Cenni storici
Nel 1967, a seguito del Concilio Vaticano II, anche la Diocesi di Milano recepisce le indicazioni del pontificio Direttorio per l’Ecumenismo e l’allora Arcivescovo di Milano, Card. Colombo, istituisce la Commissione provvisoria per l’Ecumenismo, la cui attenzione era fondamentalmente rivolta alle relazioni con le comunità cristiane non cattoliche ed ebraica.
A partire dal 1984, durante l’episcopato del Cardinal Carlo Maria Martini, la Commissione provvisoria viene riconfermata, divenendo definitiva e viene ufficialmente istituita la Commissione Diocesana per l’Ecumenismo e il Dialogo. Pertanto, alle precedenti si aggiunge l’attenzione alle relazioni con i rappresentanti delle confessioni non cristiane: dall’islam alle religioni orientali, fino ai nuovi movimenti religiosi. La sensibilità del Cardinal Martini rispetto all’ecumenismo e al dialogo con le altre religioni è costitutiva del suo modo di intendere la fede, come dimostrano per altro le sue prime lettere pastorali: La dimensione contemplativa della vita, del 1980, in cui spicca l’attenzione per l’oriente (cristiano e non) e In principio la Parola, del 1981, in cui è evidente il riferimento ai mondi ebraico e protestante.
Certamente anche l’evolvere del fenomeno migratorio dall’estero in Italia, che proprio nel corso degli anni Ottanta fa registrare un aumento numericamente consistente di migranti di fede islamica (in particolare marocchini e senegalesi), influisce sulla decisione di istituire un servizio diocesano che specificamente si occupi delle relazioni con altre confessioni religiose.
Nel 1990 il Card. Martini, nel consueto discorso alla città – un discorso pubblico, in cui la Chiesa ambrosiana ‘parla’ alla società civile – mette a tema l’accoglienza e il dialogo con i musulmani dall’evocativo titolo Noi e l’islam. In esso fondamentalmente richiama le Istituzioni e i milanesi anzitutto alla consapevolezza: della propria identità e della cultura religiosa e civile dei sempre più numerosi immigrati musulmani. Di pari passo istituisce il CADR, il Centro Ambrosiano di Documentazione per le Religioni, con compiti di documentazione e formazione sulle religioni di cui sono portatori gli immigrati e di cura dei rapporti tra la Chiesa Ambrosiana e le diverse comunità religiose spontaneamente formatesi sul territorio.
A seguito del Sinodo 47° della Diocesi di Milano, nel 1995 la Curia Arcivescovile viene dotata del Servizio per l’Ecumenismo e il Dialogo, per tradurre in orientamenti pastorali da diffondere in tutta la Diocesi il pensiero dell’Arcivescovo rispetto alle relazioni con le altre religioni.
Rispetto al dialogo ecumenico, l’idea di fondo è che esso riguardi la pastorale ordinaria delle comunità, in quanto dimensione costitutiva della fede adulta del cristiano. In tal senso si auspica la formazione ecumenica a tutti i livelli e la realizzazione di iniziative interconfessionali: ovvero, spiegare chi sono gli altri e lavorare con gli altri.
Sul versante del dialogo interreligioso, anzitutto ci si propone di valorizzare la tradizione ebraica vivente e, in collaborazione gli altri cristiani, favorire l’incontro con le altre religioni.
Se molti passi avanti sono stati fatti rispetto al dialogo ecumenico, grande attenzione attualmente è riservata al dialogo interreligioso: la maggiore visibilità della questione, come conseguenza anche sociale della migrazione di popoli da paesi di fede islamica, contribuisce a spiegare la particolare attenzione che gli è riservata.
In risposta a un’istanza proveniente dal mondo evangelico, il Servizio per l’Ecumenismo e il Dialogo favorisce la nascita nel 1998 del Consiglio delle Chiese cristiane di Milano, che raccoglie una quindicina di realtà – evangeliche, ortodosse e antico-orientali –, con gli obiettivi di una reciproca conoscenza, di una testimonianza evangelica comune e di una collaborazione su progetti di respiro cittadino.
Nel 2000 in occasione di un convegno internazionale promosso dalla Diocesi di Milani, nasce la sezione milanese dell’organismo sovranazionale Religions for Peace, poi confluita nel 2006 nel Forum delle Religioni a Milano, che riunisce diverse realtà appartenenti a quattro principali religioni storiche presenti sul territorio: cristiani, ebrei, buddhisti e musulmani.
Il forum esprime la consapevolezza che le comunità religiose sono una componente della società plurale e che operano al suo interno. “Partendo dalla convinzione che le grandi tradizioni spirituali, con il proprio patrimonio di sapienza e di valori etici, possano favorire la crescita di una società più armonica e inclusiva, più giusta e solidale, intende dialogare con le istituzioni civili affinché nello spazio pubblico della società siano garantiti i diritti alla libertà di coscienza, di opinione e di religione e siano accolte e stimolate azioni tese a promuovere la ricerca del bene comune dei cittadini e a collaborare per la sua realizzazione” (cfr. Carta di Milano). Nel 2013 il Forum elabora la Carta di Milano, con la quale “propone alla società civile e alle sue Istituzioni pubbliche un proprio contributo all’elaborazione di criteri ispiratori e prassi operative che favoriscano rapporti corretti e costruttivi tra gli organi politici e amministrativi della polis e le comunità e associazioni religiose dall’altra” (cfr. Carta di Milano).
In ragione della vastità e dell’articolazione delle materie di competenza e al fine di realizzare il più possibile un ‘ecumenismo di popolo’, nel 2013 il Servizio per l’Ecumenismo e il Dialogo su istanza dello stesso Card. Scola viene rivisto nel suo impianto e ne viene suddivisa l’attività pastorale in quattro principali sezioni:
• sezione ecumenismo;
• sezione per i rapporti con l’ebraismo;
• sezione per i rapporti con l’islam;
• sezione per i rapporti con le religioni orientali.
Rapporti con l’ebraismo
La Comunità Ebraica milanese è la seconda più grande d’Italia (circa 10.000 membri, segue a quella di Roma) e ha la particolarità di essere stata integrata in anni recenti da un nutrito numero di migranti di religione ebraica provenienti dall’Iran.
Nel 1979, a seguito della rivoluzione khomeinista, hanno lasciato spontaneamente l’Iran migliaia di ebrei, molti dei quali sono arrivati a Milano. Attualmente, fra prima e seconda generazione, rappresentano un gruppo numericamente significativo della comunità milanese, con più di una sinagoga in città, che resta culturalmente legato a un ebraismo ortodosso e riveste un ruolo decisionale di grande peso nell’ambito della Comunità Ebraica milanese.
Le relazioni tra la Diocesi di Milano e i rappresentanti della Comunità Ebraica milanese possono dirsi positive, improntate al reciproco rispetto e sono aumentante nel corso degli anni.
Dall’episcopato di Martini in poi, per ben tre volte la comunità ha aperto il Tempio centrale per consentire ai cristiani di assistere alla preghiera conclusiva dello Shabbat, cui è seguito l’incontro tra le comunità.
La Conferenza Episcopale Italiana, nel 1989, ha istituito una Giornata (nazionale) dell’Ebraismo, significativamente collocata il 17 gennaio; ovvero, il giorno precedente l’inizio della “Settimana (mondiale) di preghiera per l’unità dei cristiani” (18-25 gennaio di ogni anno). In tale occasione, dalla fine degli anni Ottanta a oggi si sono susseguiti incontri tra i diversi Rabbini locali e i Responsabili delle comunità cristiane.
Inoltre, da anni, in città si organizza la lettura di un libro biblico a due voci: una ebraica, l’altra cristiana.
Rapporti con l’islam
Le relazioni fra cattolici e musulmani in Italia sono generalmente buone. Esse avvengono principalmente sul piano della convivenza e della condivisione di luoghi di abitazione, di lavoro, di educazione dei figli (compresi gli oratori, dove il 25% circa dei frequentanti è di religione islamica), ma anche in forme di impegno sociale e culturale.
Momenti di confronto e dibattito sui grandi temi di interesse comune si sono fatti più numerosi con il crescere della presenza islamica non solo in senso quantitativo, ma anche qualitativo: i ricongiungimenti familiari, la nascita delle nuove generazioni, l'acquisizione della cittadinanza hanno aperto nuove opportunità, anche se resta limitato il numero di persone qualificate e preparate da ambo i lati e ancora spesso occasioni come lo scambio di auguri o momenti conviviali restano riservati agli ‘addetti ai lavori’, senza un più vasto coinvolgimento delle rispettive comunità.
Com’è noto, in Italia non c’è una netta prevalenza di determinate provenienze (come i maghrebini in Francia, i turchi in Germania o gli indo-pakistani in UK) e anche città vicine tra loro vedono tipologie organizzative assai diverse. Questa varietà è segno da un lato di ricchezza e pluralismo, ma dall'altro – unendosi alla mancanza di gerarchie ben definite – complica le relazioni istituzionali sul versante della rappresentatività e può capitare che anche in centri medio-piccoli le sigle e i centri operanti sul territorio siano numerosi e talvolta in concorrenza tra loro.
Da parte nostra, l’omogeneità religiosa che ci ha a lungo caratterizzati, fa sì che ci si trovi ancora impreparati ad affrontare la nuova situazione, benché nei documenti conciliari e nel magistero dei Vescovi della diocesi di Milano – soprattutto da C.M. Martini fino ad Angelo Scola – l’interesse alle problematiche del dialogo interreligioso non sia certo mancato.
A mio parere sussistono carenze che dovrebbero vedere un maggiore impegno almeno da parte delle comunità cristiane più direttamente interessate da questa nuova presenza religiosa: soprattutto negli oratori e nelle scuole dove si concentra un elevato numero di minori musulmani andrebbero avviati esperimenti di mediazione che vadano oltre i bisogni immediati (come i compiti e le attività sportive), ma si facciano anche carico della dimensione educativa e spirituale; mancano quasi del tutto esperienze di accompagnamento nelle carceri e nei luoghi di cura.
La presenza in Italia di enti come il Pontificio Istituto di Studi Arabi e di Islamistica di Roma e molte congregazioni missionarie, oltre alla capillare diffusione dell’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche dalle elementari alle superiori, andrebbe maggiormente valorizzata coinvolgendo anche i nostri giovani che potrebbero avvantaggiarsi anche nella consapevolezza della propria identità religiosa proprio in relazione con coetanei di differenti tradizioni.
Anche il gran numero di scuole cattoliche spesso fondate da ordini italiani in Nord Africa e Medio Oriente resta un capitale poco sfruttato nell'immaginare e promuovere forme di gemellaggio e collaborazione anche fra associazioni no-profit e umanitarie delle due sponde del Mediterraneo.
Rapporti con le religioni orientali
Per quanto riguarda le religioni orientali, si fa principalmente riferimento a induisti e buddhisti. Numericamente, entrambe le confessioni registrano uno scarso numero di aderenti, in ragione di esigue migrazioni dai paesi in cui sono religioni maggioritarie e/o ufficiali. Ciò vale in particolare per gli induisti (oltretutto, molti degli indiani presenti sul territorio della Diocesi sono originari del Kerala, stato indiano tradizionalmente cattolico), ma anche per i buddhisti: si rilevano alcuni gruppi originari dello Sri Lanka, della Thailandia, del Myanmar, così come pure della Cina.
A Milano nel 1985 è stata fondata l’Unione Buddhista Italiana (UBI), che attualmente ha sede a Roma e raccoglie una cinquantina di centri buddhisti.
Le relazioni tra i centri buddhisti esistono – del resto è tipico delle religioni orientali sapere coesistere pacificamente con gruppi religiosi differenti –, in particolare tra alcune comunità Zen e Tibetane. Tuttavia tali relazioni talvolta entrano in crisi per ragioni più di natura politica che confessionale: nell’ambito del Forum delle Religioni di Milano si è registrata una significativa rottura, poi rientrata, fra buddhisti tibetani e buddisti cinesi.
Da segnalare, inoltre, la costruzione in periferia di Milano di un grosso ‘centro studi’ (18.000 mq) della Soka Gakkai, una potente organizzazione buddhista giapponese, per altro non appartenente all’UBI.
Sembra possibile affermare che rispetto alle relazioni tra loro e con la società civile, le realtà buddhiste sembrano desiderose di diventare più presenti.