Scrive Dante Lattes in un saggio intitolato L’eternità del patto (in Nel solco della Bibbia, Laterza, Bari 1953): “Israele visse costantemente nella certezza dell’aiuto di Dio ed in questa fiducia o in questa nostalgia si manifestarono il senso e la sicurezza della sua eternità”. Certezza, fiducia, nostalgia. La certezza è quando l’aiuto di Dio è verificato, come nel libro dell’Esodo (shemot/nomi); fiducia è quando l’aiuto di Dio non si vede ma, sorretti dalla memoria del passato, lo si attende ancora; nostalgia è quando l’aiuto non arriva né lo si aspetta più e resta solo la malinconia.
Nello stile della Bibbia questo rapporto è chiamato patto o alleanza (berit). Nell’ebraico è femminile e lo si taglia (karat) come quando si spezza una stretta di mano. Nelle testimonianze ittite del secondo millennio avanti l’era volgare tagliare (karat) l’alleanza (berit) era normale prassi nelle relazioni internazionali. L’originalità della Bibbia è applicare una categoria umana, di consueto rapporto tra popoli, alla relazione tra gli esseri umani e Dio.
Nel libro del Deuteronomio (devarim/parole 29,9-14) Dio stringe il patto con capi tribù, anziani, ufficiali, uomini d’Israele, figli, donne, ma anche con forestieri residenti che tagliano la legna e attingono l’acqua, e persino con chi non è lì presente quel giorno. Non solo con chi è in viaggio o malato, scrive Lattes, ma anche con tutti coloro che verranno nei secoli futuri, “che li conosceranno dalla voce dei padri e dei maestri, li troveranno scritti nei libri e nelle storie, li erediteranno come un patrimonio familiare”
E ancora non si tratta di una “magica investitura” quanto piuttosto di una “collaborazione alla quale Dio chiama tutto un popolo” e che ha come mèta “il coronamento della storia umana”. Ovvero “l’unità degli uomini in terra” come “reale riconoscimento e reale immanenza dell’unità di Dio”. Per Lattes “la storia viene creata insieme con Dio” e Israele è invitato a “collocare la propria storia nazionale nella corrente dell’universale storia del mondo”.