Se ne è parlato nell'aprile scorso in un convegno su "la scuola e il mosaico di fedi". Organizzato a Brescia dal Centro di educazione alla mondialità, ha visto la partecipazione di molti studiosi appartenenti a diverse confessioni religiose. Come superare l'analfabetismo religioso.
Il tema era ebraicamente posto con una domanda: /È l'ora delle religioni?/, a cui faceva seguito una puntualizzazione: /La scuola e ilmosaico di fedi/. In un tempo di guerre, con le religioni sempre più "di moda", con la riforma della scuola in eterno cantiere, con la crescita del pluralismo religioso in Italia, con l'ignoranza degli italiani sulla Bibbia e sulle religioni in progresso, competenti di diverse materie si apprestavano a discutere di "religioni e scuola". L'appuntamento è stato il 19 aprile scorso nella bella cornice della chiesa di San Cristo, adiacente la sede bresciana del Centro di educazione alla mondialità (Cem) e dei Missionari Saveriani e da poco passata "sotto restauro". Gli oratori erano eterogenei non solo per specializzazione, ma anche e soprattutto per l'appartenenza a differenti confessioni religiose: c'erano infatti cattolici (Salvarani, Prenna, Pajer, De Carli, De Vidi, Nanni e chi scrive), evangelici (Naso, Griffioen, Marchese), ebrei (De Benedetti) e musulmani (Jabbar).
/Bibbia e religioni tra laicismo e fondamentalismi
/ La prima questione affrontata nel corso dell'incontro bresciano è stata la rinnovata consistenza individuale, sociale e politica del religioso e del sacro oggi, dopo la stagione della secolarizzazione e della cosiddetta "morte di Dio": gli eventi succedutisi dopo l'11 settembre 2001 hanno contribuito ad amplificarla ma non l'hanno certo innescata. Ne consegue l'esigenza sempre più avvertita da insegnanti e alunni di conoscere meglio le diverse tradizioni religiose presenti nel Belpaese per poter garantire una formazione equa a tutti nella specificità delle rispettive diversità. Ciò richiede un'informazione corretta sulla religione "tradizionale" per la storia e la cultura nazionali, quella cristiana cattolica, un rinnovato rispetto per il ruolo culturale svolto dalle altre componenti religiose, le "storiche" ebraica e valdese e altre più recenti, e nondimeno un salto di qualità delle agenzie educative nella lettura del pluralismo culturale e religioso odierno.
Obiettivo del convegno non era certo "gettare la croce" di un tale insegnamento sulle spalle dei docenti del cosiddetto "insegnamento della religione cattolica" (Irc). L'attuale situazione italiana di analfabetismo religioso richiede primariamente la riorganizzazione della "formazione dei formatori" sui modelli europei: in Francia e in Germania, ad esempio, le facoltà teologiche statali forniscono una buona conoscenza del fenomeno religioso. In Italia invece la polarizzazione tra laicisti e clericali, l'esatto opposto del dialogo tra laici e credenti, ha impedito per molto tempo il confronto all'interno della società e, di riflesso, all'interno del mondo della scuola. Ciò nonostante adesso sono proprio le scuole a dover rispondere per prime a richieste pressanti di interculturalità che raggiungeranno presto, dove non l'hanno già fatto, anche il mondo culturale italiano. In tal senso la scuola si presenta oggi come un vero e proprio laboratorio sperimentale del pluralismo religioso e della capacità di dialogo del nostro Paese e non solo di esso. Non è un caso che proprio in Europa si manifestino i casi più eclatanti di conflitto tra fede e normativa civile innescati da questioni religiose: dal velo islamico nelle scuole di Francia al crocifisso nelle aule in Italia.
Il convegno di Brescia doveva dunque aprirsi con una "messa a fuoco" della relazione tra il sacro e i saperi. È stato Brunetto Salvarani, insegnante e assessore alla cultura del comune di Carpi (Modena), a farne la panoramica al termine del Novecento "secolo breve". In questo scorcio di inizio del millennio i fondamentalismi da una parte e il bisogno di spiritualità (o religiosità) diffusa dall'altra hanno sostituito le grandi ideologie (dal nazismo al comunismo). La crisi della cristianità tradizionale, che ha trasformato il cristianesimo nella religione civile di molti paesi soprattutto europei, favorisce la rinascita di un cristianesimo maggiormente ecumenico e dialogico che reagisce al "jihad" tanto quanto al "God bless America". Nelle comunità cristiane locali e nella società in genere si accresce il desiderio di conoscere la Bibbia come "grande codice dell'Occidente" e ciò apre il confronto con i testi fondanti delle altre tradizioni religiose.
La scuola pubblica, dal canto suo, non può che far propria l'impostazione dello Stato laico contenuta nella Costituzione italiana. Il termine "laico/laicità", tuttavia, ha una campo semantico estremamente vasto. A porre la questione è stato Paolo Naso con una carrellata di definizioni possibili di laicità basate sulle antiche e tradizionali contrapposizioni tra chierici e laici, credenti e atei o agnostici, sfera pubblica e privata, chiesa e stato. Anche una mera tolleranza illuminista è oggi insufficiente: occorre una rinnovata, pluralista, dinamica e critica "laicità per addizione". Ma, oltre ai classici schemi e alle spaccature che ne derivano, occorre costruire - ha affermato il direttore di /Confronti/ - una laicità accogliente e pluralista che sappia porre in dialettica le vitalità delle diverse esperienze di fede con altre ispirazioni culturali anche prive di una dimensione religiosa. L'intuizione è giusta ed attuale: se la scuola non comincerà a prendere in mano il "mosaico delle fedi" in atto, saranno i fondamentalismi a prendere in mano la scuola stessa. La violenza è infatti inscritta nel cuore dell'uomo e persino in quel "centro" delle religioni che sono le Sacre Scritture (Bibbia e Vangeli, Corano e Bhaghavad Gita). Certo, le grandi tradizioni religiose partono dal male come problema per proporne un superamento. I fondamentalismi, al contrario, prendono sul serio la questione del male e la utilizzano per tracciare un confine tra il presunto bene (se stessi) e un presunto male (gli altri) e per giustificare così le loro azioni. Nasce da qui la scalata al potere politico o, in alternativa, l'attivismo sociale "in primis" nella scuola.
/Insegnare la propria religione come se fosse un'altra
/ La prospettiva di un sapere religioso nella scuola è stata analizzata da Lino Prenna, docente di Filosofia dell'educazione presso l'Università di Perugia, a partire dal superamento dell'identificazione fra religioni e chiese. Se "un'ora delle religioni" dev'essere, allora si punti su uno studio storico e fenomenologico delle religioni che privilegi il metodo della comparazione per cogliere gli elementi comuni e le peculiarità. Non è possibile insegnare la fede, cristiana ebraica islamica e così via, quanto piuttosto raccontare la storia di ciascuna religione e delle sue idee portanti con rigore scientifico in una prospettiva antropologica e sociologica. Compito non certo facile perché parte da un presupposto difficilmente eludibile: per il credente non si dà netta separazione tra la storia, le idee e la fede personale.
Secondo la definizione dello storico ebreo Arnaldo Momigliano le tre radici ebraica greca e latina formano il "Collegium trilingue" che ha costruito l'occidente. Da qui è partito Paolo De Benedetti, docente di Giudaismo alla Facoltà teologica dell'Italia settentrionale di Milano, per parlare della Bibbia "grande codice" e dell'esigenza di un suo approfondimento scolastico. Questo patrimonio di libri comune a ebrei e cristiani, nella diversità dei canoni (ebraico, cattolico e protestante) sta alla base della capacità di comprensione di molti detti comuni, espressioni di una sensibilità condivisa, e di molta parte dell'arte e della cultura passata e presente (pittura e scultura, poesia e prosa, musica e cinema). Dalla sensibilità rabbinica viene a noi un prezioso consiglio metodologico: "insegnare la propria religione come fosse un'altra". Forse passa proprio da qui la sfida del futuro delle religioni a scuola in Italia.
/Esperienze in Europa e nel mondo
/ Attorno al tema dell'insegnamento della religione cattolica hannoriflettutto Sergio De Carli, presidente dell'Associazione nazionale degli insegnanti di religione, e Antonio Nanni, pedagogista e responsabile dell'Ufficio studi nazionale delle Acli. L'indifferentismo, il pensiero debole e il disfacimento della memoria caratterizzano la cultura della postmodernità: solo una conoscenza approfondita delle religioni può contrastarli efficacemente. Secondo De Carli la realtà a un tempo laica e confessionale dell'Irc, se valorizzata in maniera adeguata, potrebbe assolvere a questo compito. Secondo Nanni l'Irc è una risorsa positiva per le istituzioni scolastiche italiane e lo sarà ancor più se si dimostrerà in grado di far fronte al cambiamento in corso. Ciò potrà avvenire adottando una prospettiva dichiaratamente interculturale, tracciando una /paideia/ coerente coi valori evangelici e costruendo un "io ospitale e responsabile" aperto al dialogo ecumenico e interreligioso.
È toccato poi ad Adel Jabbar, sociologo dell'Università di Venezia, ilcompito di presentare i riflessi che il fenomeno dell'immigrazione nel vecchio continente sta producendo sulla scuola italiana, auspicando relazioni il più possibile simmetriche e suggerendo la sperimentazione del "Manuale di Bradford" (sorto dall'impegno pluriennale della locale Università britannica in collaborazione con l'"Interfaith education centre"), che con un impianto fenomenologico ricorre ad una strategia di mediazione empatica fra le religioni presenti in un certo territorio. È stata successivamente la volta di una serie di relazioni, particolarmente utili, imperniate sulla descrizione critica di quanto a tale proposito sta già accadendo nel mondo: Flavio Pajer, docente di Pedagogia e di Didattica delle religioni alla Pontificia università salesiana di Roma, ha offerto un panorama particolarmente esauriente in merito all'istruzione religiosa nei sistemi scolastici dell'Unione europea; Karin Griffioen, pedagogista dell'Università di Utrecht, ha efficacemente descritto il "caso Olanda"; Arnaldo De Vidi, direttore di Cem Mondialità, ha parlato della ricca panoramica brasiliana, mentre Simonpietro Marchese, pastore valdese, ha raccontato i successi conseguiti dal progetto comunale del Tavolo interreligioso nelle scuole romane, che ha puntato a coinvolgere direttamente in un itinerario didattico i rappresentanti delle svariate confessioni religiose presenti nella capitale.
/Una proposta conclusiva e provvisoria
/ Obiettivo raggiunto dal convegno di Cem Mondialità è stato dunque tracciare una sorta di "stato dell'arte" sul tema delle religioni a scuola e contemporaneamente lanciare un dibattito di portata nazionale sull'opportunità di proporre un insegnamento delle religioni nella scuola pubblica. Un'"ora delle religioni" curricolare e complementare all'Irc, tenuta da docenti adeguatamente formati (si veda il corso di laurea triennale in Scienze storico-religiose avviato dall'università "La Sapienza" di Roma) dove le realtà religiose vengono indagate con metodi storico-critici e senza presupposti confessionali. Lucrezia Pedrali, insegnante e presidente del convegno di Brescia l'ha definita "un'ora quanto mai necessaria", dato che il dialogo, tra persone e tradizioni ma anche tra fede e religione all'interno di ciascun credente, è indifferibile sul piano sia educativo che sociale. Un dialogo, tuttavia, che non può darsi senza una conoscenza profonda di se stessi e degli altri.