Antonia Molteni era nata il 18 luglio del 1925 a Lentate sul Seveso. Abitava in via Enrico Toti 1, una traversa di via Roma, che dava su uno dei tanti cortili della zona. A febbraio del 1944 non aveva ancora diciannove anni, era nubile, apprendista. Venne condotta al centro di raccolta dei lavoratori precettati di Sesto San Giovanni. Da qui fu trasferita in Stazione Centrale a Milano e inviata in Germania dallo Scalo Farini. Partì il 15 febbraio per Oberndorf, sul fiume Neckar, nel cuore della Foresta Nera. Oggi Oberndorf è una cittadina dello stato federale (land) del Baden Wurttemberg, nel sud ovest della Germania, e conta circa quindicimila abitanti.
Il governo fascista italiano aveva svolto un’intensa azione di propaganda per reclutare volontari per il servizio di lavoro in Germania. Tuttavia l’ingente sforzo aveva dato scarsi risultati. Così si passò dal volontariato alla precettazione. Ai precettati venivano riconosciute trecento lire come premio d’ingaggio e quattrocentocinquanta lire come premio di fine campagna. Inoltre gli assegni familiari erano raddoppiati e, se il viaggio lo richiedeva, c’erano mille lire per l’equipaggiamento. Venivano precettati gli sfaccendati, gli sfollati senza lavoro, gli impegnati in attività non giustificate dalle esigenze di guerra. Nel maggio del 1944 venne precettata l’intera classe del 1914. Chi si rifiutava veniva punito con gravi sanzioni e col deferimento ai tribunali militari.
Antonia fu destinata al lavoro nella fabbrica della Lottweil Mauser Werke, produttrice di macchine industriali, chiamata a sviluppare sistemi di difesa al servizio della guerra. Prodotto di punta dell’azienda furono le carabine Mauser 98K, con otturatore girevole, una rivoluzione per l’epoca. Un fucile preciso e affidabile, con gittata fino a cinquecento metri, che diventavano mille con l’uso delle ottiche. Caricatore a cinque colpi, leva dell’otturatore orientata verso il basso, per un’azione più veloce. Calcio in noce e attacco per una baionetta da venticinque centimetri. Le Mauser vennero utilizzate anche dall’Esercito Italiano nella campagna d’Etiopia. Vennero infine soppiantate dal Garand semiautomatico statunitense.
Antonia non fu certo l’unica lentatese precettata per il lavoro in Germania. Ernesto Rivolta era nato il 30 aprile del 1914. Risiedeva nella frazione di Copreno, in via Asiago 2, nel cortile ancora oggi in parte abitato. Era celibe e faceva il tubista. Partì l’11 aprile del 1944 per Halle Saale, città circondariale che oggi conta più di duecentomila abitanti, in Sassonia. Lavorò in una fabbrica chimica, la Leuna, del gruppo Basf. Utilizzava la tecnologia Bosch per produrre ammoniaca. Durante la guerra, vista la scarsità di petrolio, produsse benzina sintetica mediante liquefazione del carbone. Per portare a termine questo compito la Leuna impiegò circa duemila italiani. I suoi impianti di idrogenazione furono bombardati più volte dagli alleati. Un’azione che indirizzò l’esito della guerra.
Dino Ceppi era nato il 1 ottobre del 1926, viveva in via Asmara 55, in località Mocchirolo. Era celibe e lavorava come guardia di sorveglianza. Partì il 13 maggio per il campo di concentramento di Wattenstead a Braunschweig, una cittadina che oggi conta duecentocinquantamila abitanti, nella Bassa Sassonia. Lavorò come operaio nella fabbrica Stahler, per un fantomatico programma Antilope, di cui non è rimasta traccia. Natalina Maggi era nata il 4 aprile del 1923 a Cesano Maderno. Pur essendo nubile, risiedeva in via XXIV Maggio a Camnago, nei pressi della stazione ferroviaria e dell’allora sede delle Forze Armate. Partì l’8 maggio da Sesto. Una settimana prima era partito da lì anche Martino Negrini, nato l’11 novembre del 1898, bidello residente presso le scuole comunali. Lavorò ad Ansbach in Baviera, per un tedesco di nome Franken, come macellatore di suini.
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