giovedì 13 settembre 2018

La speranza di Elia

Dopo circa un secolo di monarchia (Saul-Davide-Salomone) la divisione del regno tra Israele e Giuda inaugura quarant'anni di continui scontri. Forse proprio per questo il regno del nord sotto la dinastia di Omri raggiunge la stabilità politica e vede una crescita economica. I soprusi della classe dirigente tuttavia (vedi l'episodio della vigna di Nabot) allargano la forbice tra ricchi e poveri. In questo contesto agiscono due profeti: Elia ed Eliseo suo discepolo.

Elia è un profeta di Tisbe, nell'attuale Giordania, a cui Dio fa una confidenza. Nei prossimi anni non ci saranno né pioggia né rugiada. Meglio andare presso il torrente Cherit per non restare senz'acqua. I corvi gli porteranno pane e carne per sfamarsi. Così avviene finché anche il torrente Cherit rimane in secca. Allora Dio lo manda Sarepta, provincia di Sidone, nell'attuale Libano. Gesù cita l’episodio dicendo che c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando non piovve per tre anni e mezzo, ma solo alla vedova di Sarepta fu inviato Elia.



Il profeta entra in una famiglia già provata dalla morte del marito, in una società patriarcale in cui la moglie non aveva reddito, essendo destinata alla cura della casa e dei figli (1 Re 17). Per questo la Bibbia cita spesso vedove e orfani come esempio di povertà. La piccola famiglia, moglie e figlio, è sul lastrico a causa della carestia. La donna sta raccogliendo legna per cuocere, con il pugno di farina rimasta, un’ultima focaccia. Per l’antica cultura dell’ospitalità la donna interrompe il suo lavoro e disseta lo sconosciuto. Quindi divide con lui la focaccia rimasta. Ciò darà luogo, nei giorni a venire, a una moltiplicazione dei pani o, meglio, degli ingredienti per preparare focacce.

A questo punto però accade l’irreparabile. Alla vedova muore l’unico figlio. Non sembra esserci più alcun posto per la speranza. Eppure la vedova (la vera protagonista del racconto) non si dà per vinta. Va a cercare il profeta e lo sollecita a intervenire. Avviene così l’impossibile. Il figlio riprende a vivere e la speranza della donna non è vana. La donna fenicia riconosce (e professa), attraverso Elia, il Dio d’Israele e di tutta l’umanità. Il tempo vissuto con speranza non è mai tempo perso.

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