Il vitello d’oro del popolo d’Israele è in realtà un toro. Rappresenta un tentativo di costruire un trono a Dio. Serve a rendere visibile il Dio astratto. Anche Mosè, quando è triste e scoraggiato, desidera vedere Dio. Ma Dio passa davanti a lui e lo copre con una mano. Gli mostra la sua schiena o (letteralmente) il suo dietro o il suo dopo. È un Dio in movimento, che non lascia dietro di sé un’immagine, ma si rivela sotto forma di parole (Torà).
I profeti sono i grandi mistici di Israele. Dicono parole che hanno udito. Attraverso di loro Dio offre intimità a Israele nei secoli della storia biblica. Che succede quando la parola di Dio si offusca nelle coscienze? I profeti si preoccupano di questo. Restaurano la Torà quando comincia a offuscarsi.
Anche Dio può venire meno alla sua promessa di fedeltà? Se così fosse il mondo sarebbe perduto. La lettura della storia non si esaurisce nella condanna che segue all’errore. Espiata il peccato, ristabilita la giustizia, c’è ancora spazio per la gioia. Così Zaccaria e Aggeo dopo l’esilio consolano i deportati in Babilonia. Ravvivano in loro il ricordo e la speranza.
Il trattato Pirqè Avot (capitoli dei padri) della Mishnà si apre con questo detto: “Mosè ricevette la Torà dal Sinai e la trasmise a Giosuè, e Giosuè agli anziani, e gli anziani ai profeti, e i profeti la trasmisero agli uomini della Grande Assemblea”. La Torà passa di bocca in bocca da Mosè agli scribi dell’epoca di Esdra. In quel tempo Neemia ritrova la Torà perduta e raccoglie il popolo. Legge nel libro e traduce da una lingua non più parlata e compresa. Ne spiega il senso.
Esdra istituisce l’assemblea dei saggi per limitare il potere dei re. Ma avvia anche la lettura pubblica quotidiana della Torà. All’epoca dei profeti la spiegazione era Scrittura. Qui lettura e spiegazione sono distinte. Con Esdra e Neemia termina il profetismo. Da quel momento ogni ebreo è chiamato a custodire la Scrittura in prima persona attraverso lo studio. Da Esdra (e dal Deuteronomio) l’ebraismo (e poi il cristianesimo) sviluppano un culto di lettura della Bibbia in cui l’ascolto è preghiera.
Il binomio insegnamento-studio è il cuore dell’ebraismo. In mancanza dei profeti lo Spirito Santo si posa sui maestri. Nelle libro della Cronache si legge: non toccate i miei consacrati e non maltrattate i miei profeti. Il trattato Shabbàt del Talmud vede nei consacrati gli scolari e nei profeti i maestri. Così Dio dice: non toccate gli scolari e non maltrattate i maestri.
Nel cristianesimo lo studio personale è sostituito dall’ascolto dell’omelia. Il prete non è un profeta né un apostolo o un evangelista. Tuttavia deve fare come loro se la chiesa deve sussistere. Il dramma è quando un prete predica contro la parola di Dio. Nega l’unica offerta di salvezza accettabile. Lascia in bocca un sapore di nulla e di morte. Per questo tocca a ciascun cristiano discernere la parola di Dio dalle parole del predicatore.
Quanto a me, io do a te, più che ai tuoi fratelli, un dorso di monte, che io ho conquistato (Genesi 48,22)
martedì 4 giugno 2019
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