Buona giornata Chaim. Ho letto il tuo testo "paolino". Che dire?
Condivido tutto quello che hai scritto. Troppo spesso la chiesa cattolica, alla quale appartengo, ha privilegiato l'aldilà a scapito dell'aldiqua, il regno dei cieli a scapito della vita quotidiana (anche se l'apocalisse di Giovanni fa scendere sulla terra la Gerusalemme celeste...), una presunta spiritualità a scapito della terrestrità (anche se la religione dell'incarnazione dovrebbe sapere che ogni spiritualità o è incarnata o non è).
Di Paolo però ho imparato alcune cose ormai.
La prima è che ha cercato di fare da ponte tra l'ebraismo e la cultura greco-romana (e non è detto che ci sia riuscito). La seconda è che il suo parlare era contestuale, a fronte di una particolare comunità interlocutrice, e quindi a volte si è contraddetto suo malgrado. La terza è che, a suo modo, ha cercato di rimanere nel solco dell'ebraismo (ellenistico e apocalittico che sia).
Molto poi è dipeso dall'interpretazione che, a partire dai padri della chiesa, si è voluto dare di Paolo. Oggi gli studi su di lui provano a rileggerlo nel contesto del giudaismo della sua epoca e a dare una nuova interpretazione dei suoi messaggi. Chissà però quando la chiesa cattolica riuscirà a beneficiare di questo lavoro.
Ad ogni modo grazie per il tuo contributo.
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