La dichiarazione Nostra Aetate (1965) del Concilio Ecumenico Vaticano II non dice nulla sulla preghiera.
Gli
Orientamenti (1974) auspicano “un incontro in comune, davanti a Dio, in
preghiera e meditazione silenziosa” che prenda spunto da “grandi cause,
come quelle della giustizia e della pace”.
I Sussidi (1985) sottolineano la radice ebraica del cristianesimo: “La liturgia della Parola, nella sua struttura specifica, ha origine nell’ebraismo. La preghiera delle Ore ed altri testi e formulari liturgici si riscontrano parallelamente anche nell’ebraismo come le formule stesse delle nostre preghiere più sacre, così, ad esempio, il Padre nostro. Anche le preghiere eucaristiche si ispirano a modelli della tradizione ebraica”.
La Chiesa Cattolica, nella preghiera universale della celebrazione vespertina del venerdì santo, recitata dopo il rito dell’adorazione della croce, un tempo pregava per i “perfidi giudei”.
Nella traduzione dei vescovi italiani la nuova preghiera introdotta nella liturgia da Paolo VI (1970):
“Preghiamo per gli ebrei:
il Signore Dio nostro,
che li scelse primi fra tutti gli uomini
ad accogliere la sua parola,
li aiuti a progredire sempre
nell’amore del suo nome
e nella fedeltà alla sua alleanza.
Dio onnipotente ed eterno,
che hai fatto le tue promesse
ad Abramo e alla sua discendenza,
ascolta la preghiera della tua Chiesa,
perché il popolo primogenito della tua alleanza
possa giungere alla pienezza della redenzione.
Per Cristo nostro Signore”.
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