martedì 17 giugno 2025

Recensione di Claudia Di Cave

 

C'è un Paolo che negli Atti parla di sé in quanto giudeo educato ai piedi di Gamaliele allo scrupoloso rispetto della Legge e al contempo  cittadino di un impero - quale era quello romano-  bilingue  e cosmopolita, e un Paolo sui testi  del quale la tradizione cristiana per secoli ha fondato la teologia della sostituzione e una vera e propria separazione dalle sue radici ebraiche.
C'è infine un Paolo nella storia degli studi:  non solo di studiosi cristiani che hanno affrontato la lettura dei suoi scritti in una chiave meno teologica e più storica (gli studiosi della  New Perspective on Paul), ma anche  studiosi ebrei che in età moderna e contemporanea hanno provato a rintracciare l'humus ebraica nel pensiero di Paolo.
È a quest'ultimo gruppo di studiosi che è dedicato il  libro curato da F. Ballabio e M. Giuliani "Paolo di Tarso nel pensiero ebraico" (Pazzini 2025) che in sedici  saggi ricostruisce, a partire da Spinoza, ma prevalentemente nel XX e fino alla contemporanea corrente "Paul with Judaism Perspective" ,  una rilettura di Paolo alla luce di quella cultura rabbinica che non gli era affatto estranea, con il fine di  ricollocare il pensiero di Paolo nel giudaismo del suo tempo.
Un'opera come questa consente di inquadrare  storicamente l'evolversi di una lunga querelle sulla identità di Paolo e anche di  aggiornare quanti sono interessati al dialogo ebraico-cristiano.
In tale ottica va vista la riconsiderazione del concetto di conversione  di Paolo (che  non volle mai smettere di essere ebreo)  come  "chiamata profetica", il suo pensiero  come una delle tante voci del giudaismo del I secolo, forse quella più ellenizzata, e  la missione alle genti come un tentativo di conciliazione di Israele con l'umanità.

Claudia Di Cave 


giovedì 5 giugno 2025

Il deserto dei tartari


Il richiamo delle montagne 

è ciò che debitamente conservo

del noto scritto di Dino Buzzati.

Di quella fortezza nel mezzo

di quel deserto di terre alte

il protagonista è prigioniero.

Per un militare in tempi di guerra

sono quegli attesi combattimenti

a dare senso all'esistenza.

Il tempo sospeso infittisce

le sbarre eteree della prigione:

se mai si comincia, mai si finirà.

Unica consolazione,

unico motivo di veglia nel sonno,

il richiamo delle montagne.

giovedì 15 maggio 2025

Picchio verde (e anche un po' rosso)


Oggi ho incontrato un picchio verde come questo. La foto non è mia, l'ha postata un Carlo Caimi nel 2022, ma ora la sua pagina non è più raggiungibile. Gli devo dei ringraziamenti perché non ha voluto restrizioni nell'utilizzo dell'immagine. Rara dimostrazione di altruismo e di amore (gratuito) per la natura (o il creato se preferite). Il mio incontro è stato talmente fulmineo che non avrei avuto il tempo di scattare una foto con il cellulare. Anche perché oggi avevo deciso di uscire a camminare senza legami tecnologici col resto del mondo.

Dunque ho avvertito la presenza di un volatile attraverso il rumore (appunto) di un volo, di uno sbattere di ali piuttosto scomposto, non da uccello avvezzo a lunghi voli. Alzando gli occhi ho scorto una macchia verde chiaro (quasi gialla) con una macchia rossa staccarsi da un'imberbe tiglio e appendersi al tronco di una quercia adolescente. Il giovane bosco costeggia la pista ciclabile che da Copreno si dirige a Lazzate e passa proprio accanto alla cascina Grigioni.

Nell'avvicinarmi cauto all'albero su cui si era posata, la macchia giallo/rosso/verde si spostava verso la cima del tronco, con movimento ripetuto ad ogni mio passo. Infine, infastidito dalla mia minacciosa curiosità, si è slanciata verso l'estremo opposto del boschetto. Ed è proprio qui che si è rivelato ai miei occhi questo splendido piciforme, lungo una trentina di centimetri, con un'apertura alare inferiore al mezzo metro.

Evidentemente era a caccia di formiche con la sua lingua lunga e vischiosa e io, che avevo appena terminato il mio, ho finito per disturbare il suo pranzo. Purtroppo non sono riuscito a vedere se si trattasse di un maschio come quello ritratto dal Caimi, con un inserto rosso all'interno del baffo (o mustacchio), o di una femmina che invece ne è priva.

Buon pomeriggio amico Picus (viridis).
 

mercoledì 19 marzo 2025

"Zia" Silvia

 

"Ti ricordi, Fabio, quando andavamo alle lezioni di Paolo De Benedetti alla facoltà teologica di Milano? Eravamo io, te, il salumiere, la verduraia e tutte quelle suorine molto devote che PdB scandalizzava ogni volta con le sue affermazioni sulla Bibbia..."

"Sì, tu eri la giornalista di Repubblica, io ero un provinciale, che insegnava materie tecniche in un centro di formazione professionale".

"Sì, ma guarda che li conosco io, i provinciali come te".
 

 

Ciao "zia" Silvia, il senso dell'umorismo non ti è mai mancato.

venerdì 28 febbraio 2025

Paolo di Tarso secondo il pensiero ebraico (di prossima pubblicazione)


La direzione di marcia, nell’ambito delle relazioni tra mondo ebraico e mondo cristiano, viene costruita a piccoli passi (si spera in avanti) e va colta nei singoli segni e segnali che i protagonisti, gli attori di queste relazioni, pongono uno accanto all’altro nel cammino della mutua comprensione e della stima, al fine di lasciarsi per sempre alle spalle le dolorose epoche dell’ignoranza e del reciproco disprezzo. In questi anni sono arrivati diversi segnali incoraggianti, nonostante qualche frizione a seguito di una catechesi papale sulla Lettera ai Galati di Paolo incentrata sui giudizi dell’apostolo circa il valore della Torà. A volte, se ben gestite, queste frizioni servono a parlarsi direttamente, a dissipare ombre e chiarire le diverse prospettive, soprattutto ad approfondire e studiare di più i testi comuni alle due tradizioni religiose, ma anche quelli controversi che hanno fatto la storia del conflitto tra ebraismo e cristianesimo, come ad esempio certi ‘capitoli’ paolini, avendo l’opportunità di studiarli insieme, ebrei e cristiani. Per questo è nata l’idea di raccogliere una serie di articoli dedicati a Paolo di Tarso, “apostolo dei gentili” come dice la tradizione cristiana, e al suo legame storico con il mondo ebraico, ricontestualizzandolo nel I secolo e soppesando per l’oggi la storia della sua ricezione nonché le interpretazioni che di questo ‘autore neotestamentario’ continuamente si dànno da parte di studiosi sia ebrei sia cristiani.

Paolo è finalmente al centro del dialogo ebraico-cristiano. A lungo, diciamolo francamente, ne è stato escluso come una presenza troppo imbarazzante, un ostacolo troppo ingombrante per pensare di poterlo rimuovere. La visione tradizionale cristiana ne faceva un ‘convertito’ e quindi un apostata del giudaismo, se non il nemico giurato della Torah. Come tale lo ha trattato (e ignorato) anche la tradizione ebraica (almeno fino a tempi recentissimi con i primi tentativi di una rilettura ebraica della sua figura). Ma Paolo non si è mai convertito. Al pari di Gesù è nato, vissuto e morto da ebreo, per la semplice ragione che nel primo secolo il ‘cristianesimo’ ancora non esisteva come religione autonoma e distinta dal giudaismo, ma si presentava come movimento apocalittico e messianico all’interno del giudaismo. Ciò che Paolo ‘rigetta’ sulla via di Damasco non è il giudaismo ma una certa visione zelota del giudaismo che lo aveva portato a perseguitare i seguaci di Gesù. L’esperienza di Paolo (per quanto singolare) appartiene alla dialettica interna dei molti gruppi e movimenti presenti nel giudaismo della sua epoca, non diversamente da un cristiano di oggi che all’interno del cristianesimo passi da una denominazione cristiana ad un’altra o da un ebreo di oggi che passi da una denominazione ebraica ad un’altra. Possiamo al massimo parlare di Paolo come di un ex-fariseo ma questo non lo fa un ex-ebreo.

Finalmente in libreria!