Dal 27 al 29 maggio 2003 si è svolto a Tessalonica (Salonicco) il quinto incontro accademico tra giudaismo e cristianesimo ortodosso sul tema Fedeltà alle fonti: il nostro comune impegno per pace e giustizia. L’importanza dell’iniziativa è attestata dalla partecipazione del Patriarca ecumenico delle Chiese ortodosse Bartolomeo I. Alcune affermazioni del comunicato finale dell’incontro sono degne di nota: resistenza di fonti comuni non intaccano le rispettive peculiarità; l’antisemitismo è anticristiano; dalle fonti spirituali cristiane ed ebraiche è possibile trarre energie per promuovere la pace, la giustizia sociale e i diritti umani. L’incontro di Tessalonica è stato promosso dall’ufficio del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli (Istanbul) presso l’Unione europea, diretto dal metropolita Emmanuel, e dalla DCIC di New York, co-presieduta dai rabbini Joel Meyers e Israel Singer, quest’ultimo presidente del WJC. All’incontro erano presenti oltre 60 delegati dal mondo intero. Tra gli osservatori presenti spiccavano quelli del Vaticano e del Consiglio mondiale delle chiese.
Non è tutto. Per la prima volta nella storia il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli ha canonizzato persone che hanno vissuto a Iungo in Europa occidentale. Alla vigilia della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio 2004) il Santo Sinodo ha canonizzato Elisaveta Pilenko (1891-1945), meglio nota come mat’ Marija, e alcuni suoi compagni tra cui il figlio Jurij. Un comunicato stampa li definisce “personalità che hanno segnato la storia spirituale dell’emigrazione russa in Francia”. Il Patriarcato di Mosca non ha preso l’iniziativa perché le parrocchie di tradizione russa in Europa occidentale sono sotto la giurisdizione di Costantinopoli. Il patriarca ecumenico Bartolomeo I ha fissato la commemorazione liturgica dei nuovi santi alla festa del profeta Elia (20 luglio).
La testimonianza di mat’ Marija è certamente profetica. Nasce in una famiglia benestante sotto lo zar Nicola II. Si sposa giovanissima, frequenta l’ambiente letterario e pubblica poesie. Allo scoppio della rivoluzione diventa sindaco di una cittadina sul mar Nero. Viene condannata a morte per collaborazione con i bolscevichi e graziata dal suo futuro marito. Emigra in Francia con i suoi tre figli e all’attività letteraria affianca l’impero sociale. Dopo il secondo divorzio veste l’abito monacale e assiste gli emigrati russi in tutta la Francia. Quando i nazisti occupano Parigi prende parte alla resistenza e protegge gli ebrei. Viene arrestata e deportata a Ravensbruck dove muore in una camera a gas il venerdì santo del 1945 a 54 anni. Marija fu in quel pugno di ortodossi russi che seppe vedere Gesù perseguitato negli ebrei sofferenti. Hélène, figlia di padre Dimitrij Klépinin, sostiene che l’opera di mat’ Marija per gli ebrei ebbe un fondamento teologico. Nina Kauchtschischwili, autrice dell’unica sua biografia in italiano che raccoglie anche suoi scritti (Mat’ Marija. Il cammino di una monaca, Qiqajon, Bose 1997), lo esclude. Lo Stato d’Israele ha proclamato mat’ Marija e padre Klépinin “giusti tra le nazioni” e i loro nomi sono iscritti nel memoriale di Yad va-Shem a Gerusalemme. La loro canonizzazione è una conferma delle relazioni tra ebrei e cristiani ortodossi.
Quando si spinge ad azioni come quelle evocate dai documenti statunitensi e a testimonianze come quella di mat’ Marija il dialogo, dovunque si svolga, non ha bisogno di ulteriori commenti.
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