Chi
L’evangelista Luca, l’autore degli Atti, secondo la tradizione un gentile di Antiochia, celibe, medico (cf Col 4,14), uomo di cultura, con una chiara familiarità con i classici e la Bibbia greca, non altrettanta con l’ebraismo e i suoi precetti, resta il dubbio se fosse di origine ebraica oppure l’unico gentile degli evangelisti, forse protagonista delle sezioni in “noi” (cf At 16,10-17; 20,5-21; 27,1-28,16) e compagno di viaggio di Paolo (cf Col 4,14; Fm 24; 2 Tm 4,11).
Quando
Tra l’80 e il 90 d.C. anche se alcuni, vista la brusca interruzione degli Atti, propongono il 62.
Dove
Forse Grecia, quasi certamente i destinatari erano tutti gentili.
Come
Senza conoscere l’epistolario paolino: con una teologia differente da quella di Paolo, in Luca non c’è alcuna polemica contro la “legge”, il Paolo lucano è diverso da quello delle lettere, Luca ne evidenzia l’oratoria e i miracoli, non gli conferisce mai il titolo di “apostolo” che Paolo rivendica
Con un particolare interesse per l’oikoumene (tutta la terra abitata) e la sua storia: “perché state a guardare il cielo?” è la domanda che gli angeli rivolgono agli apostoli dopo l’ascensione di Gesù (cf Atti 1,11), con i poveri, i peccatori, gli ultimi, con la vita concreta di personaggi che tratteggia con cura e di cui descrive la conversione, con le donne che seguono Gesù (8,2-3) e per la peccatrice che riceve il suo perdono (7,36-47)
Nell’unità tra il Vangelo di Luca e gli Atti: si aprono con la stessa dedica a Teòfilo, mostrano una certa unità di vocabolario e di stile, la definizione dei cristiani come “fratelli”, il peculiare utilizzo del termine “chiesa” (ekklesia), l’uso della metafora della “via” (hodos).
Il “fuoco della missione” brucia nel petto di Luca: la fiamma che ardeva nei discepoli di Emmaus mentre camminavano conversando con Gesù risorto (cf Luca 24,32), il “manifesto” del libro degli Atti è la frase “mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (Atti 1,8), la chiesa madre è il primo frutto della testimonianza a Gerusalemme, e getterà il suo seme nella Giudea e nella Samaria, a partire dalla chiesa di Antiochia, soprattutto attraverso l’azione missionaria di Paolo, la testimonianza raggiungerà prima il centro culturale (Atene) e poi quello politico (Roma) dell’impero romano, la parabola degli Atti terminerà, pur senza una concreta conclusione narrativa, agli “estremi confini della terra” rispetto a Gerusalemme.
Il rapporto con la rivelazione divina della quale Israele è depositario: “tradimento fedele” della Chiesa rispetto a Israele, continuità pur nella novità, che fu già di alcuni profeti, estensione al mondo intero delle promesse fatte da Dio a Israele, il tempo della chiesa è un compimento aperto e ancora da concludere, i cristiani sono chiamati a vedere in Cristo la realizzazione della promessa, senza che venga meno in loro l’attesa di un compimento ultimo, uno schema a tre fasi “promessa-realizzazione-compimento” che apre la porta alla parusia (ritorno) di Cristo sulla terra, Gesù è “luce per le genti e gloria del suo popolo Israele” (2,32).
La peculiarità del vangelo di Luca: l’ampia sezione da 9,51 a 19,46 – il buon samaritano, il figlio prodigo, il ricco e il povero Lazzaro, la visita a Marta e Maria, l’incontro con Zaccheo – e la passione – il sudore che diviene sangue (22,4), il buon ladrone (23,39-43), le ultime parole di Gesù (23,46), i discepoli di Emmaus (24,13-35).
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