mercoledì 23 febbraio 2022

 


4. Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo.

La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti.

Essa confessa che tutti i fedeli di Cristo, figli di Abramo secondo la fede, sono inclusi nella vocazione di questo patriarca e che la salvezza ecclesiale è misteriosamente prefigurata nell'esodo del popolo eletto dalla terra di schiavitù. Per questo non può dimenticare che ha ricevuto la rivelazione dell'Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l'Antica Alleanza, e che essa stessa si nutre dalla radice dell'ulivo buono su cui sono stati innestati i rami dell'ulivo selvatico che sono i gentili. La Chiesa crede, infatti, che Cristo, nostra pace, ha riconciliato gli Ebrei e i gentili per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in se stesso. Inoltre la Chiesa ha sempre davanti agli occhi le parole dell'apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua razza: “ ai quali appartiene l'adozione a figli e la gloria e i patti di alleanza e la legge e il culto e le promesse, ai quali appartengono i Padri e dai quali è nato Cristo secondo la carne” (Rm 9,4-5), figlio di Maria vergine.

Essa ricorda anche che dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne della Chiesa, e così quei moltissimi primi discepoli che hanno annunciato al mondo il Vangelo di Cristo.

Come attesta la sacra Scrittura, Gerusalemme non ha conosciuto il tempo in cui è stata visitata; gli Ebrei in gran parte non hanno accettato il Vangelo, ed anzi non pochi si sono opposti alla sua diffusione. Tuttavia secondo l'Apostolo, gli Ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento. Con i profeti e con lo stesso Apostolo, la Chiesa attende il giorno, che solo Dio conosce, in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e “ lo serviranno sotto uno stesso giogo ” (Sof 3,9).

Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei, questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo.

E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo.

E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo.

La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque. In realtà il Cristo, come la Chiesa ha sempre sostenuto e sostiene, in virtù del suo immenso amore, si è volontariamente sottomesso alla sua passione e morte a causa dei peccati di tutti gli uomini e affinché tutti gli uomini conseguano la salvezza. Il dovere della Chiesa, nella sua predicazione, è dunque di annunciare la croce di Cristo come segno dell'amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia.

 

L'intero testo della dichiarazione è disponibile qui


martedì 15 febbraio 2022

Shtisel: 3 stagioni su Netflix


Shtisel è una serie tv israeliana di successo mondiale che narra con intelligenza, ironia e naturalezza, la vita quotidiana di una famiglia di ebrei “ultra-ortodossi” in un quartiere di Gerusalemme. Gli haredim (letteralmente: “tremanti” di fronte a Dio) sono in realtà “ultra-praticanti” perché applicano i precetti della Torah in forma più stretta di molte altre correnti dell’ebraismo. Come tutte le società umane che decidono di vivere secondo un obiettivo condiviso, quello haredi (al singolare) è un mondo molto strutturato e chi sceglie di farne parte deve accettarne le regole. Gli haredim, ad esempio, hanno cellulari e computer abilitati a operazioni limitate, preferibilmente senza l’utilizzo di Internet, e anche la televisione non è apprezzata.
Gli attori che recitano in Shtisel hanno trascorso giorni e notti a confronto con gli abitanti dei quartieri haredi di Gerusalemme per apprendere un certo modo di parlare, muoversi, gesticolare, annuire e perfino respirare. Nella serie tv, sottotitolata in italiano, essi parlano ebraico e principalmente yiddish, una lingua nata dalla commistione di alto tedesco ed ebraico, piena di vocaboli slavi ed ebraici. Attraverso di loro gli autori di Shtisel sono riusciti a raccontare in modo affascinante un mondo complesso mediante un linguaggio ricco di sfumature e allusioni, pur utilizzando una lingua diretta e dal sapore arcaico qual è l’ebraico.
Uno dei membri della famiglia Shtisel è il patriarca Shulem, un uomo di fede disincantato e amaro, un ortodosso per nulla folcloristico. Le circostanze drammatiche in cui vive fanno di lui un personaggio estremamente umano, capace di sentimenti estremi di rabbia, tristezza, felicità e fede. Tendenzialmente Shulem rifiuta alcuni aspetti mondani, ma poi si arrende accettandoli, quindi ci si affeziona e finisce per patirne la perdita. Egli non è principalmente un haredi, quanto piuttosto un “uomo” haredi, dove l’essere umano viene prima della sua fede. In questo senso Shtisel non racconta la vita degli haredim, ma più in generale i conflitti e i legami tra le persone.
La serie tv ruota attorno a due elementi fondamentali: la famiglia e i rapporti tra gli esseri umani. Uno dei figli di Shulem è un giovane con un grande talento per il disegno che vive un conflitto interiore e generazionale a causa della contrarietà dell’ebraismo alle raffigurazioni. Una nuora di Shulem deve lottare con il marito e la famiglia per comprarsi un’automobile, considerato un mezzo superfluo persino per gli uomini. Eppure nelle comunità haredi sono le donne che lavorano e mantengono la famiglia, perché gli uomini sono impegnati a tempo pieno nello studio.
Quella vissuta dagli attori protagonisti della serie tv è una singolare condizione di “esilio”. Essi sono infatti tutti ebrei liberali, spesso provenienti da famiglie profondamente e convintamente laiche e, in alcuni casi, anche antireligiose. La loro professionalità li ha condotti a connettersi al mondo interiore degli haredim, che si rifiutano di recitare e comparire in tv o al cinema. Il risultato è che la magia dell’incontro tra il mondo laico e quello ortodosso contagia gli spettatori e, tra essi, persino gli haredim che considerano Shulem “un vero ortodosso che abita a Gerusalemme”.
L’attore Dov Glickman, che interpreta Shulem Shtisel, narra che un giorno, in un ristorante di Parigi, un gruppo di donne musulmane si avvicinarono al suo tavolo per chiedergli se fosse lui uno dei protagonisti di “Shtisel”. Glickman si stupì che l’avessero riconosciuto, ma soprattutto fu impressionato dal fatto che avessero visto la serie tv. Scoprì così che anche in Libano la serie tv aveva riscosso un successo straordinario.

Il discorso della montagna (Matteo 5) di Gesù di Nazaret

  LE BEATITUDINI (PREMESSA ALLE SUPERTESI) Il rotolo di Qumran 4Q525 2 II, 1-6 ha 9 beatitudini, di cui solo le ultime 5 sono conserva...