Quanto a me, io do a te, più che ai tuoi fratelli, un dorso di monte, che io ho conquistato (Genesi 48,22)
lunedì 21 dicembre 2020
giovedì 17 dicembre 2020
Il Gesù di Jacob Neusner (1932-2016)
Jacob Neusner nasce il 28 luglio 1932 ad Hartford, nel Connecticut, da una famiglia di ebrei riformati. Suo padre Samuel, di origini polacche, è tra i fondatori del settimanale The Jewish Ledger. Sua madre Lee Green, di origini ucraine, col passare degli anni si allontanerà dal giudaismo. A scuola Jacob festeggia il Natale e Chanukkah. Cresce in un ambiente tipicamente protestante che non conosce l’antisemitismo. L’istruzione religiosa impartitagli non comprende la lingua ebraica. Dimostra fin da bambino un carattere anticonformista.
Dopo il diploma si iscrive all’università di Harvard e sviluppa un approccio socioculturale ai testi religiosi ebraici. Conseguita una laurea in storia nel 1953, si iscrive al Jewish Theological Seminary di New York, dove verrà ordinato rabbino conservative. Qui studia il Talmud con Saul Lieberman. Nel 1960 ottiene un Master in lettere ebraiche e un dottorato in religione presso la Columbia University. Qui subisce l’influenza di Mircea Eliade e dello studio comparato delle religioni.
Quando negli anni Novanta pubblicherà una traduzione senza commento del Talmud di Gerusalemme, il rabbino Lieberman lo accuserà di ignoranza dell'ebraico e della grammatica aramaica, e lui risponderà con un libro polemico sugli errori del maestro. Neusner non è nuovo a dispute di questo genere: considera le controversie segni di onore e dovere di ogni studioso. Prenderà le difese di papa Benedetto XVI dalle molte critiche ebraiche per la nuova formulazione della preghiera del venerdì santo nella messa in rito tridentino.
Negli anni Sessanta insegna in un college del New Hampshire, in un’università privata del Rhode Island e all'Università della Florida del Sud. Nel 1994 entra nel Dipartimento di religione di un College privato di arti liberali a New York, dove rimane fino al 2014. Qui fonda l’Istituto di teologia avanzata con Bruce Chilton, pastore anglicano esperto di cristianesimo delle origini. Dal matrimonio con Suzanne Richter ha tre figli (Samuel, Eli e Noam), una figlia (Margalit) e nove nipoti. Muore a New York all’età di 84 anni.
Impresa sovrumana sono i suoi novecentocinquanta libri, di cui sono disponibili in italiano: Il giudaismo nei primi secoli del cristianesimo (Morcelliana 1989, 2014), I fondamenti del giudaismo (Giuntina 1992, 1995), Il giudaismo nella testimonianza della Mishnah (EDB 1995, 2017), Ebrei e cristiani. Il mito di una tradizione comune (San Paolo 2009), Il Talmud. Cos’è e cosa dice (San Paolo 2009), Analizzando la Torah. Capitoli di autobiografia intellettuale (Morcelliana 2012).
Neusner e i cristiani
Cinque sono i libri di Neusner sul cristianesimo: nel primo (Issues of the Initial Confrontation, 1987) si domanda se ebrei e cristiani parlarono mai degli stessi argomenti nello stesso momento; nel secondo (The Mith of a Common Tradition, 1990) nega l’esistenza di una tradizione giudaico-cristiana; nel terzo (The Bible and Us, 1990) afferma che ebrei e cristiani non si incontrano nemmeno quando leggono la Bibbia; nel quarto (Making Sense of Christian and Judaic Nonsense, 1993) sostiene che non c’è mai stato neppure il desiderio di un dialogo tra giudaismo e cristianesimo; il quinto (A Rabbi Talks With Jesus, 1993) è un suo dialogo immaginario con Gesù.
Quest’ultimo viene pubblicato in Italia con due titoli diversi da due differenti editori cattolici: Disputa immaginaria tra un rabbino e Gesù (Piemme 1996) e Un rabbino parla con Gesù (San Paolo 2008, 2013). La prima edizione riporta in quarta di copertina una nota del cardinal Joseph Ratzinger. Nella seconda edizione la nota si trasformerà in una prefazione in cui l’ormai papa Benedetto XVI esprime un aperto apprezzamento che è alla base della sua enorme popolarità. Nel libro l’autore salta a piè pari venti secoli di storia del giudaismo e immagina di vivere ai tempi di Gesù, di ascoltare il suo insegnamento in Galilea e di interloquire con lui e con i suoi discepoli prima della sua ultima salita a Gerusalemme.
L’approccio di Neusner è dettato dal suo rispetto per i cristiani e per il loro interesse a mantenere buone relazioni con persone di altre religioni. Del resto la sua parabola professionale è stata sostenuta da colleghi protestanti e cattolici che gli hanno offerto borse di studio anche dopo essere diventato rabbino. Così Neusner sceglie la forma del dialogo con Gesù perché non ritiene opportuno discutere dei miracoli, della passione, delle lacrime di una madre o di una tomba vuota. Mentre invece discute del messaggio di Gesù perché ritiene che un dialogo tra ebrei e cristiani non possa che cominciare da qui.
Criticabile è la sua scelta di prendere in considerazione il solo vangelo di Matteo, perché il Gesù di Paolo è risorto dai morti, mentre per quello di Giovanni i giudei sono il nemico. Da un lato lo sceglie perché descrive Gesù come un ebreo: “uno di noi”; dall’altro afferma che in Matteo la figura di Gesù prevale sui suoi insegnamenti. Ne deduce che il messaggio del maestro di Galilea è la prova che egli è il Cristo a cui Israele dovrebbe credere. Ovviamente rifiuta tale prospettiva e così separa nettamente il cristianesimo dall’ebraismo.
Proprio questo approccio è ciò che avvince il teologo Joseph Ratzinger, che da papa lo citerà più volte nella sua trilogia sul Gesù di Nazareth (Rizzoli 2007, Libreria Editrice Vaticana 2011 e Rizzoli/LEV 2012). Dobbiamo a Neusner che un papa per la prima volta abbia coinvolto senza fini apologetici un pensatore ebreo nella conversazione fra la chiesa e Gesù (cf. Achim Buckenmaier, Rudolf Pesch, Ludwig Weimer, L’ebreo Gesù di Nazareth. Un contributo al dialogo fra Jacob Neusner e Benedetto XVI, Marietti 2011).
Neusner scrive il suo dialogo con Gesù “per i cristiani credenti e per gli ebrei osservanti”, escludendo dal proprio orizzonte “gli studiosi e le loro teorie sul Gesù della storia distinto dal Cristo della fede”. Intende così “sfidare la fede cristiana senza alcun intento proselitistico”.
Ai piedi della montagna con l’Eterno Israele
Il discorso della montagna (Mt 5-7) è per Neusner una seria istruzione su cosa Dio desidera da un ebreo. Ogni vero maestro trae dalla Torah di Mosè la sua personale torah (insegnamento), fatta di cose vecchie e nuove (attualizzazione). Le affermazioni di Gesù sono una spiegazione “nuova, forte e originale della Torah”. Neusner accetta tutte le beatitudini: miti, misericordiosi, affamati etc. Quando tuttavia Gesù passa dal “beati loro” al “beati voi”, egli resta scandalizzato da quel “quando vi perseguiteranno” (5,11-12). Si rifiuta di pensare che Gesù si rivolga a lui o agli ebrei di sempre (“l’Eterno Israele”).
Secondo l’autore Gesù sta costruendo una siepe attorno alla Torah come prescritto dai Capitoli dei Padri (Avot 1,1). Anche i Proverbi utilizzano questa tecnica comunicativa (6,25-26) e Rabbi Jochanan ben Zakkaj fa lo stesso coi suoi discepoli quando afferma: “l’onore e il denaro del tuo prossimo ti sia caro quanto il tuo” (Avot 2,8-13). Ciò che scandalizza Neusner sono tuttavia “porgi l’altra guancia” (Mt 5,38-39) e “amate i vostri nemici” (Mt 5,43-48). Secondo lui la Torah conosce l’uso legittimo della forza, insegna che bisogna resistere al male e chiede a Israele di combattere i nemici di Dio “come Amalek e Core”. Si convince pertanto che Gesù parla ai discepoli che stanno sulla cima, non a lui che sta ai piedi del monte con il popolo.
Per Neusner il discorso della montagna contrasta con alcuni dei dieci comandamenti. Il legame della carne e della famiglia “costituisce la ragione logica dell’esistenza sociale del popolo ebraico”. Gesù afferma che chi fa la volontà Di Dio “è fratello, sorella e madre” (Mt 12,49-50), ma così insegna a violare il comandamento “onora tuo padre e tua madre”. Inoltre Gesù afferma: “chi non prende la sua croce e mi segue, non è degno di me” (Mt 10,38), ma se tutti gli ebrei facessero questo, le famiglie e i paesi scomparirebbero. Anche perché le famiglie ebraiche sono “composte da persone che già fanno la volontà di Dio”. E se non ci si affannasse per quello che si mangerà o berrà (Mt 6,25-34), l’Eterno Israele non potrebbe sussistere.
Un altro comandamento che Gesù insegnerebbe a trasgredire è “ricordati del giorno di sabato per santificarlo”. Quando i discepoli vengono rimproverati perché raccolgono spighe di sabato (Mt 12,1-8), Gesù li giustifica citando i seguaci di Davide che per fame presero il cibo riservato ai sacerdoti. In effetti i sacrifici nel tempio vengono offerti anche di sabato (Nm 28,3-10), ma i sacerdoti lavorano dentro uno spazio sacro, specularmente opposto al resto del mondo. I discepoli che colgono spighe fuori dal tempio sostituiscono così i sacerdoti e, giustificandoli, Gesù mette in discussione lo spazio sacro. Inoltre quando Gesù guarisce di sabato (Mt 12,9-13), non sta mettendo in discussione l’etica – è lecito fare il bene? – ma piuttosto la santità del sabato, il momento determinante dell’Eterno Israele, in cui ci si riposa e si rimane in famiglia (Es 16,29-30).
Gesù e i farisei
Da un lato Neusner sente rivolti a se stesso i rimproveri di Gesù ai farisei (Mt 23,1-8): l’epiteto “razza di vipere”, l’incongruenza tra ciò che dicono e fanno, le opere fatte per essere ammirati dagli altri. D’altro lato non si capacita di tutte le provocazioni fatte dai farisei a Gesù. Ne conclude che c’è un’incomunicabilità tra le due parti in causa che conduce a continui fraintendimenti. Ad esempio l’osservazione fatta a proposito del lavarsi le mani (Mt 15, 1-9), a cui Gesù risponde citando le offerte al tempio sottratte alla cura dei genitori, sottende una dichiarazione di simpatia dei farisei per i discepoli di Gesù che non viene colta. Così per Neusner ci troviamo di fronte a “un dialogo tra sordi”.
Diverso è il caso del divorzio che Mosè permette (Dt 24,1) e che Gesù giudica frutto della durezza di cuore (Mt 19,3-9). Sia i farisei sia Gesù spingono le persone a una devozione più profonda. Ma mentre i farisei vogliono che Israele sia santo qui e ora, Gesù chiede di pentirsi per entrare nel regno di Dio nell’immediato futuro. Per Neusner sono messaggi differenti che si rivolgono a persone diverse e che non hanno niente in comune. Da una parte c’è la santificazione ebraica e dall’altra la salvezza cristiana.
Per l’autore Gesù insegna a trasgredire anche il comandamento di essere santi come lo è Dio. Gesù afferma infatti che, non il cibo che entra, ma le parole che escono dalla bocca rendono impuri (Mt 15,17-20). Al contrario Neusner non vede alcun conflitto tra ciò che entra e ciò che esce dalla bocca. La Torah dedica molto spazio al cibo. La purità non riguarda l’etica, quanto piuttosto ciò che va “contro natura”, come il cadavere, il flusso mestruale e l’emissione seminale fuori dalla riproduzione. Ciò che è puro (tahor) è accettabile per il culto in un luogo sacro, mentre l’impuro (tame’) non lo è. Solo chi è puro può officiare nel tempio o recarvisi e solo i precetti della Torah rendono puri.
I farisei portano fuori dal tempio il concetto di purità. Per Neusner ogni luogo dove vivono gli ebrei è santo e così Israele diviene un regno di sacerdoti e una nazione santa. Per i farisei la santità richiede la separazione, mentre per Gesù la santità è una categoria morale (virtù). Per Gesù l’impuro è malvagio, mentre per i farisei non lo è: un malvagio può essere puro ed avere accesso al luogo santo. Gesù rimprovera i farisei di pagare la decima e trasgredire le prescrizioni più gravi come l’onore per i genitori. Ma la santità per Israele consiste nel pagare la decima (Dt 14,22). L’accusa di essere “sepolcri imbiancati” dà per scontato che il diritto sia in contrasto con il rito. In questo Gesù si avvicina a profeti come Natan e Amos.
Israele ha conosciuto tre tipi di maestri: sacerdoti (Torah), saggi (Proverbi e Qoelet) e profeti. Gesù fa costantemente riferimento a questi ultimi. Neusner invece, pur rendendo omaggio a Gesù, segue i farisei che sono la laicizzazione della classe sacerdotale. Per lui al vertice della scala gerarchica rimangono i sacerdoti e il tempio. Sono loro il centro del mondo che rende inutile ogni insegnamento sul posto di Israele fra le nazioni.
Gesù e/è Dio
Gesù dice a un giovane che se vuole essere perfetto deve vendere tutto quello che possiede e poi seguirlo (Mt 19,16-22), al che il giovane se ne va rattristato. In realtà Neusner cita l’episodio senza considerare le “molte ricchezze” che rendono triste il giovane. Sorge il dubbio che Neusner abbia ascoltato Gesù in modo rapsodico. L’episodio suscita in lui alcune domande. I dieci comandamenti non sono abbastanza? Nemmeno la regola aurea è sufficiente? Poi cita un episodio che vede rabbi Akivà preferire la Torah a un campo da coltivare (Levitico Rabbà 34,16). Il giovane avrebbe dovuto seguire Gesù come Akivà ha studiato la Torah. Dunque Matteo propone Gesù al posto della Torah. Neusner ne conclude che esistono due strade diverse: studiare la Torah o seguire Cristo. Si rifiuta di pensare a Gesù come a un maestro della Torah.
Il Gesù di Matteo per Neusner “parla con autorità” eccessiva. Mosè parla da profeta perché riporta la parola di Dio. Gesù invece non cita Dio. Quando dice “vi è stato detto” non esplicita il soggetto dell’azione. Quando poi prosegue con “ma io vi dico” parla come se fosse Dio (Mt 5). Mosè agisce “non per distruggere, ma per costruire”. La preghiera di Israele è collettiva, non individuale, richiede un minimo di dieci maschi adulti (minjan). Quando Gesù dice “prega il Padre tuo nel segreto” (Mt 6,5-6) invece distrugge la religiosità pubblica. Chi riceve Gesù riceve colui che lo ha mandato (Mt 10,40). Secondo Neusner questo Gesù avanza richieste che soltanto Dio può avanzare. Chiede ai discepoli di onorarlo come Dio. Ne conclude che il Gesù di Matteo è Dio.
Gesù non parla del patto di Dio con Israele, non parla degli ebrei, non parla all’Eterno Israele. Parla del singolo, lo invita a partire, perché una svolta è vicina. Al contrario Neusner sostiene che il regno di Dio è nel popolo d’Israele e che ogni persona può entrare a farne parte. È convinto che Mosè dal Sinai ha detto molto di più di Gesù dalla montagna della Galilea: come organizzare una nazione, vivere nella quotidianità, servire Dio. Gesù parla del domani, ma gli ebrei vivono nell’oggi. Per questo Neusner è certo che non sarebbe diventato un suo discepolo.
Egli è convinto che Gesù compie un grande passo in una direzione sbagliata: “Cristo sta sulla montagna e prende il posto della Torah”. Il suo dissenso in effetti è diretto contro Gesù e non contro il cristianesimo, l’apostolo Paolo o la Chiesa. Il tono del suo discorso è chiaro: “molto di ciò che Gesù ha detto è sbagliato”; “laddove diverge da quanto Dio rivelò a Mosè sul monte Sinai, egli sbaglia e Mosè ha ragione”; “avrei di certo espresso il mio dissenso di ebreo su alcuni punti importanti degli insegnamenti di Gesù”; “non mi sarei unito”; “non lo avrei seguito”.
Neusner immagina di dialogare con Gesù che sta partendo per Gerusalemme. Lo saluta con un “va’ in pace” (lekh be-shalom). Poi torna alla sua casa e alla sua famiglia, al cane e al giardino, al suo lavoro e al riposo. Il regno di Dio certo verrà, ma nel frattempo la vocazione di un ebreo è di restare fedele alla Torah di Mosè, quella Torah che fa vivere qui e ora nel regno di Dio.
Per lui Gesù è come il profeta pagano/gentile Balaam, che benedice Israele guardando da lontano il luogo in cui è accampato. Alla benedizione del profeta dei gentili Neusner preferisce il rimprovero dei profeti d’Israele. E conclude: “Amico, va’ per la tua strada e io andrò per la mia… la tua non è la Torah di Mosè”. Così a ebrei e cristiani, pur pregando lo stesso Dio, non resta che discutere e lottare.
Quella di un maestro ebreo che prende il posto della Torah, che si rivolge solo a pochi e si preoccupa soltanto del futuro, più che un ritratto sembra essere una caricatura del Gesù dei vangeli. Ciò non toglie che i cristiani hanno il dovere di chiedersi se le chiese nel corso della storia non si siano presentate così agli occhi degli ebrei in più di un’occasione.
Il presente articolo è stato pubblicato sul periodico trimestrale SeFeR - Studi Fatti Ricerche n. 171 del luglio-settembre 2020. Non può essere riprodotto senza l'autorizzazione scritta della rivista. Per informazioni e abbonamenti scrivere a: fabio.ballabio66@gmail.com
Il discorso della montagna (Matteo 5) di Gesù di Nazaret
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