domenica 18 gennaio 1998

Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. 17 gennaio 1998

 

1. Presentazione

 

Nel 1998 la giornata del 17 gennaio, istituita nel 1989 dalla Conferenza Episcopale Italiana per l'approfondimento e lo sviluppo del dialogo cristiano‑ebraico, ricorre al termine di una intensa stagione in cui le Chiese tutte - prima, durante e dopo la II Assemblea ecumenica europea di Graz - si sono interrogate seriamente sulle colpe commesse dai cristiani verso gli ebrei. In particolare, la Chiesa Cattolica sta elaborando la richiesta ufficiale di perdono per il peccato di antigiudaismo religioso (si vedano le affermazioni del presidente della commissione teologico‑storica del Giubileo, p. Georges Cottier: «Per antigiudaismo intendiamo l'insieme dei pregiudizi e dei giudizi pseudo‑teologici che hanno a lungo circolato in popoli segnati dal cristianesimo e che sono serviti come pretesto per le ingiustificabili vessazioni di cui ha sofferto il popolo ebraico nei corso della storia»; fonte ufficiosa).

Sono questi i frutti di un cammino durato almeno cinquant'anni in cui il dialogo ebraico‑cristiano ha portato a riconoscere dove stanno le radici dell'identità cristiana: la carne assunta dal Verbo all'interno di un popolo ben preciso. Se quindi il legame delle due comunità nasce, reciprocamente, «al livello stesso della propria identità» (Giovanni Paolo II, 12 marzo 1979), è possibile per le chiese ridefinire se stesse proprio a partire dal persistere provvidenziale di Israele e della sua speranza messianica nella storia.

Perché la giornata del 17 gennaio 1998 avesse una sua configurazione ed un suo preciso sviluppo celebrativo, la Conferenza Episcopale Italiana, d'intesa con la comunità ebraica, ha scelto di approfondire il tema seguente: La dignità umana nella tradizione d'Israele. «Che cosa è l'uomo perché te ne ricordi...» (Sal 8,5 ss).

Il ricchissimo patrimonio spirituale della tradizione ebraica si è costituito nel corso dei secoli grazie ad un commento della Scrittura alimentato sempre da una estrema attenzione alla vita concreta e alle sofferenze proprie ed altrui. Il tema di quest'anno - che riprende e approfondisce il tema del 1995 Dio creò l'Uomo a sua immagine... (Gen 1,27) - mette bene in evidenza la dignità dell'essere umano inteso come "tempio" di Dio, chiamato a coronare quel "Tempio" perfetto che è la Nazione Santa, in attesa che lo diventi l'umanità intera (è questo un rilievo interessante che un noto rabbino italiano del secolo scorso, Elia Benamozegh, ricava da Jalkut Shimeoni, 20, secondo cui Dio, per formare il corpo di Adamo, prese la terra dell'altare di Gerusalemme, o, meglio dal luogo del suo perdono).

 

2. Il tema della giornata del 17 gennaio 1998

 

La dignità umana nella tradizione d'Israele.

«Che cosa è l'uomo perché te ne ricordò..» (Sal 8,5 ss)

 

Il cristianesimo eredità direttamente dall'ebraismo il valore della dignità umana. Proprio il capitolo del Nuovo Testamento che lo innesta sul sacerdozio regale di Cristo, cita i versetti 5‑7 di quel Salmo 8 (tr. LXX) da cui ha preso spunto la nostra riflessione: Non certo a degli angeli Dio ha assoggettato il mondo futuro, del quale parliamo. Anzi, qualcuno in un passo ha testimoniato: Che cos'è l'uomo perché ti ricordi di lui o il figlio dell'uomo perché tu te ne curi? Di poco l'hai fatto inferiore agli angeli, di gloria e di onore l'hai coronato e hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi. Avendogli assoggettato ogni cosa, nulla ha lasciato che non gli fosse sottomesso. Tuttavia al presente non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa. Però quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo ora coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti» (Ebr 2,ó‑9).

Non a caso, dunque, uno scritto redatto per dei giudeo‑cristiani diventa la pietra miliare per ritrovare nell'intera tradizione ebraica il valore inalienabile dell'essere umano: «Chiunque porta un volto umano è creato e chiamato ad essere rivelazione della dignità umana» (L. Baeck). Illuminante è un midrash sul simbolo della torre di Babele: «Gli uomini dissero: costruiamo una città e una torre la cui cima arrivi al cielo. Ora la torre aveva sette gradinate ad oriente e sette ad occidente. Gli uomini salivano da una parte per portare i mattoni, mentre scendevano dall'altra per andarli a caricare. Se cadeva un mattone si sedevano e piangevano dicendo: Ah, si è rotto un mattone! Che cosa facciamo? Qua 'è il suo prezzo? Dobbiamo farne un altro! Passò allora di là il Signore e vide che gli uomini che cadevano dalle impalcature non erano pianti ma il mattone cotto trovava grande pianto. Allora li maledisse e li disperse su tutta la faccia della terra» (Genesi Rabbà, 11,1‑9). La sciagura, quindi, non consiste nella confusione delle lingue, bensì nell'idolatria della propria potenza che fa valere un mattone più di un essere umano. Di qui si ricava, per converso, il criterio di "diritto divino" secondo il quale «ogni persona vale quanto tutto il mondo» (Berakhot 6b) e «chi conserva una vita in Israele, ha conservato un mondo con tutte le sue ricchezze» (Avot di R. Natan, 31; cfr. qui sotto m. Sanhedrin, 4,5).

La tradizione rabbinica fin dall'inizio, non accettando l'idea di un destino tragico, spiega la violazione della dignità umana con la mancanza di responsabilità nella cura dell'altro, chiunque sia: forestiero, schiavo, povero (cfr. Es 23,1‑9; Dt 22,14) o anche nemico (cfr. Lv 19,17‑18). In seguito, i maestri rabbini, quando interpretano la legislazione della Torà sui rapporti col prossimo - cfr. Lv 25,23‑34 [giubileo]; Dt 14,22‑29 [decime]; Dt 16,18‑20 [giustizia] -, denotano una concezione etico‑sociale del diritto dell'altro all'assistenza, perché nessuno che sia oppresso dal bisogno rimanga in balia della benevolenza spontanea. Ecco alcuni esempi.

La tutela del forestiero è particolarmente emblematica per la scoperta del senso originario della comune umanità (tale da rendere Abramo, secondo il Talmud, una specie di «socio di Dio nella creazione» quando pratica l'ospitalità verso i tre sconosciuti: cfr. Gen 18,1‑8): «Forestieri voi siete presso di me, ciò significa: non atteggiatevi a uomini che pensano di essere i soli a contare» (Sifra su Lv 25,23: «La terra è mia ‑ dice il Signore ‑ e voi siete presso di me come forestieri e inquilini»). D'altra parte, sempre duro è il giudizio sugli abusi della proprietà: «Dire che il mio è il mio e il tuo è il tuo, significa avere la mentalità di Sodoma» (Pirqé 'Abot V,11), con riferimento al seguente passo della Scrittura: «Ecco, questa fu l'iniquità di tua sorella Sodoma: essa e le sue figlie avevano superbia, ingordigia, ozio indolente, ma non stesero la mano al povero e all'indigente» (Ez 16,49).

La concezione del diritto dell'altro custodita nella Torà nasce dalla tensione tra l'esperienza umana di non essere giusti e il sempre risorgente anelito divino al bene: «L'uomo sta un poco più in basso degli angeli (cfr. Sal 8,ó) e un po' più in alto delle bestie. Come un pendolo, egli oscilla avanti e indietro sotto l'azione combinata della gravità e dell'impulso, la foga di gravità del suo egoismo e l'impulso del divino, di una visione contemplata della vicinanza di Dio nelle tenebre della carne e del sangue [...] Non ci viene chiesto di abbandonare la vita e di congedarci da questo mondo, ma di mantenervi accesa la scintilla e di permettere che la luce divina si rifletta sul nostro volto» (A.J. Heschel). Eredità, questa, tipicamente rabbinica, secondo la quale «le azioni dei giusti superano la creazione del cielo e della terra».

Di fronte alla esperienza del male il valore della dignità umana si attua mediante la conversione di ogni energia in una relazione positiva tra gli esseri umani: «Non si può servire Dio veramente senza passione. La passione diretta verso Dio è il vero servizio. Questo è ciò che vuoi dire la grande parola dei nostri savi (si veda qui sotto l'insegnamento di R. Nachman di Breslav; ndr.), che si deve servire Dio con i due istinti, quello del bene e quello del male, con l'unità della passione e della direzione» (M. Buber).

Ritornando per finire al Salmo 8,5 ss, possiamo rilevare che la dignità umana, i cui termini sono mutuati dall'ideologia regale (gloria, onore, potere), è un dono di Dio che veglia sulla sua creatura prediletta perché ne diventi suo responsabile luogotenente. I1 salmista è stupito che l'essere umano sia oggetto di una premura unica e appassionata da parte di Dio, anzi è come in preda ad un certo timore reverenziale per la distanza tra la propria umana nullità e la grazia incomparabile del dono divino. Ma è proprio questa la vera umiltà alla quale ci educa il Chassidismo filtrato da M. Buber «Il singolo guarda Dio e l'abbraccia. Il singolo redime i mondi caduti. Eppure il singolo non è tutto, ma una parte. E quanto più egli è puro e perfetto, tanto più nitidamente egli sa di essere una parte, e tanto più si fa desta in lui la comunanza degli esseri. Questo è il mistero dell'umiltà: [...] di essa è espressione l'aiutare non per compassione, cioè non per un acuto improvviso dolore di cui ci si voglia liberare, ma per amore, cioè per comunicazione di vita»

 

3. TESTI E PREGHIERE

(da utilizzare per una liturgia della parola o per una celebrazione eucaristica)

 

a) Commenti

 

«Per questa ragione fu creato un solo uomo, per insegnarti che se uno distrugge una sola persona, la Scrittura lo considera come se avesse distrutto il mondo intero; e se salva la vita di una singola persona. la Scrittura lo considera come se avesse salvato il mondo intero» (m. Sanhedrin, 4,5).

«Enosh vuoi dire essere umano e indica l'umanità in uno stato di degradazione, l'uomo violento. Adam indica l'umanità allo stato puro, luogotenente di Dio sulla terra» (Hirsch).

«In ogni uomo c'è qualcosa di prezioso che non si trova in nessun altro. Si deve perciò onorare ognuno secondo le sue virtù nascoste, che egli solo possiede e che non ha nessuno dei compagni » (Rabbi Jakob Izchaq, il "Veggente " di Lublino).

«Ogni uomo ha in se tutti i mondi che esistono, perciò è capace di entrare in contatto con tutti. L'uomo possiede in se tutte le caratteristiche, buone e cattive, ma si trovano in uno stato potenziale. E però in suo potere manifestarle. Se il suo carattere è angelico, trasformerà le tendenze cattive in buone, se è demoniaco, trasfonderà le tendenze buone in cattive. Ma come può un uomo acquisire un carattere angelico? È lo studio della Torà e l'obbedienza ai comandamenti che ci aiutano a divenire santi come gli angeli» (Rabbi Pinchas di Korez).

«Se non avessimo un impulso e un'attrazione al male, il nostro servizio sarebbe senza valore. Il Signore ha dotato l'uomo di una passione impetuosa e costante che agisce come ostacolo al suo desiderio di avvicinarsi a Dio. Anche se l'impulso al male può portare l'uomo ad offendere Dio gravemente, se l'uomo riesce a sottomettere le sue passioni e ad indirizzarle al servizio di Dio, ogni sacrificio ne vale la pena. Questa vittoria, anche se solo occasionale, è più gradita a Dio di mille anni di servizio osservato da un uomo senza passioni. L'universo fu creato unicamente in vista di questo combattimento contro il male innato. Questa lotta per sottomettere tutte le passioni sotto i suoi piedi è il compito principale e la corona dell'uomo (Rabbi Nachman di Breslav).

«Non esiste qualità o forte nell'uomo che sia stata creata inutilmente. E anche tutte le qualità basse e malvagie possono essere sollevate al servizio di Dio. Cosi per esempio l'orgoglio: quando viene elevato si muta in nobile coraggio nelle vie di Dio. Ma a che sarà stato creato l'ateismo? Anch'esso ha la sua elevazione nell'atto di pietà. Poiché quando uno viene da te e ti chiede aiuto, allora tu non devi, da uomo pio, raccomandargli: abbi fiducia e Dio ti aiuterà, ma devi agire come se non ci fosse Dio ad agire, come se in tutto il mondo non ci fosse nessun altro che potesse aiutarlo all'infuori di te» (Rabbi Moshé Loeb di Sasow).

 

b) Preghiere

 

«Il tuo mondo, la tua eternità possa tu trovare nella tua vita, il tuo futuro sia nella vita del mondo futuro, e la tua speranza sia di generazione in generazione» (Berakhot 17b).

«O Tu, glorioso, splendido ornamento del mondo, l'anima mia è malata dell'amore tuo! Ti prego dunque, o Dio, risanala Tu, mostrandole con dolcezza la tua gloria: allora essa ritroverà forza e salute, e diverrà tua ancella in eterno!» (Rituale ebraico, Preghiera del mattino; brano del canto «Amico dell'anima).

«Ripristina i nostri giudici come in antico e i nostri consiglieri come in principio; allontana da noi l'afflizione e il lamento e regna presto Tu solo su di noi, Signore, con grazia, misericordia, diritto e giustizia. Benedetto sei Tu, Signore che ami il diritto e la giustizia» (Rituale ebraico, Preghiera del mattino, XI Benedizione).

«Re dell'universo, padre di misericordia e di perdono,

concedici di incominciare in pace i giorni di lavoro che si stanno avvicinando:

liberi da ogni peccato e da ogni infedeltà,

purificati da ogni iniquità, malvagità e cattiveria,

intenti allo studio della tua Torà e a compiere opere di bene.

Che nella nuova settimana ci giungano solo notizie di gioia e di felicità.

Che il cuore di nessun uomo abbia invidia di noi né noi

abbiamo invidia di nessun altro uomo.

Re nostro, Dio nostro, padre di misericordia,

benedici e arricchisci il lavoro delle nostre mani (...)

Padre che ami e Signore che perdoni,

aprici, in questa settimana e nelle settimane da venire,

le porte della luce e della benedizione,

della redenzione e della salvezza,

dell'aiuto celeste e della gioia,

della santità e della pace,

dello studio della Torà e della preghiera.

Fa' che su di noi si compiano le parole della Scrittura che dice:

"Come sono belli sui monti

i piedi del messaggero di lieti annunzi,

che annunzia la pace,

messaggero di bene che annunzia la salvezza,

che dice a Sion: Regna il tuo Dio" (Is 52,7). Amen».

(Rituale ebraico, rito sefardita, Havdalà di Shabbat).

 

4. Preghiere dei fedeli (da usare come sopra)

 

Rivolgiamo la nostra preghiera al Signore Dio nostro che è l'Unico Santo e Padre sempre premuroso verso tutti gli uomini e le donne che hai reso responsabili gli uni verso gli altri:

 

1. Benedetto sei Tu, Signore Dio nostro e Re del mondo, che ci dai la possibilità di partecipare alla tua gloria, fa' che ebrei e cristiani promuovano la dignità della persona e la santità della vita umana.

 

2. Benedetto sei Tu, Signore Dio nostro e Re del mondo, che ci hai creati a tua immagine e somiglianza, fa' che ebrei e cristiani collaborino nel contrastare ogni forma di discriminazione e di violenza, specie verso i più deboli.

 

3. Benedetto sei Tu, Signore Dio nostro e Re del mondo, che hai chiamato ebrei e cristiani ad essere benedizione per il mondo intero, fa' che siamo in primo luogo benedizione gli uni per gli altri (Giovanni Paolo II).

 

4. Benedetto sei Tu, Signore Dio nostro e Re del mondo, fa' che le chiese proseguano nell'esame di coscienza delle loro colpe verso gli ebrei che ami in virtù delle tue promesse irrevocabili.

 

O Dio, ti ringraziamo per il dono di amicizia e di collaborazione tra le Chiese e la comunità ebraica; fa' che ebrei e cristiani possano sempre collaborare all'unità della famiglia umana secondo il tuo disegno di salvezza. Amen.

 

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