Un dorso di monte
Quanto a me, io do a te, più che ai tuoi fratelli, un dorso di monte, che io ho conquistato (Genesi 48,22)
martedì 24 giugno 2025
martedì 17 giugno 2025
Recensione di Claudia Di Cave
C'è un Paolo che negli Atti parla di sé in
quanto giudeo educato ai piedi di Gamaliele allo scrupoloso rispetto della
Legge e al contempo cittadino di un impero - quale era quello
romano- bilingue e cosmopolita, e un Paolo sui testi del
quale la tradizione cristiana per secoli ha fondato la teologia della
sostituzione e una vera e propria separazione dalle sue radici ebraiche.
C'è infine un Paolo nella storia degli
studi: non solo di studiosi cristiani che hanno affrontato la lettura dei
suoi scritti in una chiave meno teologica e più storica (gli studiosi
della New Perspective on Paul), ma anche studiosi ebrei che in età
moderna e contemporanea hanno provato a rintracciare l'humus ebraica nel
pensiero di Paolo.
È a quest'ultimo gruppo di studiosi che è
dedicato il libro curato da F. Ballabio e M. Giuliani "Paolo di
Tarso nel pensiero ebraico" (Pazzini 2025) che in sedici saggi
ricostruisce, a partire da Spinoza, ma prevalentemente nel XX e fino alla
contemporanea corrente "Paul with Judaism Perspective" , una
rilettura di Paolo alla luce di quella cultura rabbinica che non gli era
affatto estranea, con il fine di ricollocare il pensiero di Paolo nel
giudaismo del suo tempo.
Un'opera come questa consente di
inquadrare storicamente l'evolversi di una lunga querelle sulla identità
di Paolo e anche di aggiornare quanti sono interessati al dialogo ebraico-cristiano.
In tale ottica va vista la riconsiderazione
del concetto di conversione di Paolo (che non volle mai smettere di
essere ebreo) come "chiamata profetica", il suo
pensiero come una delle tante voci del giudaismo del I secolo, forse
quella più ellenizzata, e la missione alle genti come un tentativo di
conciliazione di Israele con l'umanità.
Claudia Di Cave
giovedì 5 giugno 2025
Il deserto dei tartari
Il richiamo delle montagne
è ciò che debitamente conservo
del noto scritto di Dino Buzzati.
Di quella fortezza nel mezzo
di quel deserto di terre alte
il protagonista è prigioniero.
Per un militare in tempi di guerra
sono quegli attesi combattimenti
a dare senso all'esistenza.
Il tempo sospeso infittisce
le sbarre eteree della prigione:
se mai si comincia, mai si finirà.
Unica consolazione,
unico motivo di veglia nel sonno,
il richiamo delle montagne.
venerdì 30 maggio 2025
giovedì 15 maggio 2025
Picchio verde (e anche un po' rosso)
Dunque ho avvertito la presenza di un volatile attraverso il rumore (appunto) di un volo, di uno sbattere di ali piuttosto scomposto, non da uccello avvezzo a lunghi voli. Alzando gli occhi ho scorto una macchia verde chiaro (quasi gialla) con una macchia rossa staccarsi da un'imberbe tiglio e appendersi al tronco di una quercia adolescente. Il giovane bosco costeggia la pista ciclabile che da Copreno si dirige a Lazzate e passa proprio accanto alla cascina Grigioni.
Nell'avvicinarmi cauto all'albero su cui si era posata, la macchia giallo/rosso/verde si spostava verso la cima del tronco, con movimento ripetuto ad ogni mio passo. Infine, infastidito dalla mia minacciosa curiosità, si è slanciata verso l'estremo opposto del boschetto. Ed è proprio qui che si è rivelato ai miei occhi questo splendido piciforme, lungo una trentina di centimetri, con un'apertura alare inferiore al mezzo metro.
Evidentemente era a caccia di formiche con la sua lingua lunga e vischiosa e io, che avevo appena terminato il mio, ho finito per disturbare il suo pranzo. Purtroppo non sono riuscito a vedere se si trattasse di un maschio come quello ritratto dal Caimi, con un inserto rosso all'interno del baffo (o mustacchio), o di una femmina che invece ne è priva.
Buon pomeriggio amico Picus (viridis).
mercoledì 19 marzo 2025
"Zia" Silvia
"Ti ricordi, Fabio, quando andavamo alle lezioni di Paolo De Benedetti alla facoltà teologica di Milano? Eravamo io, te, il salumiere, la verduraia e tutte quelle suorine molto devote che PdB scandalizzava ogni volta con le sue affermazioni sulla Bibbia..."
"Sì, tu eri la giornalista di Repubblica, io ero un provinciale, che insegnava materie tecniche in un centro di formazione professionale".
"Sì, ma guarda che li conosco io, i provinciali come te".
Ciao "zia" Silvia, il senso dell'umorismo non ti è mai mancato.
venerdì 28 febbraio 2025
Paolo di Tarso secondo il pensiero ebraico (di prossima pubblicazione)
La direzione di marcia, nell’ambito delle relazioni tra mondo ebraico e mondo cristiano, viene costruita a piccoli passi (si spera in avanti) e va colta nei singoli segni e segnali che i protagonisti, gli attori di queste relazioni, pongono uno accanto all’altro nel cammino della mutua comprensione e della stima, al fine di lasciarsi per sempre alle spalle le dolorose epoche dell’ignoranza e del reciproco disprezzo. In questi anni sono arrivati diversi segnali incoraggianti, nonostante qualche frizione a seguito di una catechesi papale sulla Lettera ai Galati di Paolo incentrata sui giudizi dell’apostolo circa il valore della Torà. A volte, se ben gestite, queste frizioni servono a parlarsi direttamente, a dissipare ombre e chiarire le diverse prospettive, soprattutto ad approfondire e studiare di più i testi comuni alle due tradizioni religiose, ma anche quelli controversi che hanno fatto la storia del conflitto tra ebraismo e cristianesimo, come ad esempio certi ‘capitoli’ paolini, avendo l’opportunità di studiarli insieme, ebrei e cristiani. Per questo è nata l’idea di raccogliere una serie di articoli dedicati a Paolo di Tarso, “apostolo dei gentili” come dice la tradizione cristiana, e al suo legame storico con il mondo ebraico, ricontestualizzandolo nel I secolo e soppesando per l’oggi la storia della sua ricezione nonché le interpretazioni che di questo ‘autore neotestamentario’ continuamente si dànno da parte di studiosi sia ebrei sia cristiani.
Paolo è finalmente al centro del dialogo ebraico-cristiano. A lungo, diciamolo francamente, ne è stato escluso come una presenza troppo imbarazzante, un ostacolo troppo ingombrante per pensare di poterlo rimuovere. La visione tradizionale cristiana ne faceva un ‘convertito’ e quindi un apostata del giudaismo, se non il nemico giurato della Torah. Come tale lo ha trattato (e ignorato) anche la tradizione ebraica (almeno fino a tempi recentissimi con i primi tentativi di una rilettura ebraica della sua figura). Ma Paolo non si è mai convertito. Al pari di Gesù è nato, vissuto e morto da ebreo, per la semplice ragione che nel primo secolo il ‘cristianesimo’ ancora non esisteva come religione autonoma e distinta dal giudaismo, ma si presentava come movimento apocalittico e messianico all’interno del giudaismo. Ciò che Paolo ‘rigetta’ sulla via di Damasco non è il giudaismo ma una certa visione zelota del giudaismo che lo aveva portato a perseguitare i seguaci di Gesù. L’esperienza di Paolo (per quanto singolare) appartiene alla dialettica interna dei molti gruppi e movimenti presenti nel giudaismo della sua epoca, non diversamente da un cristiano di oggi che all’interno del cristianesimo passi da una denominazione cristiana ad un’altra o da un ebreo di oggi che passi da una denominazione ebraica ad un’altra. Possiamo al massimo parlare di Paolo come di un ex-fariseo ma questo non lo fa un ex-ebreo.
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La direzione di marcia, nell’ambito delle relazioni tra mondo ebraico e mondo cristiano, viene costruita a piccoli passi (si spera in avan...
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LE BEATITUDINI (PREMESSA ALLE SUPERTESI) Il rotolo di Qumran 4Q525 2 II, 1-6 ha 9 beatitudini, di cui solo le ultime 5 sono conserva...