Profeta in ebraico si dice navì. Il plurale è nevi’ìm. Quest’ultimo è anche il nome della sezione centrale della miqràh. Questa sezione, a sua volta, si suddivide in due sottosezioni: nevi'ìm rishonìm (profeti anteriori o libri storici) e nevi'ìm acharonìm (profeti posteriori o profeti veri e propri).
Le tre sezioni della miqrà hanno importanza decrescente. La toràh è la sezione più letta in quanto è la sezione più importante. In questa sezione il termine navì (profeta) e il suo plurale (nevi'ìm) compaiono per sette volte. Sembrano descrivere sette caratteristiche dei profeti veri e propri che caratterizzeranno la seconda sezione (nevi'ìm) e in particolare la seconda sottosezione (nevi'ìm acharonìm).
1. Il primo che viene chiamato profeta è Abramo (Gen 20,7). Il primo ad ascoltare questa parola è il re di Gherar. Abimelech, ignaro, ha preso per sé Sara. Ma, venuto a sapere che Sara è la moglie di Abramo, la vuole restituire. Si sente meritevole di morte e invita Abramo a pregare per la sua salvezza. Qui il profeta è un intercessore.
2. La seconda ricorrenza del termine profeta è riferita ad Aronne (Es 7,1). Il popolo d’Israele è schiavo in Egitto. Dio allora manda Mosè a parlare con il Faraone. Chiede all'oppressore la liberazione degli oppressi. Mosè, tuttavia, è balbuziente e necessita di un aiuto. Questo è il ruolo di Aronne. Qui il profeta è un portavoce che trasmette un messaggio.
3. La terza persona chiamata profetessa, al femminile, è Miriam (Es 15,20). Israele, liberato dalla schiavitù d'Egitto, ha appena attraversato il mar Rosso. Miriam, sorella di Mosè e di Aronne, guida le danze delle donne ritmate dai tamburelli. Cantano la lode a Dio per uno scampato pericolo. Qui la profezia è teatro: musica, canto e danza. La parola si fa gestualità simbolica. Più tardi, al tempo del re Davide, i profeti suoneranno cetre, arpe e cembali (1 Cr 25,1).
4. La quarta ricorrenza del termine profeta è plurale. Il popolo d'Israele sta attraversando il deserto per trovare la terra promessa. Nel deserto sgorga acqua dalla terra e piove pane dal cielo. (In natura solitamente accade il contrario). Ma non basta. La gente chiede della carne. Tra la manna e le quaglie Mosè perde un po’ del suo spirito a vantaggio di settanta anziani che si mettono a profetizzare (Nm 11,25). Qui la profezia è dono per tutti. E tuttavia è momentanea. Quegli anziani infatti in seguito non profetizzarono più.
5. Poco dopo a profetizzare sono Eldad e Medad che, anziché recarsi al santuario come tutti gli altri, restano tra le tende nell’accampamento. Ciò nonostante lo spirito si posa su di loro. Un giovane, scandalizzato, corre a informare Mosè. Nessuna gelosia, è la sua risposta, nessun divieto (Nm 11, 26-29). Anzi, fossero tutti profeti, nel popolo d’Israele.
6. La sesta persona chiamata profeta è (finalmente) Mosè. Aronne e Miriam disapprovano il fratello perché ha sposato una donna straniera. Ma forse il motivo è un altro. I profeti hanno visioni e sogni. Mosè invece riceve parole da sveglio (Nm 12,6). Secondo un detto rabbinico Mosè vede attraverso uno specchio mentre gli altri profeti attraverso nove specchi. Così Mosè intercede per Miriam (Nm 12,13), per Aronne (Dt 9,20), per il popolo in occasione del vitello d'oro (Es 32,11) e persino per gli egiziani colpiti dalle piaghe. Per questo e per la sua umiltà Mosè diviene il più grande tra i profeti.
Sia consentita una digressione. Yitzchàq ben Shelomòh Israeli è un medico e filosofo neoplatonico egiziano vissuto nel X-XI secolo. Sostiene che l'anima è imprigionata nel rozzo involucro corporeo. L'ascensione verso la sapienza può avvenire in molti modi. Attraverso la voce creata (qol), lo spirito (rùach), le visioni (chazòn) e, al massimo livello di ispirazione, mediante il discorso (dibbùr) faccia a faccia (panìm le panìm) di Mosè con Dio.
7. Il settimo profeta non ha (ancora) un nome. Verranno falsi profeti e sognatori. Faranno segni e prodigi. Verranno per mettere alla prova il popolo. Non porteranno la parola del Dio d'Israle e per questo le loro parole non dovranno essere accolte (Dt 13,6). Verrà anche un vero profeta pari a Mosè. Ascolterà la parola del Dio d’Israele e la pronuncerà con le sue labbra. Per questo le sue parole dovranno essere accolte (Dt 18,18).
In sintesi il profeta è un portavoce della parola di Dio. Sa tradurre il suo messaggio in una lingua accessibile a tutti. Sa intercedere presso Dio per ogni singola persona. Tutti possono essere profeti in una fase della loro vita. Ma non ci si può fregiare a vita del titolo di profeta. Il profeta trasmette umilmente la parola di Dio. Il profeta non ha la presunzione di esserlo.
Abraham Geiger è un rabbino tedesco vissuto nel XIX secolo. Fu tra i promotori della Riforma ebraica (nella sua tesi di dottorato si occupò delle fonti ebaiche del Corano). Egli considerava l'insegnamento profetico come la massima sintesi etica e spirituale dell'ebraismo. Queste sette note della Torà sembrano suonare proprio questa stessa sinfonia.