Il senso del 17 gennaio
La Conferenza episcopale italiana (CEI) ha indetto, a partire dal 17 gennaio 1990, la celebrazione annuale di una giornata dedicata a conoscere il popolo ebraico e ad approfondire le relazioni con esso.
Perché una giornata particolare dedicata ai rapporti con gli ebrei? Perché l'atteggiamento dei cristiani nei riguardi degli ebrei sia improntato a rispetto e ad amore, come vuole l’evangelo, non a rancore o disprezzo, come si è purtroppo verificato nel corso dei secoli.
Perché i vescovi italiani hanno scelto la data del 17 gennaio? Perché costituisse come il prologo alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che inizia il giorno successivo e dura otto giorni (18-25). Come si spiega questa scelta? Essa nasce dalla convinzione che non si può raggiungere l’unità visibile dell’unica Chiesa del Signore, finché noi cristiani e le nostre chiese non avremo maturato insieme una coscienza profonda della novità dell’evangelo di Gesù: una coscienza che ci permetta di ripensare in termini corretti la relazione della Chiesa con il “popolo dell’alleanza mai revocata”, secondo l’espressione cara a Giovanni Paolo II.
Che cosa c’entra la novità cristiana con l’ebraismo? La novità evangelica non è ben compresa finché l’identità cristiana viene pensata come sostitutiva di quella ebraica o ad essa contrapposta. Non possiamo dimenticare le parole di Gesù: “Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento” (Mt 5,17).
Secondo il Nuovo Testamento, novità e compimento sono da scorgere e accogliere nella persona del Signore Gesù e nel dono del suo Spirito. A causa di un secolare antigiudaismo si è invece creato il rischio di scolorire e banalizzare la portata e la bellezza di tale novità.
Chiesa e Israele
La fondamentale prospettiva ecclesiologica ed ecumenica che caratterizza questa Giornata si motiva a partire dall’affermazione del Concilio Vaticano II: “Scrutando il mistero della Chiesa questo Sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo” (Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Nostra aetate, n. 4, 28 ottobre 1965).
Sempre il Concilio ricorda che “gli ebrei, in grazia dei Padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui chiamata sono senza pentimento” (ibid., cfr. Romani 11, 28-29; Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, n. 16).
La celebrazione del 17 gennaio serve sia ad approfondire l’autocoscienza cristiana, sia a scoprire la ricchezza della tradizione ebraica, sia a purificarci dai nostri pregiudizi nei confronti dell’ebraismo. È questo un impegno che deve durare tutto l'anno quando leggiamo la Bibbia, celebriamo le liturgie, pronunciamo le omelie, insegniamo il catechismo.
Le “Dieci Parole”
Ogni anno, per il 17 gennaio, viene proposto uno specifico tema di riflessione. Dal 2005, quale tema generale della Giornata, si è iniziato un programma di riflessione decennale che medita sulle “Dieci Parole” o Decalogo, rivelate a Mosè sul monte Sinai. Le “Dieci Parole” sono considerate come un’unica espressione da parte del Signore Dio: “Tutti i dieci comandamenti il Santo Benedetto li pronunciò con una sola emissione di voce” (Rashi a Esodo 20, 1: Tutte queste parole).
La prossima Giornata, 17 gennaio 2011, verte sul comandamento: “Onora tuo padre e tua madre”, che è la quinta Parola. Il computo dei dieci comandamenti non corrisponde al nostro, perché è quello della tradizione biblica, fedelmente recepita dalla tradizione ebraica.
In concreto che cosa fare?
La Giornata dell'ebraismo non è una giornata di preghiera “per” gli ebrei o “con” gli ebrei.
E' invece opportuno che, in essa, prevalga l’ascolto di voci ebraiche disponibili al dialogo e, allo scopo, si promuovano occasioni concrete lungo uno dei seguenti filoni:
a) la riflessione sul vincolo particolare, anzi unico, che lega Chiesa e Israele;
b) l'esistenza viva e attuale del popolo ebraico;
c) lo sviluppo del tema proposto di anno in anno.
In particolare sarebbe di evidente attualità una riflessione sulla quinta Parola e sul rapporto tra le generazioni: un confronto con la tradizione ebraica vivente può essere di grande interesse. Poiché però solo in pochi casi sarà possibile realizzare iniziative con esponenti qualificati del mondo ebraico, si potrà sempre promuovere:
- presentazione dei documenti cattolici ed ecumenici relativi al dialogo cristiano-ebraico;
- iniziative per la conoscenza della storia del popolo d’Israele, della vita e della spiritualità degli ebrei, della cultura ebraica, dell'antisemitismo e della Shoà;
- visita a un luogo della Comunità ebraica e incontro con un rabbino o altro esponente, da cui ascoltare un commento a un testo delle comuni Scritture.
Inoltre, il 17 gennaio nella Messa o nella Liturgia delle Ore si può fare menzione esplicita della Giornata e formulare una o due preghiere di intercessione di questo tenore:
- Perché i discepoli del Signore abbiano una coscienza più forte e perspicace dell’ebraicità di Gesù e della sua comunità apostolica, preghiamo…
- Perché le chiese cristiane non scordino la parentela spirituale che le lega al popolo che Dio si scelse e a cui, nella sua fedeltà, non ha mai revocato i suoi doni, preghiamo…
A cura di Ecumenismo e Dialogo, Milano, gennaio 2011