venerdì 17 gennaio 1997

Giornata per l'approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici e ebrei. 17 gennaio 1997

 

1. Presentazione

 

La giornata dal 17 gennaio, istituita nel 1989 dalla Conferenza Episcopale Italiana per l'approfondimento e lo sviluppo del dialogo cristiano-ebraico, va ritenuta un evento di grande rilevanza per la comunità ecclesiale. Si tratta infatti di un'occasione particolare nella quale la Chiesa italiana convoca i suoi membri a «mettere in rilievo la continuità della fede cristiana in rapporto a quella della antica alleanza» [Orientamenti e suggerimenti per 1' applicazione della Dichiarazione conciliare Nostra Aetate (n. 4), par. III] .

L'amicizia ebraico-cristiana si è sviluppata nell'alveo di un fecondo interscambio tra "radice" e "tronco": «Ebraismo e cristianesimo sono paragonabili a due scolari che provengono dallo stesso ambiente e che hanno ricevuto l'incarico di assolvere lo stesso compito» (D. Flusser). Pertanto «l’Antico Testamento e la tradizione ebraica su di esso portata non debbono essere considerati in opposizione al Nuovo Testamento, come se essi costituissero una religione della sola giustizia, del timore, o del legalismo senza appello all'amore di Dio e del prossimo (cf. Lv 19,18; Dt 6,5; Mt 22,39-40) [Orientamenti e suggerimenti..., par. III].

Questo compito di studio e di ricerca spirituale viene così incoraggiato da papa Giovanni Paolo II: «L'insegnamento (della Torah) sull'amore, sulla giustizia, sul diritto è ripetuto nei Profeti (Nevi'im) e negli Scritti (Ketuvim). Dio, la sua santa Torah, la liturgia sinagogale e le tradizioni famigliari sono certamente elementi caratteristici del vostro popolo, dal punto di vista religioso. E questi elementi costituiscono il fondamento del nostro dialogo e della nostra cooperazione» (6 dicembre 1990).

Perché la giornata del 17 gennaio 1997 abbia una sua configurazione ed un suo preciso sviluppo celebrativo, la Conferenza Episcopale Italiana, in comune accordo di riflessione e di decisione con la comunità ebraica, ha scelto di approfondire il tema seguente: L'esperienza del «ritorno» a Dio nel messaggio d’Israele. «Facci ritornare, o Signore, a te e noi ritorneremo» (Lam 5,21).

La Chiesa riscopre la propria identità radicandosi nella tradizione ebraica, attingendo ad un patrimonio spirituale frutto di un continuo commento ai testi biblici e alla preghiere della Liturgia, che, in questo caso, sono le celebrazioni dei «10 giorni penitenziali» (’aseret yemèm teshuvah) che vanno dalla festa di rosh ha-shanah (capodanno nel primo giorno del mese di Tishrì: settembre/ottobre) a yom kippur (il giorno dell'espiazione).

 

2. Il tema della giornata del 17 gennaio 1997

L'esperienza del «ritorno» a Dio nel messaggio d’Israele

 

I1 cristianesimo riceve dall'ebraismo la coscienza della teshuvah, cioè del ritorno a Dio di chi, grazie al pentimento, riconosce il proprio peccato. Non è solo il Nuovo Testamento a proclamare che l’amore di Dio precede la risposta umana di conversione (cf. Rm 5,8; 1 Gv 4,10), ma già nelle Scritture ebraiche la teshuvah assurge a categoria centrale per comprendere la dinamica della penitenza che soggiace alla disciplina etico-giuridica e ai riti di espiazione. Emerge quindi una esperienza dell'amore perdonante di Dio che verrà riletta nel giudaismo come «ritorno/pentimento - espiazione/riconciliazione - purificazione/conversione».

II ritorno del popolo a Gerusalemme dall'esilio di Babilonia diventa - per il popolo e per il singolo - cifra simbolica dell'esperienza stessa del perdono di Dio. Proprio il versetto 91 del cap. 5 delle Lamentazioni - che ispira la presente Giornata dell’Ebraismo 1997 - matura dentro una esperienza lacerante in cui l'autore sacro pone alcune domande al Signore: «Ma tu, Signore, rimani per sempre, il tuo trono di generazione in generazione. Perché ci vuoi dimenticare per sempre? Ci vuoi abbandonare per lunghi giorni? Facci ritornare a te, Signore, e noi ritorneremo; rinnova i nostri giorni come in antico, poiché non ci hai rigettati per sempre, né senza limite sei sdegnato contro di noi» (Lam 5,19-22).

L'esperienza del «ritorno» a Dio da parte del popolo non sarebbe stata nemmeno possibile senza il suo stesso coinvolgimento fin dall'inizio: «Fammi ritornare e io ritornerò» (Ger 31,18). Dio precede come sorgente stessa del ritorno/pentimento umano: «Ritorna per amore dei tuoi servi» (Is 63,17). L'abbandono dell'ira da parte di Dio diventa il primo atto della sua misericordia, dalla quale il singolo trae la forza per interrompere la strada che lo allontana da Dio e chiedere al Signore il dono di tornare indietro: «Rialzaci, Dio nostra salvezza, e placa il tuo sdegno verso di noi. Forse per sempre sarai adirato con noi, di età in età estenderai il tuo sdegno? Non tornerai tu forse a darci vita, perché in te gioisca il tuo popolo? Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza» (Sal 85, 5-8). Quando talora è richiesta una vera e propria "conversione a U" (Rav E. Kopciowski), il penitente confida nel sostegno del Signore per essere capace di rispondere sempre, ovvero di mantenere saldo il proposito della «purificazione/conversione»: «Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito» (Sal 51,19-13).

Secondo A.J. Heschel la capacità di pentirsi è un dono immeritato di cui occorre sempre stupirsi: per questo motivo l'intera dinamica penitenziale di teshuvah sopra citata - «ritorno/pentimento - espiazione/riconciliazione - purificazione/conversione» -, si colloca dentro il clima di alcune feste liturgiche in cui la spiritualità ebraica giunge al vertice del legame tra fede, vita e rito.

Si tratta di un periodo di «10 giorni» che iniziano con rosh ha-shanah (capodanno). È una festa dai significati molteplici: I) giorno di festa dell'origine del mondo e della salvezza del tempo; II) yom teru’ah: giorno del suono dello shofar (corno d'ariete in uso per la convocazione) che ricorda il sacrificio di Abramo; III) yom zikkaron: giorno della tenerezza di Dio che si ricorda dell'uomo; IV) yom hadin: giorno del sovrano giudizio di Dio in vista del ritorno/pentimento (teshuvah) del popolo. La festa è preceduta da un periodo di preghiere penitenziali in cui si chiede a Dio il perdono gratuito dei peccati. Anche nel giorno della festa il giudizio di Dio che esamina la condotta umana, non viene staccato dal ricordo della dipendenza creaturale e dalla continua misericordia con cui Dio convoca il popolo: «II Signore Dio di Israele è re e il suo dominio si estende su tutto l'universo. Dio nostro e Dio dei nostri padri santificaci con i tuoi comandamenti e rendici partecipi della tua Torah... Purifica i nostri cuori perché possiamo servirti nella verità, perché tu sei Dio nella verità e la tua parola è verità e dura per sempre» (Rituale ebraico di rosh ha-shanah).

Molto significativo è un rito della festa, che consegna ogni membro del popolo ad un intenso periodo di colloquio con Dio per essere capace di discernere il proprio peccato. Si tratta di una processione che giunge alle rive di un fiume per gettarvi i propri peccati secondo le parole del profeta Michea: «Tu, Signore, getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati» (7,19). Dopo la recita dei Salmi 33 e 130, così si prega: «Nessuno, come te, Onnipotente, sopporta i peccati e perdona la ribellione. Il Signore non persevera sempre nella collera, perché egli si compiace della clemenza. Egli ci verrà incontro, avrà misericordia di noi, eliminerà i nostri peccati e getterà nei flutti del mare tutte le nostre iniquità. Siano gettate in un posto da cui non potranno più tornare, non potranno più essere contate né potranno più tornare alla memoria» (ivi).

Tutti gli altri giorni penitenziali costituiscono una preparazione a yom kippur, quando il dono della riconciliazione da parte di Dio sarà impetrato in ginocchio - unica volta in una liturgia ebraica! - e il suo perdono sarà effettivo se ci sarà già pace con il prossimo e ci si impegnerà ad abitare la terra responsabilmente, cioè operando secondo giustizia.

 

3. TESTI E PREGHIERE (da utilizzare per una liturgia della parola o per una celebrazione eucaristica)

 

a) Commenti ebraici tradizionali

 

Dio del mondo, se noi ci pentiamo, tu ci accetterai? Dio rispose: «Io ho accettato il pentimento di Caino e non accetterò il vostro?» [Pesiqtah, 160a].

Sette cose furono create prima del mondo: la Torah, il pentimento, il paradiso, l’inferno, il trono di Dio, il tempio, il nome del Messia [Pesahim, 54a].

Rabbi Meir diceva: «È così grande la conversione al bene che per un uomo solo che si pente, egli e tutto il mondo saranno perdonati» [Mishnah Yoma, 86].

I penitenti sono considerati su un piano più elevato che gli stessi giusti e perfetti [Moed qatan, 19].

R. Zutra b. Tubia ha detto in nome di Rab: «II pentimento è una grande cosa perché se un individuo si pente, il mondo intero è perdonato insieme con lui» [Mishnah Yoma, 86a].

Le porte della preghiera ora sono aperte, ora sono chiuse, ma Le porte del pentimento sono sempre aperte. Come il mare, che è disponibile per tutti. così è la mano dell'Unico santo, benedetto egli sia, sempre aperte e disposte ad accogliere coloro che si pentono [Devarim Rabbà 2,12].

Una banda di ladri era tenuta in prigione. Cosa fecero allora? Fecero un tunnel e fuggirono tutti eccetto uno. Quando arrivò il carceriere, cominciò a picchiarlo coi manganello dicendogli: «Stupido pigro! Pazzo sfortunato! I1 varco era lì e tu non ti eri messo a correre?». Così nel tempo futuro l'Unico Santo, benedetto egli sia, dirà ai cattivi: «Teshuvah era lì davanti a te e tu non ti sei pentito» [Devarim Rabbà 2,12].

«Il pentimento e le buone azioni sono uno scudo davanti alla punizione» (Avot 4,13). Rabbi Aqiba dice: «Il pentimento è stato creato e la destra del Santo benedetto è tesa per ricevere ogni giorno i penitenti ed Egli dice: "Ritornate, figli dell'uomo" (Sal 90,3). Prendi conoscenza del potere della carità e del pentimento! Vieni e vedi. Achab re d'Israele si è pentito sinceramente; aveva rubato, violentato e ucciso. Dopo il suo pentimento non ritornò alle sue cattive azioni, e il suo pentimento fu accettato» [Pirqè de R. Eliezer, cap. 43].

«Quando un uomo va da un re terreno, parte con le mani piene e ritorna con le mani vuote: quando invece va dal Signore, all'andare è vuoto, ma al ritorno è pieno» [Pesiqtah Rabbati)

Per quale merito verrà il Messia? Per merito della penitenza che è simile all’acqua com’è detto: «Versa il tuo cuore come l'acqua» (Lam 2,19) [Bereshit Rabbà 2,4].

 

b) Preghiere

 

A te, Signore, appartiene la giustizia, ma la vergogna è sul nostro volto. Come ci affliggeremo e che cosa diremo? Come parleremo, e come ci giustificheremo? Ricercheremo le nostre strade, indagheremo e torneremo a te, poiché la tua mano è distesa a ricevere coloro che si pentono.

Essi tornano a te con tutto il cuore: accogli il loro lamento con la tua misericordia. Per la tua grande misericordia siamo venuti a te, come poveri e miseri abbiamo picchiato alla tua porta. O Signore, pietoso e misericordioso, non rimandarci indietro a mani vuote dal tuo volto...

Ora, torniamo verso il Signore, perché egli ci ferisce e ci risana, ci colpisce e ci guarisce. Ci farà vivere di nuovo dopo due giorni, al terzo giorno ci farà sorgere e vivremo dinanzi a Lui. Perché non per le nostre virtù presentiamo le nostre suppliche, ma per la tua grande misericordia [Rituale ebraico: preghiera penitenziale (selichah) in preparazione a rosh ha-shanah, inteso come giorno del giudizio].

 

Nessun paragone si può fare dinanzi a Te, le tue opere sono meravigliosamente perfette. Esaudisci la mia sommessa supplica. gradisci il mio grido, o Dio santo. Ora si accosta la moltitudine dei tuoi fedeli per celebrare la tua immensa potenza. O Signore, alla voce del tuo popolo ricorda la tua misericordia, Dio santo. O Signore, le tue lodi vengono cantate tutto il giorno a turno dalle miriadi di esseri celesti. Esaudisci la mia sommessa supplica! gradisci il mio grido, o Dio santo... I tuoi diletti figli, compresi delle tua potenza, insegnano ai loro posteri a temere ed esaltare te. O Signore. alla voce del tuo popolo, ricorda la tua misericordia, Dio santo.

Perciò o Tu che sei clemente, perdonaci.

Tutti celebrino la tua sovranità.

Tutti proclamano con timore la tua illimitata potenza.

Noi celebriamo, o Dio nostro, la tua immensa potenza. Egli che è pietoso perdonerà il peccato.

Pietoso e clemente Tu sei.

O Tu che risiedi in mezzo alle lodi o tu che troneggi nelle regioni eccelse, tu sei santo e benedetto [Rituale ebraico: preghiera di yom kippur].

 

4. Preghiera dei fedeli (da usare come sopra)

 

Rivolgiamo la nostra preghiera al Signore Dio nostro che è l'Unico Santo e Padre sempre pronto al perdono e alla misericordia verso tutti coloro che ritornano a Lui:

 

1. Benedetto sei Tu, Signore Dio nostro e Re del mondo, che ci dai la possibilità e la gioia di ritornare a te, fa' che ebrei e cristiani accolgano l'invito dei tuoi profeti e ritornino con il cuore e con l'anima e con tutte le loro forze, ad amare Te al di sopra di tutti e di tutto.

 

2. Benedetto sei Tu, Signore Dio nostro e Re del mondo, fa' che cristiani ed ebrei proseguano nell'impegno di ascolto e dialogo reciproco ad ogni livello, quale segno di un concreto «ritorno» a Te, che non desideri l'indifferenza tra i tuoi eletti, preghiamo.

 

3. Benedetto sei Tu, Signore Dio nostro e Re del mondo, fa' che l'esperienza del perdono reciproco sia più forte delle ferite inferte dall'odio razziale e possa sviluppare i germi di riconciliazione già presenti, preghiamo.

 

4. Benedetto sei Tu, Signore Dio nostro e Re del mondo, fa' che come singoli e come Chiesa siamo vigilanti e risoluti nel condannare ogni complesso di superiorità verso la religione ebraica, preghiamo.

 

O Dio, ti ringraziamo per il dono di amicizia e di collaborazione tra le Chiese e la comunità ebraica; fa' che ebrei e cristiani possano sempre collaborare all'unità della famiglia umana secondo il tuo disegno di salvezza. Amen.

 

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