandi con una preda nel becco.
Le colombe e le gazze sono vecchie aristocratiche che si tengono alla larga dalla plebe. Se ne stanno sullo sfondo, ben protette dentro al loro rifugio preferito, un pino silvestre, albero più alto e folto, sempre verde, dentro cui si nascondono, svelate solo dai loro versi singolari e inconfondibili.
Così fanno anche i piccioni e le tortore che osservano la scena dai tetti e dalle antenne delle case.
Tutti, nessuno escluso, vivono per superare l’inverno, nell’attesa di una nuova primavera. Verrà?
Quanto a me, io do a te, più che ai tuoi fratelli, un dorso di monte, che io ho conquistato (Genesi 48,22)
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