giovedì 23 giugno 2022

Ceppo dell'Angua - Foresta di Canzo

 

In epoca medioevale a Gerusalemme, sotto la guida dei cosiddetti gheonim, il settimo giorno della festa di capanne (succot) si girava sette volte intorno al monte degli ulivi. Una circumambulazione delle tombe dei giusti di un antico cimitero sarebbe un rito propiziatorio.

Oggi nelle sinagoghe si gira intorno a un rotolo della torà per tutti i sette giorni della festa di succot. L’ultimo giorno (hoshanà rabbà) i sette giri sono in senso antiorario. Si regge un ramo di palma (lulav) e si intonano canti reclamano da Dio la salvezza (hoshanot). In alcune comunità si soffia un corno cavo di montone (shofar).

La conquista di Gerico narrata nella Bibbia, dal sesto capitolo del libro di Giosuè, narra di un giro al giorno per sei giorni attorno alle mura della città. I sacerdoti con sette shofar portavano in processione l’arca dell’alleanza scortata da truppe armate. Il settimo giorno, al termine di sette giri e al suono dei corni, le mura crollarono. Gli archeologi parlano tuttavia dell’occupazione di una città già in rovina. Secondo la mistica (qabbalà) di Safed di Isacco Luria, sette giri hanno il potere di realizzare grandi tiqqunim (restaurazioni di ordini ideali) dei mondi superiori.

Oggi questo girotondo è chiamato haqqafà. La radice linguistica naqaf o jaqaf significa girare intorno, circondare, ma anche percuotere, tagliare, distruggere. Tuttavia non si parla di haqqafot nella Bibbia, ma solo nel Talmud babilonese (Jomà 59a). La Bibbia usa la radice savav che indica girare, circondare, gironzolare, ma anche causare, circuire e assediare. Assediare è prerogativa umana, non certo di un’arca santa, che può solo girare intorno a una città.

Anche i sacerdoti nel tempio di Gerusalemme giravano in tondo per aspergere i quattro angoli dell’altare con il sangue degli animali sacrificati. Girerò intorno al tuo altare (va asovevà et mizbahakha), recita il salmo 26. Il talmud babilonese distingue il giro con la sola mano (haqqafà bejad) da quello con l’intera persona (bereghel). Per aspergere un altare quadrato con un lato di quasi tre metri (cinque cubiti) bisognava camminargli intorno.

Per accedere all’altare i sacerdoti salivano da sud su un piano rialzato (sovev) mediante una rampa (kevesh). Tenendo la destra, senza mai voltare le spalle all’altare, i sacerdoti si dirigevano a est, quindi a nord e infine a ovest, per poi ridiscendere la rampa. Un giro in senso antiorario tipico della tradizione ebraica.

Accade il contrario quando, nell’emisfero boreale, è il sole a muoversi rispetto a un osservatore. Con la faccia ad oriente, si segue il moto apparente del sole da est a sud e infine a ovest. Il giro è a destra ma il senso è orario. Il sud a destra è il luogo della luce e il tenebroso nord è a sinistra. Un senso di rotazione tipico delle culture indoeuropee.

P.S. Pensandoci, mi sono accorto che, pur potendo farlo in entrambi i modi, finisco sempre per ruotare in senso antiorario quando giro attorno all’orrido di Caino o alla valle del torrente Riella, al monte Palanzone o a cima Pozzi del monte Resegone. Anche alle tre cime di Lavaredo prediligo il percorso in senso antiorario, per incontrare meno gente.

martedì 14 giugno 2022


Nello shir ha-shirim, il cantico dei cantici dall’erotismo esplicito, il nome di Dio non compare. (L’unico altro caso di assenza del tetragramma JHWH nella bibbia ebraica è il libro di Ester.) Quello che rabbi ‘Aqiva definì il santo dei santi entrò nel canone per ultimo e divenne scrittura sacra solo nel II secolo dell’era volgare.

L’autore (ignoto) del cantico dei cantici attinge da una lirica amorosa egizia l’espressione “mio amato che turba il mio cuore” e dalla letteratura sumerica il termine “mio fratello”, il letto che stilla miele, il giardino e il chiavistello della porta.

La vigna e le volpi che la saccheggiano è un’immagine del poeta Teocrito. La riccioluta piccola e nera, dalla pelle più dolce del velluto, compare negli epigrammi di Filodemo di Gàdara. Il color del miele della donna scurita dal sole si trova nell’antologia palatina nei versi di Meleagro.

Dello stesso Meleagro è il pensiero dell’amore forte come la morte. Amore e sesso sono forze ambivalenti, bipolari, creatrici e distruttrici insieme. Per questo le leggi sacerdotali (Levitico 18 e 20) ponevano dei limiti di comportamento alla minoranza ebraica dell’Egitto romano.

La prima parola greca adottata dalla lingua ebraica, la portantina di Salomone detta appiryon (dal greco phoreion) tradisce il genere e l’ispirazione ellenistici del cantico. Un secolo prima Qohelet, un intellettuale alla corte di Gerusalemme, si era confrontato in ebraico con il pensiero di stoici, cinici ed epicurei. Così il cantico, come proverbi e qohelet, venne attribuito al saggio re Salomone.

Furono rabbi ‘Aqiva e il padre della chiesa Origene, nel secondo e terzo secolo dopo l’era volgare, a leggere lo shir ha shirim come un’allegoria. La coppia fu, di volta in volta, JHWH e il popolo d’Israele, Cristo (il verbo divino incarnato) e la Chiesa, Dio e l’anima umana. L’espressione le sue fiamme (shalhevoteah) fu modificata, inserendo uno spazio, in fiamma di Dio (shalshevet Yah).

Eppure il mito delle nozze sacre tra la dea Inanna e il pastore Dumuzi, simboli dell’armonia tra il cielo e la terra, era nata tra i fiumi Tigri ed Eufrate diverranno. Millenni più tardi, gli dei Ishtar e Tammuz, saranno adorati a Babilonia e in Siria, Fenicia e Palestina. Per un periodo ciò avvenne persino nel tempio di Gerusalemme (Ezechiele 8,14-15). Diverranno Adone e Afrodite nel mondo ellenistico e quest’ultima sarà la Venere romana.

Il cantico trasforma l’eros cosmico in un semplice incontro di una coppia di umani. Nessuna sacralizzazione del sesso. Dio non entra nella trama, resta solo un elemento della scenografia.

Il discorso della montagna (Matteo 5) di Gesù di Nazaret

  LE BEATITUDINI (PREMESSA ALLE SUPERTESI) Il rotolo di Qumran 4Q525 2 II, 1-6 ha 9 beatitudini, di cui solo le ultime 5 sono conserva...